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OGM per combattere l’aviaria?

Pollo

David Erosa via Flickr

Negli ultimi giorni ha suscitato molto scalpore la notizia che ricercatori delle Università di Cambridge ed Edimburgo sarebbero riusciti nell’intento di creare, a solo scopo di ricerca scientifica, polli in grado di resistere alla trasmissione del virus H5N1 (comunemente detto dell’influenza “aviaria”). Poiché lo studio è pubblicato sulla stimata rivista Science, non si può certo mettere in dubbio il risultato ottenuto, ma come al solito i giornalisti italiani hanno dimenticato di connettere il cervello alla penna, e nessuno si è posto qualche semplice domanda che avrebbe portato a scrivere articoli decisamente diversi da quelli che invece ho avuto la sciagurata idea di leggere; in particolare da questi articoli traspare il messaggio che gli OGM, tanto avversati dagli “ecologisti”, sarebbero una delle possibili risposte alle malattie più o meno pericolose.
Innanzitutto verrebbe da chiedersi in cosa consista la notizia, ovvero in che modo differiscano un pollo in grado di resistere all’influenza aviaria ed una (già nota da tempo) pianta di mais in grado di resistere ad un particolare pesticida o erbicida: naturalmente la risposta è “nessuna”, ma evidentemente non c’era di meglio da scrivere e quindi si riciclano notizie trite e ritrite.

Secondariamente si dimentica di riflettere sul primo e principale (anche omettendo i dubbi sulle conseguenze sulla nostra salute di un loro consumo di questi prodotti, ancora in larga parte oggetto di studio nonostante i prodotti stessi siano largamente presenti nei prodotti che consumiamo) problema degli Organismi Geneticamente Modificati: la ridottissima (a volte inesistente) diversità genetica degli organismi prodotti, e sugli effetti di riduzione della biodiversità delle specie che introducono a livello commerciale organismi geneticamente modificati. Proprio le modalità di produzione degli organismi geneticamente modificati portano infatti alla generazione di organismi perfettamente identici tra di loro e spesso e volentieri (per una questione prettamente economica, come potete immaginare) sterili, ed il loro commercio ad una forte riduzione della biodiversità della specie in questione, a fronte della sostituzione di coltivazioni “naturali” con coltivazioni basate su OGM (a cui va aggiunta la “diffusione” degli organismi OGM attraverso i comuni e naturali processi di riproduzione della specie).

Per spiegare a che rischio si vada incontro, voglio citare un’altra notizia (guarda caso meno “rumorosa”) degli ultimi giorni, che riguarda paradossalmente un organismo non frutto dell’ingegneria genetica, ma che presenta similitudini molto particolari proprio con i prodotti OGM:la notissima banana “Cavendish” (quella che più frequentemente troviamo nei nostri centri commerciali). La selezione effettuata attraverso incroci consecutivi con lo scopo di mettere in risalto le caratteristiche maggiormente apprezzate dai consumatori (non dissimile da una modifica genetica ottenuta in laboratorio) ha non solo portato questa varietà di banana ad occupare oltre il 90% della produzione mondiale di banane commestibili (quindi riducendo all’osso la biodiversità dei banani esistenti sul pianeta), ma proprio a causa della ridottissima diversità genetica, ad essere oggi largamente colpita da un fungo in grado di ucciderne le piante (dal quale non si può difendere in quanto non vi sono esemplari la cui variante genetica sia in grado di resistere all’attacco), esponendo così la “banana commestibile” a forte rischio di estinzione nei prossimi dieci anni. Basterebbe leggere qualche pagina di Darwin e delle teorie sull’evoluzione per comprendere come una ricchezza genetica sia una risorsa chiave per la salute e la sopravvivenza di una specie.

Tornando quindi allora ai nostri polli “anti-aviaria”, nella migliore delle ipotesi potrebbero rivelarsi in grado di combattere la trasmissione dell’attuale variante del virus H5N1, ma risulterebbero migliaia di volte più vulnerabili (proprio a causa della loro ridotta varianza genetica) alla prima mutazione del virus stesso in grado di aggirare il “blocco” posto dagli ingegneri genetici. Se l’adozione di questo pollo (come i giornali parrebbero auspicare) avesse nel frattempo ridotto la biodiversità dei polli presenti a livello mondiale, ci ritroveremmo come minimo con una popolazione di polli ancora più vulnerabile di quanto già non lo siano, con una ancora maggior diffusione del virus dell’aviaria e quindi con una maggior possibilità che un ceppo di questo virus “faccia il salto” (guarda un po’, variando geneticamente) e prenda a contagiare l’uomo.

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