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Visita ad una Bruxelles… militarizzata

Politie

saigneurdeguerre via Flickr

Rispetto all’ultima mia visita, quest’anno sono rimasto colpito dalla quantità di polizia che si incontra per strada a Bruxelles, soprattutto nel centro (in particolare nella zona di De Broukere e de La Bourse). Non si tratta solo di una presenza massiccia (dicendo che possiamo fare un paragone numerico tra auto della polizia e autobus non esagero di molto) e piuttosto inquietante, ma anche di un continuo intervenire anche per cose futili e banali.

L’altro ieri pomeriggio ero in giro alla ricerca di una sciarpa adeguatamente calda e di un cappello che coprisse anche le orecchie (a Bruxelles in questi giorni la temperatura raggiunge raramente i 2 gradi), quando mi sono ritrovato ad assistere al fermo di un giovane piuttosto mal vestito che, insieme al suo cane, sostava tranquillamente sul marciapiede, additato da un paio di ragazzotti (loro invece ben vestiti) a pochi passi: si potevano contare almeno 8 poliziotti sul marciapiede, mani pronte su manette e manganelli, più un furgoncino e due volanti.

Mi chiedo cosa abbia spinto ad un così massiccio incremento di forze di polizia in una città che è sempre stata piuttosto tranquilla (e che non sembra molto cambiata, da questo punto di vista)…

Ad ogni buon conto, voglio trarre (e condividere con voi) una considerazione da questa esperienza. La presenza di tutta questa polizia, a differenza di quello che vorrebbero farci credere certi politici, non mi ha fatto sentire per nulla più tranquillo, anzi.
Non solo perché sono sempre stato piuttosto refrattario alle dimostrazioni di forza bruta e tutta questa “militarizzazione” mi mette inquietudine, ma soprattutto perché sorge spontanea la domanda seguente: se è necessaria tutta questa polizia, significa che c’è un pericolo serio in agguato? Ed allora, il fatto che sia praticamente invisibile (al punto che non sono riuscito ad individuarlo), non lo rende ancora più pericoloso, subdolo e preoccupante?

Manifestazione e pestaggi a Torino

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Ormai pare quasi una prassi, al punto che non fa il titolo principale sui giornali: quando c’è una manifestazione che coinvolge il G8, si finisce con teste rotte in ospedale. “Cariche di alleggerimento” si chiamano, ma nel frattempo servono a mettere in discussione il diritto a manifestare (quando le manifestazioni sono scomode, naturalmente, visto che di cariche non ce ne sono state in occasione dell’ormai nota manifestazione di estrema destra a Milano…). Puzza di regime?

Eppure trovo importante guardare, capire: le parole spesso non bastano a descrivere quello che invece la vista è in grado di trasmettere… cariche di alleggerimento…

A chi spetta il cerino?

Ogni tanto mi pare di dire cose ovvie, eppure quando poi mi confronto con amici, parenti e colleghi, mi rendo conto che poi tanto ovvie non parrebbero e così finisco con l’ammorbarvi l’anima su queste pagine. Il tema di oggi è “strategia di comunicazione”, e il docente (e notate la sottilissima ironia, mi congratulo da solo) è niente- pòpò-di-meno-che il Presidente del Coniglio Silvio Berlusconi.

Quando hai un avversario (politico o meno che sia) il tuo obiettivo è innanzi tutto screditarlo, ed un ottimo mezzo per fare ciò è indubbiamente la televisione (soprattutto quando con una mano ne controlli finanziariamente la metà e politicamente l’altra metà). Una stategia da adottare in questo frangente, per quanto stupida possa essere, è la seguente: si comincia con il fare un’affermazione forte, decisa, ma sufficientemente ambigua. Un esempio:

Sottolineo come non sia mai stato affermato che la Polizia verrebbe inviata nelle scuole (pur se parrebbe il logico significato delle affermazioni che abbiamo sentito): è stato detto che “le forze dell’ordine sarebbero intervenute”.

La reazione della controparte (sempre che reagisca, sigh) è piuttosto ovvia: farà polemica, rumore, accuserà con una forza direttamente proporzionale alla forza della dichiarazione di cui alle righe precedenti. Per esempio così:

Abbiamo dovuto convocare questa conferenza stampa dopo aver letto le parole del presidente del Consiglio di questo Paese, parole molto gravi, parole che possono essere cariche di conseguenze. Il premier soffia sul fuoco, il disagio sociale non è una questione di ordine pubblico: mi chiedo se in questo Paese è ancora possibile dissentire.
[Walter Veltroni, Segretario del Partito Democratico, 22/10/2008]

A questo punto, la nostra fine strategia prevede di ritrattare tutto, dichiarando di essere stati fraintesi, affermando che si tratta dei soliti “attacchi gratuiti”, che voi non avete fatto niente di male e che è tutto un complotto, magari ripetendolo più volte (si sa mai che non abbiano capito…):

Polizia negli atenei? Mai detto. Sono i giornali che, come al solito, travisano la realtà. [..] Non ho mai detto che servisse mandare la polizia nelle scuole, i titoli dei giornali che ho potuto scorrere sono lontani dalla realtà.
[Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio, 23/10/2008]

lasciando in questo modo con il cerino in mano a far la figura dei fessi i vostri avversari. Semplice ma geniale. Di cosa non abbiamo tenuto conto? Beh, delle eventuali registrazioni delle dichiarazioni precedenti e dei giornalisti non allineati al potere.
Ma anche contro questi si può facilmente agire, nell’inverosimile ipotesi che ci sia modo di richiedere filtri al siti web (in modo da impedire la diffusione di contenuti indesiderati) e che si stia ritardando l’elezione del Presidente della Commissione di Vigilanza della televisione pubblica…

Ecco la tanto sbandierata sicurezza

Pantera della Polizia L’hanno menata per mesi: gli extracomunitari ladri, gli illegali, i clandestini, i cpt, la detenzione, la tolleranza zero. Ci hanno vinto la campagna elettorale, dopo aver fatto le prove generali in posti come Verona (e si vedono i risultati) e Roma. Hanno pompato l’odio razziale e l’insicurezza dei cittadini per distogliere l’attenzione sugli altri provvedimenti presi per l’incolumità giudiziaria di alcuni dei propri esponenti.

Ad un certo punto però, pare si scoprano gli altarini: nella finanziaria “estiva” 2008 ci sono pesanti tagli alla sicurezza

[ Fonte: Repubblica.it ]
[…] il taglio del turn over e riduzione netta degli organici, sforbiciata alle risorse finanziarie, dai carburanti alla manutenzione delle auto di servizio, stretta sugli straordinari. In tutto 538,5 milioni. Dalla scure non si salva nessuno: dai Ps ai Carabinieri, dalla Forestale alla Penitenziaria, dalla Guardia di Finanza alla Stradale fino alla Polizia ferroviaria.

Ma come: dov’è finita l’emergenza del paese così lungamente dibattuta nei salotti di Domenica In ed a Porta a Porta? I reati non sono più un problema che riguarda gli italiani, al punto che possiamo fare a meno di potenziare gli organi di polizia? Oppure più semplicemente non ce ne frega niente di contrastare il crimine italiano, nella speranza che quello degli extracomunitari venga contrastato dalle “ronde padane”?

Ancora di blog e censura

Day 224: Learn To Shut Your Mouth. La libertà d’espressione è un problema. Lo è sempre stato (ed infatti si è sempre cercato di limitarla) è probabilmente sempre lo sarà, soprattutto per coloro che si trovano a pagare le conseguenze di proprie azioni più o meno giustificate, più o meno lecite. “Libertà d’espressione” significa tante cose: significa potersi esprimere liberamente, significa non mentire; significa avere i mezzi per parlare, significa non essere fazioni o agire con secondi fini; significa documentarsi e documentare. Alle volte significa anche semplicemente esporsi ad un rischio, più o meno evidente: pensiamo a Roberto Saviano, alla libertà di parola (scritta nel suo caso, prima ancora che parlata) pagata con l’assegnazione della scorta, a soli 27 anni.

Da quando i blog hanno messo a disposizione di tutti un mezzo “efficace” per dar luogo alla propria libertà d’espressione, stiamo assistendo a un vero e proprio riemergere del “problema” della libertà d’espressione, con ricorrenti critiche ed azioni da parte di enti di vario genere (avvocati, magistratura, semplici cittadini) più o meno titolati ad emettere sentenze ed eseguire condanne. Lo strumento è potentissimo, ma bisogna ammettere che nella stragrande maggioranza dei casi viene usato (stranamente) con coscienza e senso di responsabilità, cosa che rende ancora più evidenti ed eclatanti le azioni eventualmente prese contro questo genere di media in seguito a denunce per “diffamazione” et simili.

Negli ultimi giorni, i casi sono stati non uno ma due.

  • Nel primo caso (ora censurato dallo stesso autore con motivazioni che spiega decisamente meglio di quanto non possa farlo io), forse meno eclatante, Sergio Sarnari raccontava una poco piacevole storia personale (e piuttosto ben documentata) che tirava in causa la Mosaico Arredamenti, colpevole (se così si può dire) di aver fornito un’assistenza quantomeno scarsa. Tra i commenti del post, si poteva leggere quello di un sedicente amministratore dell’azienda stessa che dichiarava di aver sporto querela per calunnie nei confronti del blogger in questione. La rivolta da parte della blogopalla è stata piuttosto interessante (con una cinquantina di post in poche ore) ed ha dato una discreta visibilità alla faccenda.
  • Il secondo caso invece, certamente più significativo, riguarda un blogger che, dopo aver criticato le capacità politiche di un consigliere comunale, si è trovata questi denunciato per diffamazione e il blog posto sotto sequestro dalle autorità inquirenti di Reggio Calabria. Personalmente non ho avuto modo di leggere questo secondo post, ma porre sotto sequestro l’intero sito web a causa di un post diffamatorio (anche ammettendo che lo sia stato) è come sparare alle mosche col cannone, come chiudere una testata giornalistica per colpa di un pezzo che viene contestato. E’ forse sufficiente che io citi un articolo per testata giornalistica e sporga querela per diffamazione affinché la testata venga chiusa? No. E allora perché questo è possibile con i blog?

L’ipotesi di mettere un bavaglio ad internet (prima ancora che ai blogger) è certamente stata ventilata più volte, pur arenandosi contro barriere tecnologiche e morali, ma con una sensibilità in materia di libertà che và sempre più a rotoli, per quanto tempo ancora potremo continuare a scrivere (con serietà e senso di responsabilità, ovviamente) le nostre idee ed opinioni senza dover temere di incorrere in ingiustificate violeze di questo tipo?

Colgo poi l’occasione per segnalare che il Parlamento Europeo sarebbe in procinto di discutere una mozione che riguarda da vicino proprio il futuro dei blog e dei contenuti generati dagli utenti. A segnalare la notizia è Luca Conti dalle pagine di Nòva100. Il problema che si vuole affrontare è dato dal fatto che i contenuti “non professionali” prodotti dagli utenti e dai blogger farebbero una illecita concorrenza ai professionisti del settore: insomma, possono scrivere ed esprimersi solo loro. Come al solito al Parlamento Europeo le cose funzionano in modo “leggermente” diverso che in Italia e a tutti è data la possibilità di scrivere e proporre soluzioni e considerazioni direttamente al Parlamento Europeo.
Teniamo comunque sott’occhio la questione, perché potrebbe avere risvolti interessanti…

Napoli come Genova

Riprendo da una lettera inviata e Grillo e pubblicata sul suo blog ieri mattina. Non porta la firma del primo che passa, ma di Elisa Di Guida, docente di Storia e Filosofia a Napoli:

Datemi voce e spazio perché sui giornali di domani non si leggerà quello che è accaduto. Si leggerà che i manifestanti di Chiaiano sono entrati in contatto con la polizia. Ma io ero lì. E la storia è un’altra. Alle 20 e 20 almeno 100 uomini, tra poliziotti, carabinieri e guardie di finanza hanno caricato la gente inerme. In prima fila non solo uomini, ma donne di ogni età e persone anziane. Cittadini tenaci ma civili – davanti agli occhi vedo ancora le loro mani alzate – che, nel tratto estremo di via Santa Maria a Cubito, presidiavano un incrocio.
Tra le 19,05 e le 20,20 i due schieramenti si sono solo fronteggiati. Poi la polizia, in tenuta antisommossa, ha iniziato a caricare. La scena sembrava surreale: a guardarli dall’alto, i poliziotti sembravano solo procedere in avanti. Ma chi era per strada ne ha apprezzato la tecnica. Calci negli stinchi, colpi alle ginocchia con la parte estrema e bassa del manganello. I migliori strappavano orologi o braccialetti. Così, nel vano tentativo di recuperali, c’era chi abbassava le mani e veniva trascinato a terra per i polsi.
La loro avanzata non ha risparmiato nessuno. Mi ha colpito soprattutto la violenza contro le donne: tantissime sono state spinte a terra, graffiate, strattonate. Dietro la plastica dei caschi, mi restano nella memoria gli occhi indifferenti, senza battiti di ciglia dei poliziotti. Quando sono scappata, più per la sorpresa che per la paura, trascinavano via due giovani uomini mentre tante donne erano sull’asfalto, livide di paura e rannicchiate. La gente urlava ma non rispondeva alla violenza, inveiva – invece – contro i giornalisti, al sicuro sul balcone di una pizzeria, impegnati nel fotografare.
Chiusa ogni via di accesso, alle 21, le camionette erano già almeno venti. Ma la gente di Chiaiano non se ne era andata. Alle 21.30, oltre 1000 persone erano ancora in strada. La storia è questa. Datemi voce e spazio. Perché si sappia quello che è accaduto. Lo stato di polizia e l’atmosfera violenta di questa sera somigliano troppo a quelli dei regimi totalitaristi. Proprio quelli di cui racconto, con orrore, ai miei studenti durante le lezioni di storia.

Sono stati voltati coloro che hanno voluto e lasciato che Genova si trasformasse in una “notte cilena”. Ora non possiamo aspettarci nulla di diverso.

Phishing: la multa per divieto di sosta

Multa al canto I tentativi di phishing si moltiplicano, negli ultimi tempi. Spesso e volentieri sono fatti talmente male da risultare poco pià che ridicoli; alle volte invece, ci si trova a ricevere qualcosa di più curato, quasi decente.

Il problema grosso, in questi casi, è che gli utenti meno esperti hanno (ancora) come comportamento istintivo quello di aprire gli allegati senza leggere e valutare approfonditamente il contenuto della mail ricevuta, esponendo così se stessi (e gli altri “abitanti” della loro rete) ad una pericolosa minaccia.

Un buon esempio di questo genere di email l’ho ricevuto qualche giorno fà, e ve lo riporto:

La presente per notificarle la sanzione applicata per “divieto di sosta” in data 02 Maggio 2008.

Articolo contestato n° 141

E’ obbligo del conducente regolare la velocità del veicolo in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche,
allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione.

In allegato :

– Documentazione verbalizzata.
– Immagini di ripresa del veicolo.
– Documentazione di contestazione.
– Conteggio punti patente.

Siete pregati di prendere visione di quanto in allegato ed agire di conseguenza entro e non oltre 15 giorni dal ricevimento della presente.

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Qualora volesse opporsi a tale sanzione in allegato trova il modulo riferito alla sentenza di cassazione del 20 Luglio 2001 NR 9909 la quale sminuisce la presunzione di veridicità dei fatti attestati come avvenuti in assenza di verbalizzanti ( immagine ripresa con mezzi digitali ( autovelox ).

Seguirà raccomandata al suo indirizzo.

Inutile dire che l’allegato contiene un bel malware di quelli simpatici.

Gli errori sono diversi, ma piuttosto ben nascosti. La regola è sempre la stessa: usate il cervello.

  1. Come può la Polizia Stradale associare un mio indirizzo di posta elettronica al sottoscritto? E soprattutto, quale dei tanti sarebbe “autoritativo”? Considerate che non è ammesso errore, visto che in allegato sarebbe presente la foto del reato (che oltretutto non viene neppure inviata nella versione “postale”!). Servirebbe quindi una qualche forma di certificazione d’appartenenza delle email, cosa di fatto non presente in Italia.
  2. Se anche la Polizia Stradale avesse il mio indirizzo email, e avesse pensato di inviarmi comunicazione della multa ricevuta via mail (non si sarebbe saputo dai giornali, di una simile iniziativa? Sappiamo tutti che su queste cazzate ci sguazzano…), non avrebbe quantomeno intestato la mail, indicando il mio nome e cognome?
  3. Rimane naturalmente il problema del recapito: sul recapito delle email non v’è certezza (al contrario della posta raccomandata), per come il protocollo in sé è fatto (quante volte vi capita che una mail “vada persa”?). Si potrebbe affidare, un organo come la Polizia Stradale, ad un mezzo così inaffidabile? Per che motivo poi abbandonare la classica posta ordinaria, che funziona tanto bene?
  4. C’è bisogno di inviare uno zip, per una foto (che se è un jpg è oltretutto già compressa) e un paio di documenti?
  5. Ultima e più divertente delle cose: mi viene contestato un “divieto di sosta”, e l’articolo citato (e riportato) parla di “adattare la velocità al carico ed alle condizioni stradali”… c’è qualcosa che non quadra?

Insomma, usando la testa appare immediatamente chiaro come si tratti di un messaggio di phishing, per quanto ben congegnato. Occhi aperti…

L’assalto sull’aborto

Misticismi calibrati  La questione dell’aborto non è certo nuova alle attenzioni della stampa. La contrarietà della Chiesa su questo tema (che continuo a faticare a comprendere) solleva periodicamente dibattiti che sfociavano nella politica, fino a qualche tempo fà, nel momento in cui c’era da votare o deliberare qualcosa in materia (il referendum sulla fecondazione assistita, ad esempio).
La battaglia sul fronte, veniva (e viene) combattuta in sordina, nei consultori ginecologici e con pressioni più o meno esplicite sui medici che l’aborto lo devono poi mettere in pratica e sulle madri, già coinvolte in una situazione drammatica e dolorosa (altrimenti non abortirebbero).

Da qualche tempo a questa parte però, la pressione è andata crescendo, da un lato sul piano legislativo (con l’assalto alla 194 condotto coralmente da Ferrara, Bondi e la Binetti), dall’altro su quello del quotidiano, il cui più palese e recente risultato è quello degli accertamenti condotti dalla Polizia relativamente ad un’interruzione di gravidanza a 21 settimane dal concepimento. Questo “passare all’attacco” (con tra l’altro Ferrara che si candida alle elezioni con una lista civica con il solo dichiarato scopo di mettere in discussione la 194) diviene di più in più allarmante, soprattutto perché (come visto) fa un uso strumentale della legge in situazioni delicate come quelle che portano ad un aborto (l’uso strumentale dell’opinione pubblica, ormai, lo dò per scontato trovandoci in Italia).

Il clima di tensione che si sta strumentalmente tentando di far montare intorno alla 194 e all’aborto è di una pericolosità di cui solo l’incoscienza di certa gente può non rendersi conto: vogliamo tornare agli aborti clandestini? Vogliamo rovinare definitivamente la vita a migliaia di donne, al fine di sbiancare con più semplicità la coscienza di qualche appartenente ai palazzi del potere (quale che sia)?

Non ci stò.

Di nuovo scontri nelle banlieues…

parigi-25novembre.jpgMeno di 24 ore dopo un altro post, eccomi nuovamente qui a parlare (purtroppo) di Francia e di Sarkozy.

Due anni fa, quando Sarkozy era ministro degli Interni francese (come accennavo proprio nel post di ieri), la morte di due ragazzi “di periferia”, fulminati da una cabina dell’elettricità dove si erano nascosti per sfuggire ad un controllo di polizia: colpa o meno della polizia, il pretesto fu ottimo per accendere le micce di una polveriera che da anni cova in Francia, quella dei getti delle periferie, in particolare quella parigina. Ciò che aveva riscaldato gli animi era stato proprio il ministro Sarkozy, che non si distinse certo per il suo buonsenso definendo “feccia” i ragazzi delle periferie durante una visita nelle banlieues, aggiungendo che avrebbero dovuto essere spazzati via durante il lavaggio strade. Da allora l’antipatia per l’attuale presidente della repubblica francese non è certo diminuita, e le banlieues sono e restano delle polveriere pronte ad esplodere nuovamente.

Proprio domenica, un episodio simile a quello capitato nell’ottobre del 2005 ha dato vita ad una nuova nottata di violenti scontri tra gli abitanti delle banlieues e le forze dell’ordine: due ragazzi, di 15 e 16 anni, dopo aver rubato una motocicletta fuggono senza casco per le strade di Villiers-le-Bel, ad una ventina di chilometri a nord di Parigi. Nel tentativo di fermarne la corsa, un’auto della polizia taglia loro la strada: i due ragazzi restano sull’asfalto in stato di incoscienza e moriranno di li a poco in ospedale.
Ancora una volta, colpa o meno della polizia, il pretesto è buono: il commissariato di Sarcelles viene attaccato a colpi di bottiglie incendiarie, il commissario aggredito e ferito durante i tentativi di mediazione. Bilancio, dopo una nottata di scontri, 21 feriti tra poliziotti e pompieri intervenuti per domare le fiamme che avvolgevano autovetture e cassonetti.

Certo il metodo del pugno di ferro di Sarkozy sta dando i suoi frutti, in Francia. Dolci o amari che siano, i francesi non hanno da meravigliarsi, visto che quanto sta facendo come presidente lo aveva già proposto “in anteprima” durante il suo mandato di ministro degli interni… Ça va sans dire…