Attenzione: questo post contiene informazioni dettagliate di alcune procedure di macellazione e di alcune pratiche di violenza su animali e potrebbe ferire la sensibilità di alcuni lettori. Vi invito a valutare la volontà di proseguire nella lettura.

Guido Andolfato via Flickr
La notizia mi era sfuggita, ma ci sono finito dritto contro su segnalazione questo pomeriggio: un centro commerciale della catena Coop di Roma ha aperto alla vendita di carne macellata secondo il rituale Halal, che consente alla carne di essere consumata dai musulmani.
Credo che per evitare spiacevoli fraintendimenti e per non venir inutilmente tacciato da “integralista”, vadano precisate due cose: in primis non ho assolutamente nulla contro i musulmani, anzi chi segue queste pagine sa bene quanto mi stia a cuore la questione della deriva razzista italiana. Secondariamente non sono vegetariano o vegano, mangio, e con un certo gusto, la carne più volte a settimana. La mia visione della questione è piuttosto complessa (come destino di tutte le cose lungamente ponderate) e cercherò di spiegarla più approfonditamente in futuro.
Ciò detto, entriamo nel merito della notizia, che a primo acchito (e nell’ignoranza dei termini) sembra innocua al punto da passare senza essere degnata di particolare interesse: la macellazione halal (che in arabo significa “lecito”) è una forma di macellazione rituale che consiste nel recidere la giugulare del bovino oggetto di macellazione affinché muoia dissanguato. Ci si limitasse a questa parte, la questione potrebbe divenire accettabile: d’altra parte anche gli animali uccisi in modo “tradizionale” subiscono una violenza, ma questo viene reso il meno doloroso possibile da una serie di accorgimenti quali lo stordimento tramite scariche elettriche. In alcune forme di macellazione rituale religiosa, invece, si ritiene che l’animale debba giungere cosciente al momento dello sgozzamento, il che non può che significare un’inutile e lunga agonia (nell’ordine di qualche ora), soprattutto nel caso in cui il primo taglio non riuscisse, essendo vietato un secondo “tentativo” (con conseguente allungamento delle sofferenze della bestia). Lo stordimento dell’animale non è di per se vietato dal Corano, ma non essendo esplicitamente concesso, viene purtroppo vietato in molti paesi.
Il fatto che il primo passo sia stata proprio di Coop, che negli ultimi anni è stata pioniera nel proporre prodotti biologici ed etici in vari settori (dall’alimentazione all’abbigliamento, per intenderci), mi lascia quantomeno colpito, soprattutto considerando che proprio l’attenzione della catena verso l’etica e la natura mi avevano spinto alcuni anni fa alla decisione di diventare “socio” (una scelta che generalmente non prendo alla leggera). Nel dubbio, ho scritto all’ufficio stampa di Coop, chiedendo spiegazioni.
Gentile XXXXXX,
sono un socio Coop (e sino ad oggi mi sono sempre ritenuto fiero di esserlo).
Mi ritengo un consumatore critico, acquisto carne preferibilmente di provenienza e macellazione italiana (riduzione della lunghezza della filiera), e frutta e verdura di stagione e possibilmente italiane: ho sempre trovato sotto questo aspetto, notevole conforto nella sensibilità di Coop in tema di ambiente ed ho espresso con i mezzi a mia disposizione il giusto apprezzamento per la nuova campagna verde di Coop, destinata alla promozione di prodotti biologici.
Mi è però recentemente giunta voce (il tam tam in rete è piuttosto veloce) che Coop stia promuovendo la vendita di carne macellata secondo il metodo Halal, che come ben saprete rappresenta per gli animali in questione una vera e propria tortura, costringendoli a lunghe (e soprattutto inutili) agonie prima della morte.
Le chiedo gentilmente di volermi confermare o smentire questa voce, ribadendo sin d’ora che in caso di risposta affermativa, provvederò quanto prima a restituire la mia tessera di socio: sarebbe davvero disdicevole da parte Vostra appoggiare un simile inutile maltrattamento.
Nella speranza che le voci in questione si rivelino infondate, Le porgo i miei più cordiali saluti
Giacomo Rizzo
La risposta della responsabile dell’Ufficio Stampa di Coop è arrivata quantomai veloce e pronta ed ecco cosa mi sono trovato in mailbox solo pochi minuti dopo (talmente pochi da far venire il sospetto che la mail fosse già “pronta”):
Gentile signor Giacomo, legittima la sua posizione ma altrettanto legittimo il comportamento di Coop (che poi lei può decidere evidentemente di apprezzare o meno). Con l’iniziativa lanciata a Roma Coop risponde alle richieste che arrivano da determinate comunità che vivono accanto a noi, mantenendo però la loro identità anche in materia di consumi alimentari.
Le carni in questione rispettano tutti gli standard della filiera Coop – anche in materia di benessere animale – per garantire un alto livello di qualità, controlli e garanzie con la sola aggiunta di una certificazione religiosa.
Per quanto riguarda la corretta procedura di macellazione ovvio che si seguano i dettami di quella particolare comunità, anche se Coop ha preteso e ottenuto che ci si adeguasse alla normativa europea modificando e rendendo meno cruenta la procedura (procedura che è comunque consentita dalla Ue).
Detto questo noi di Coop non ci tiriamo indietro di fronte alle richieste di chi ha stili alimentari di altro genere e siamo i primi a lottare contro qualsiasi forma di sfruttamento minorile, a favore di una filiera equa e rispettosa dell’ambiente. Ben più, me lo lasci dire, di altri nostri competitor. Ricordo solo a titolo di esempio l’adesione a Dolphin safe e Friend of the sea per la pesca sostenibile e la tutela dell’ecosistema marino, no test su animali per ciò che concerne i prodotti cosmetici Coop, la decisione presa di vietare l’utilizzo di pellicce naturali in tutti i prodotti venduti nei propri punti vendita. E ancora il presidio delle filiere critiche in Italia e fuori Italia, la certificazione SA8000 ottenuta fin dal ’98 (prima impresa europea ad averla ottenuta) etc etc
Ed ecco, infine, la mia replica (a cui non ho ricevuto alcuna risposta):
Gentilissima signora XXXXXX,
la ringrazio sentitamente per la celerità della Sua risposta.
Lungi da me mettere in discussione il fatto che Coop si sia distinta (anche nei confronti della sua diretta concorrenza, naturalmente) in quanto a rispetto dei temi ambientali. E’ proprio questo il motivo che mi ha spinto a divenire socio ed a supportare dove possibile l’azione di Coop in questo frangente.
Oltre alle certificazioni da lei citate, ricordo indubbiamente i molti prodotti che Coop vende (o spesso persino “marchia”) che mostrano sulla confezione il logo EcoLabel, certamente certificazione di indubbia qualità e valore.
Trovo però che in questo frangente specifico, Coop si trovi di fronte ad una scelta chiave, una sorta di spartiacque tra l’adesione ai principi dei quali si è fatta notabile promotrice negli ultimi anni ed i dettami del mero business. Comprendo la volontà di andare incontro alle richieste della comunità musulmana, ma ben sapendo che la normativa europea è ancora pesantemente carente in materia di diritti (ed aggiungerei, purtroppo, di controlli) in tema di macellazione ed allevamento, avrei preferito una maggior adesione di Coop (che poi, naturalmente, è legittimata ad ogni scelta commerciale che ritiene praticabile) ai principi che ne avevano spinto fino ad oggi l’azione in questo frangente. Se una comunità locale praticasse il cannibalismo (che concorderemo essere una pratica disdicevole), Coop si porrebbe forse in condizione di assecondarne le volontà? Troppe volte le scelte economiche hanno eroso i valori fondamentali della nostra società, soprattutto in tema di ambiente ed alimentazione.
Anche l’appello alla normativa europea, purtroppo, conta fino ad un certo punto: le galline ovaiole che vivono all’interno del regolamento europeo, con 6 esemplari nello spazio vitale di una coppia di fogli A4, spesso giungono all’auto mutilazione, schiacciate dallo stress di una vita senza dignità. Ai maiali d’allevamento intensivo viene recisa la coda per evitare che, nelle ristrettezze a cui vengono sottoposti per l’allevamento intensivo ed a causa dello svezzamento precoce, si feriscano l’un l’altro cercando di “succhiare latte” dalla coda altrui. A molti polli da carne, viene tolto il becco in quanto finirebbero con l’aggredirsi gli uni con gli altri. I bovini d’allevamento intensivo vengono imbottiti di medicinali in quanto nutriti a cereali (che sono incapaci di digerire) e per via della facilità di epidemie, dato il minuscolo spazio in cui vengono allevati. Tutto questo “nel pieno rispetto” della (a questo punto inadeguata) normativa Europea. Forse si potrebbe fare un passo in più (come d’altra parte Coop ha più volte dimostrato di saper fare)?
Giacomo Rizzo
Credo che vada dato atto a Coop di aver risposto (anche se con una mail forse preformata): numerose esperienze di altri blogger ci mostrano quanto difficile sia contattare (e argomentare) con grandi aziende o (peggio) multinazionali. Ciò detto, l’idea che Coop vada a tradire in qualche modo i valori ai quali ampiamente si è richiamata negli ultimi anni mi resta: l’offerta di carne macellata secondo i dettami dell’halal ma con lo stordimento degli animali sarebbe stata probabilmente una soluzione eticamente accettabile, ma economicamente svantaggiosa.
Il problema chiave credo sia proprio qui, e si tratta di un problema che travalica i confini di questa vicenda e va a toccare da vicino tutta la questione del “biologico”: l’ecologia, l’equilibrio della natura, i valori morali, tutto ciò è profondamente incompatibile con il capitalismo ed il liberismo più sfrenati, con la massimizzazione dei profitti. Non esiste (o almeno non la vedo io) una vera via d’uscita: ad un certo punto è necessario chiedersi se ciò che conta è il rispetto dei propri valori o sempre e soltanto il profitto…
Per concludere, non ho ancora deciso se aderirò al boicottaggio a Coop di cui si comincia a vociferare: ritengo che la catena abbia comunque realizzato passi importanti sul fronte della riduzione del proprio impatto sull’ambiente ed equipararla (o peggio sostituirla) ad altre catene meno impegnate su questo fronte sarebbe un segnale sbagliato. Esistono, è vero, altre soluzioni (che per altro molti attivisti praticano già), ma l’impatto di una sinergia tra il movimento ambientalista/ecologista ed una catena delle dimensioni di Coop rappresenta un valora aggiunto (anche solo in termini di sensibilizzazione) che sarebbe meglio non gettare alle ortiche…