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Quattro chiacchiere sull’iPad

Apple iPad

Il nuovo Apple iPad

E’ ovviamente la notizia della settimana (scorsa) e puntualmente non mi esento dallo scrivere qualche considerazione, dopo aver riflettuto un po’ (a caldo spesso si dicono cose che a mente fredda risultano anche piuttosto ridicole). Parliamo quindi del nuovo “giocattolo” di Apple, l’iPad. Già definire di cosa si tratti non è banale: qualcuno ha detto che è un iPhone passato sotto la schiacciasassi, qualcuno ha detto che è l’ottava meraviglia del mondo digitale. Io vorrei provare a considerarlo come Apple ha voluto presentato: una via di mezzo tra uno smartphone ed un portatile, che cerca di prendere qualcosa da entrambi riuscendo “meglio” degli ispiratori in alcune funzioni chiave.

Le funzionalità chiave su cui Apple punta il dito, indicandole come i veri “punti di forza” del nuovo iPad sono la navigazione web, la gestione della posta elettronica, il multimedia (foto, musica e video, anche online), i videogiochi e l’eBook reader. Il paragone, durante il keynote di Steve Jobs, è stato fatto con i netbook, a detta del fondatore di Apple “migliori in niente” rispetto ai portatili. Provo allora anche io a confrontare il nuovo dispositivo “made in Cupertino” con quello che il mercato ha da offrire.

Tanto per cominciare, purtroppo per Apple, la nicchia di mercato in cui va ad inserirsi l’iPad è ancora poco definita e dai contorni sfumati. Un netbook è indubbiamente “un portatile economico” (come Steve Jobs l’ha definito, durante la presentazione) e sebbene voglia fare della portabilità la sua arma vincente, i compromessi a cui si deve esporre sono talmente pesanti che spesso diventano un tallone d’achille: per intenderci il mio eeepc è fermo su una mensola da diversi mesi e viene acceso solo occasionalmente, certo non durante il tran-tran della vita quotidiana. Non dubito, intendiamoci, che in un futuro più o meno prossimo device come i tablet-pc (tra i quali possiamo annoverare l’iPad) o i netbook ricaveranno alla fine una loro fascia d’utilizzo; quello che intendo dire è che avendo a disposizione un portatile ed uno smartphone (e in questo settore, indubbiamente l’iPhone ha dettato la direzione), sento decisamente poco la mancanza di una “device di mezzo”.

Paragonandolo al “fratellino minore”, l’iPhone, la vera “innovazione” che l’iPad propone sembrerebbe essere la dimensione dello schermo: l’evoluzione del software del sistema operativo che ne sfrutta al massimo le potenzialità (indubbiamente, le immagini dell’interfaccia utente sono spettacolari) non ne è che una diretta conseguenza dei 9 pollici e rotti di cui potranno godere i suoi utenti.
Inutile dire che il prezzo da pagare (o compromesso che dir si voglia) è quanto mai pesante: l’iPhone mi entra in tasca (per quanto non proprio comodamente), mentre l’iPad avrà bisogno di una custodia per essere trasportato, non si tratta certo di una device “maneggevole”. Per di più, se Apple avesse realmente voluto puntare tutte le sue carte sullo schermo, avrebbe avuto senso portarlo ad una risoluzione “full-hd”, della quale avrebbero giovato in prima istanza proprio le funzionalità “multimediali”, ma indubbiamente anche quelle legate alla piattaforma di gioco.

Della (scarsa) portabilità del nuovo iPad ho già detto, ma vorrei tornarci per un’ulteriore considerazione: così come trovo fastidioso tirare fuori il portatile dallo zaino mentre sono in giro per visitare un sito web o leggere la posta (o leggere un libro, per la differenza che può fare), credo che mi troverei ugualmente a disagio ad estrarre una device delle dimensioni dell’iPad in tram, o al ristorante, forse un po’ meno su lunghi viaggi, ma non rappresentano mediamente una nicchia sufficientemente ampia da essere appetibile; se il target diviene allora quello di una device “casalinga” più comoda e maneggevole di un portatile, ecco che allora la durata della batteria non è più fondamentale: perché non dotare allora l’iPad di un processore più potente in grado magari di far girare una versione customizzata di MacOSX e non un povero sviluppo del software che gira sull’iPhone, con tutte le limitazioni che questo comporta? Si tratta verosimilmente dell’ennesimo compromesso: peso, durate della batteria, (probabilmente) semplicità di sviluppo e (sicuramente) l’attrattiva di poter disporre sulla nuova device del non indifferente parco software che si è creato intorno all’iPhone ed al suo AppStore (sul quale chiaramente Apple ha investito buona parte del keynote).
L’adozione di un sistema operativo “da portatile”, avrebbe tra l’altro consentito di aggirare alcuni (grossi) limiti d’usabilità che possiamo individuare su un iPhone e che sebbene possano essere spiegati su una device “specializzata” come lo smartphone (su cui comunque sono stati a ragione ampiamente criticati), faticano molto di più a trovarla su un tablet-pc: ad esempio l’impossibilità di gestire il multitasking (esserci c’è, solo che l’utente non può gestirlo a piacere, rendendolo sostanzialmente inutile), oppure l’impossibilità di salvare files su disco (come salvo un pdf scaricato via web per poterlo visualizzare offline? :/).

Il prezzo è sostanzialmente allineato con il mercato (cosa non altrettanto vera per l’iPhone all’ora della sua uscita, se ci pensate): sebbene sia più costoso dei più comuni netbook, l’iPad ha dalla sua parte un disco fisso stato solido più efficiente e capiente (e fa la differenza), un sistema operativo “dedicato” in grado di sfruttarne appieno le caratteristiche hardware (essendo quest’ultimo stato sviluppato a braccetto con gli sviluppatori del software). Ancora una volta Apple posiziona il suo prodotto nella fascia medio-alta del mercato, verosimilmente per le logiche di marketing che già sono state più volte evidenziate. Va detto che allo stato attuale delle cose, la concorrenza non ha granché di meglio da offrire, anzi Apple ancora una volta anticipa tutti, proponendo un prodotto che vedrà i primi veri competitor in vendita tra parecchi mesi (si parla di fine anno). Sicuramente va riconosciuta ad Apple la capacità di “guidare” questo mercato (non a caso sono ormai la prima “Mobile Device Company” mondiale in termini di fatturato), dettandone le regole in termini di funzionalità (per le quali spesso è un punto di riferimento, vedere alla voce “interfaccia utente iPhone”).

Sicuramente Apple non ha voluto lanciare un eBook reader: lo sviluppo di iBooks secondo me è stata un’introduzione “dell’ultimo momento”, un adattamento dell’Apple Store (e di iTunes di conseguenza) ad un mondo in rapida espansione in cui Apple ha voluto provare ad applicare il suo modello di business, il suo “savoir faire”. Se l’iPad dovesse realmente competere con device specializzate come il Kindle, ne uscirebbe certamente sconfitto: quella della possibilità di leggere libri è solo una delle molte feature di una device che fa molte cose (quanto al bene, diremo).

In fin dei conti, l’iPad potremmo definirlo come un dispositivo in grado di fare molte cose, ma vittima ancora una volta dei compromessi che questa nicchia di mercato sembra implicitamente portare con se: non ha la potenza elaborativa di un computer ne la portabilità di un iPhone, non ha la durata di batteria e le tecnologie (e-ink) di un vero ebook reader ne le prestazioni e la risoluzione di una console casalinga per video games (tipo Playstation 3).

A tutto questo non possono non aggiungersi le perplessità legate al libero uso della device: non ci potrà essere software non preventivamente “vagliato ed approvato” da Apple che ne castrerà le funzionalità (vedi Flash) come già ampiamente accaduto con l’iPhone, ad insindacabile giudizio della propria proiezione sul mercato. Se su un “telefonino” (se così vogliamo chiamare l’iPhone), questo compromesso poteva essere accettabile (con un po’ di forzature), certo lo è molto meno su questa nuova device…

A queste condizioni (e questo prezzo) non credo proprio che ne acquisterò uno molto presto…

Palm Pre: un vero concorrente per l’iPhone?

E’ stato annunciato come “la risposta di Palm all’iPhone”: si tratta di “Pre”, il nuovo smartphone di Palm presentato al CES 2009. E’ naturale pensare che Palm punti moltissimo sul nuovo arrivato: rappresenta una sorta di ultima spiaggia.
Negli ultimi anni, infatti, con la sempre maggiore convergenza tra telefonia e palmari, Palm è rimasta un po’ “al palo”, scivolando lentamente ma inesorabilmente verso la bancarotta: da un lato, il mancato successo della famiglia degli smartphone Treo (che non hanno mai realmente incontrato il successo che Palm si attendeva), dall’altra una serie di palmari puri, tecnologicamente inadeguati ad un mondo sempre più interconnesso (per altro “latitanti” di sensibili modifiche da diverse ere geologiche).

Ora il nuovo “Pre” (largamente elogiato dalla stampa) è chiamato a risollevare le sorti della casa, e si presenta agguerritissimo: più ergonomico (a detta di coloro che lo hanno avuto per le mani) del suo diretto concorrente, l’Apple iPhone, il Pre è dotato di una tastiera in hardware (apribile per scorrimento verso il basso della parte posteriore dell’apparecchio), di uno schermo da 3.1″ pollici, nonché di GPS, interfaccia WiFi, bluetooth, connettività UMTS, fotocamera da 3 megapixel e chi più ne ha più ne metta.

Il paragone rispetto all’iPhone di Apple viene naturale ed ecco allora qualche considerazione in proposito:

  • Non mi convince la scelta della tastiera fisica. Sarà anche più comoda da usare (in che occasioni?), ma una tastiera software a scomparsa, oltre a non necessitare di parti mobili del telefono che con il tempo rischiano di danneggiarsi o rompersi, consente di fare cose quali modificarne il layout a seconda della lingua o della tipologia di input (ad esempio la tastiera del mio iPod Touch cambia layout quando inserisco un indirizzo email, presentandomi solamente i caratteri consentiti in un indirizzo email).
  • Piacerà sicuramente a molti l’uso della batteria removibile, ma sinceramente posso contare sulle dita di una mano le volte che ho estratto la batteria dal mio telefono cellulare, fatto salvo il cambio della sim la cui collocazione non è necessariamente dietro la batteria (!).
  • Lo schermo è più piccolo (3.1″ contro 3.5″) e pur lavorando alla stessa risoluzione (480×320) questo aspetto si noterà; inoltre gli angoli arrotondati del display ne riducono probabilmente un po’ l’usabilità…
    Dimensionalmente parlando, la device si avvicina all’iPhone senza purtroppo raggiungerlo: che pur essendo leggermente più grande risulta essere 2 grammi più leggero (133 contro 135 grammi) e notevolmente più sottile (di un buon 35%, 4,6 mm).
  • Mi lascia perplesso anche l’unico taglio disponibile (almeno al momento del lancio) da 8Gb: l’iPhone propone già oggi anche una versione 16Gb e mi aspetto che Apple ne proponga una versione da 32Gb parallelamente all’introduzione della versione 64Gb dell’iPod Touch, data da molti quasi per scontata. Dal canto mio posso testimoniare che l’iPod Touch da 8Gb va “strettino” se si vogliono tenere sulla device un po’ di musica, qualche podcast, magari delle foto…
  • Curioso anche che il supporto per le email Push sia disponibile solo (apparentemente) se accompagnato da un server Microsoft Exchange Server 2003 SP2 o Exchange Server 2007. In alternativa ci si dovrà pare accontentare di un supporto POP3/IMAP standard.

Non voglio però negare che anche in termini hardware, il Palm Pre abbia qualcosa di positivo da dire:

  • Per quanto poco importante, la fotocamera montata sul Palm Pre è migliore di quella dell’iPhone (che ne rappresenta per altro uno dei punti deboli principali), potendo arrivare ad una risoluzione di 3 megapixel contro i 2 del cellulare di Cupertino. Utile anche la presenza del flash, non disponibile invece per l’iPhone (d’altra parte, con una risoluzione ridotta come quelle di cui stiamo parlando, la sua utilità non è eccezionale).
  • Interessante (e curiosa) la possibilità, sebbene opzionale, di utilizzare un caricabatterie wireless: sarà infatti disponibile una “docking station” in grado di ricaricare interamente il Palm Pre tramite induzione in 4 ore.

I veri punti di forza del nuovo smartphone di Palm, però, sono sicuramente nel software:

  • Innanzi tutto, nonostante si sia dato poco risalto a questo aspetto, va sottolineato che il cuore del nuovo sistema operativo WebOS è il kernel Linux, in questo frangente una garanzia in termini di stabilità e sicurezza (un “cuore” Windows Mobile mi avrebbe davvero fatto venire i brividi). Interessante per altro notare come la device venga fornita con a bordo già Microsoft Outlook, che per Linux non è disponibile (ovviamente)…
  • Il legame con l’informatica opensource viene messo in risalto anche dalla decisione di distribuire gratuitamente l’SDK (l’ambiente di sviluppo) per le applicazioni, interamenbte basato su Eclipse (l’applicazione opensource per gli sviluppatori software più famosa ed utilizzata, nata dalle fervide menti di IBM).
  • Molto interessante anche la scelta di utilizzare Javascript (quindi AJAX), CSS ed HTML5 per programmare le applicazioni che gireranno su WebOS: questo renderà non solo più semplice l’approccio alla nuova device, ma aumenterà decisamente il bacino dei possibili sviluppatori “della prima ora”, che Palm stima in circa 100.000 persone. Da questo punto di vista, cruciale sarà la modalità di distribuzione delle applicazioni: nonostante non si tratti di un’idea di per se innovativa (Nokia lo aveva già fatto per la piattaforma Maemo), l’App Store di Apple è diventato un punto di riferimento è fattore chiave del successo dell’iPhone (e dell’iPod Touch), al punto che anche la piattaforma disegnata da Google per le device mobili (Android) si sta dotando di un’infrastruttura analoga. Anche per il Palm Pre è prevista una piattaforma di acquisto/download delle applicazioni, bisognerà valutarne l’efficacia e la quantità di contributi di qualità presenti…
  • Da sottolineare Sinergy, che aggrega in modo trasparente dati locali e remoti, consentendo ad esempio di visualizzare i contatti di Facebook all’interno della rubrica del telefono, magari insieme a quelli del software di instant messaging, o di visualizzare tutte le informazioni e le comunicazioni (telefonate, email, sms) relative ad un contatto, indipendentemente dalla tipologia delle stesse. Si tratta di un’intuizione importante, il cui sviluppo è reso certamente più facile dall’orientamento “al web” della nuova device.
  • Il punto cruciale però che differenzia la piattaforma software dell’iPhone e quella del Palm Pre, è la possibilità di quest’ultimo di eseguire diverse applicazioni contemporaneamente e di poter passare intuitivamente dall’una all’altra. La mancanza di questo aspetto pesa molto sul mio utilizzo dell’iPod Touch ed è forse una delle grosse pecche (sebbene comprensibile in termini tecnologici) della device di Apple. Se la fluidità operativa di WebOS con diverse applicazioni in esecuzione si rivelerà accettabile, proprio questo aspetto potrebbe mettere in seria difficoltà la piattaforma software presente sull’iPhone, costringendo perfino Apple a rivederne il funzionamento.

In conclusione il dubbio che a livello hardware la nuova device di Palm non sia all’altezza dell’iPhone, suo diretto concorrente, rimane: si sarebbe potuto osare qualcosa di più anche se l’incognita del prezzo di vendita richiama alla cautela.
Apple (che ancora una volta conferma di aver letteralmente “aperto la via” in questo campo), offre d’altra parte una versione “senza telefonia” (l’iPod Touch) che contribuisce paradossalmente al successo dell’iPhone; Palm non ha pensato a questa possibilità e sarà quindi fondamentale che il prezzo di vendita risulti largamente abbordabile.

Dell’infuocata battaglia dei sistemi operativi

Il sempre interessante Luca Annunziata scriveva qualche giorno addietro su Punto Informatico relativamente a Windows Seven (capirò mai se si usa il numero o la versione testuale?), concludendo con un paragrafo dedicato al previsto rilascio quasi parallelo, questo autunno, di Apple MacOSX “Snow Leopard” e Windows Seven, prevendendo una “battaglia infuocata”. Ammetto che per concludere l’articolo, la scelta di Luca sia assolutamente legittima (e condivisibile), ma c’è un breve appunto che vorrei fare sulla questione, facendo un passo indietro e considerando l’evoluzione dei sistemi operativi in senso più generale.

Il flop di Vista è a mio avviso legato a doppio filo alla saturazione del mercato, che incide soprattutto sul concetto di obsolescenza programmata: pare che l’utente medio cominci a domandarsi che senso abbia sostituire il proprio hardware o il proprio software per ottenere in cambio qualche effetto grafico più simpatico (dov’è finita la campagna “Wow” di promozione di Windows Vista?).

Microsoft sembra aver parzialmente compreso la (dura) lezione impartita dal mercato e se da un lato si cautela maggiormente sul fronte “dichiarazioni alla stampa” (per non deludere le mirabolanti promesse), dall’altro lavora sodo affinché il nuovo sistema operativo sia un reale passo avanti rispetto a Windows Vista (prevedendo per altro, pare, un taglio dei prezzi e del numero di versioni rilasciate al pubblico), ma non nell’ottica di uno stravolgimento del sistema (come invece è in parte accaduto tra XP e Vista), bensì rendendolo semplicemente migliore.

Il motivo di questa scelta è presto detto: la funzione di un sistema operativo, tecnicamente parlando, è solo quella di mettere in relazione tra loro l’hardware del computer con le applicazioni che ne vogliono fare uso. Punto. Niente gingilli e ghirigori vari. Comprenderete immagino che questo significhi che in termini “evolutivi”, di passi avanti realmente innovativi se ne possano fare ben pochi, e se ne siano fatti ben pochi dalla notte dei tempi.
Per ovviare al problema e riuscire a vendere nuove versini con frequenze accettabili, Microsoft (ma non solo) ha “infarcito” il concetto di sistema operativo finendo con il fargli appartenere anche tutta una serie di applicazioni (ad esempio Internet Explorer o il Media Player) e funzionalità (ad esempio la capacità di agire da Media Center, o come si prevede con Seven, il poter dialogare con periferiche DLNA), che però ad un certo punto raggiungono anch’esse un “arresto evolutivo”, costringendo le case alla ricerca di nuove strategie di vendita.
Ecco allora che, scartato il “nuovo” (Vista), Microsoft torna sui propri passi, intervenendo solamente a suon di affinamenti progressivi, bugfix e poche nuove funzionalità, esattamente come fa’ Apple ormai da diversi anni con le successive versioni di MacOSX.

Dopo questa necessaria, premessa, torno rapidamente a quanto affermato da Luca ed in particolare all’autunno caldo previsto: già a fine aprile verrà rilasciata la nuova versione di Ubuntu, la più famosa distribuzione GNU/Linux user-oriented, ed entro l’autunno (ad ottobre in realtà) ne verrà rilasciata un’ulteriore versione. Esattamente come per Windows Seven e Apple MacOSX “Snow Leopard”, non possiamo (e non dobbiamo!) attenderci Jaunty Jackalope e dalla release successiva (Killer Komodo?) impressionanti salti avanti o introduzioni di stupefacenti features, ma il pur lento affinamento di GNU/Linux, già oggi impressionante se paragonato solo a qualche anno fà, procede a “velocità doppia” (se non quadrupla) rispetto agli altri sistemi operativi sul mercato e forse, alla fine della fiera, è questa la vera novità…

Qualche nota sull’ultimo Keynote di Apple

Moscone North Macworld signage Il podcast non è ancora disponibile (e io trovo semplicemente allucinante che un’azienda attenta alla propria immagine come Apple non mandi in streaming i suoi eventi), ma abbiamo tutti potuto seguire l’ultimo Apple Keynote della storia tramite i moltissimi siti internet e blog che seguivano in diretta il MacWorld 2009, evento annuale che prende il via oggi a San Francisco.

L’attenzione che si è generata intorno all’evento è stata come al solito piuttosto intensa, nonostante l’annunciata assenza di Steve Jobs (si era ipotizzata una sua apparizione almeno in videoconferenza, invece ha tenuto fede a quanto scritto nella lettera aperta di qualche giorno fa), ma a mio avviso il materiale presentato non è stato all’altezza dei numerosi rumors che avevano stuzzicato l’appetito non solo dei fedeli di Cupertino, ma anche degli altri amanti della tecnologia in generale ai quali Apple ha sempre regalato qualche sorpresa, negli ultimi appuntamenti.

Le novità di quest’anno invece riguardano essenzialmente le suite software iWork ed iLife, il nuovo MacBook Pro da 17″ (dotato di una nuova batteria a lunga durata che può spingersi fino a 8 ore di autonomia) ed infine un paio di ritocchi ad iTunes, con la decisione di abbandonare il DRM (finalmente!) e il cambio dei prezzi, che saranno ora (a discrezione delle major) 0.69$ o 1.29$  al posto del singolo 0.99$ che abbiamo visto applicato fino ad oggi.

Niente iPod da 64Gb, niente versione ridimensionata dell’iPhone (si era ipotizzata una versione ridotta e magari economica basata sull’iPod Nano), niente rivisitazione dell’iPod Shuffle (ormai in commercio da parecchio tempo), niente netbook derivato dal MacBook Air a far concorrenza all’ormai agguerritissimo mercato dei miniportatili economici, niente imminente rilascio della nuova versione di Mac OS X (Snow Leopard, del cui rilascio non si sa ancora nulla, quindi) a far concorrenza all’ormai prossimo Windows 7, niente nuovo MacMini, niente nuovo iMac…

Insomma, poca cosa rispetto a quanto mostrato negli ultimi anni, anche nelle occasioni di minor rilievo, figuriamoci ad un MacWorld. L’ultimo poi… mi sarei aspettato una chiusura col botto e invece…

L’appuntamento (senza keynote stavolta, pare) è al MacWorld 2010, a gennaio prossimo, che Apple definisce “The start of a new era”… un’era che però cominicerà tra parecchio tempo, durante il quale il mondo dell’informatica sarà diverso da quello che conosciamo oggi…

iTunes8: spazio “gratis”?

Per fortuna che almeno un po’ di spazio “gratis”, nel nuovo iTunes, è previsto, altrimenti sarebbe stato davvero un dramma riuscire a metterci su qualcosa… Soprattutto visto che per poter fare acquisti su iTunes non si può non fornire un numero di carta di credito (che naturalmente in Italia tutti hanno…)

Quali strategie per i big dell’informatica?

iPhone Ogni tanto mi piace fare considerazioni completamente infondate sulla situazione dei grandi colossi dell’informatica, cercando di immaginare la situazione in cui si trovano e come potrebbero strategicamente muoversi in un prossimo futuro, anche alla luce degli avvenimenti che quotidianamente “sconvolgono” il mondo dell’informatica. Ecco i risultati delle mie elucubrazioni più recenti:

  • Microsoft: non si potrebbe non cominciare l’analisi del panorama informatico mondiale se non partendo dal colosso di dimensione maggiore, Microsoft. Con un monopolio de facto per le mani, il più grande problema di Microsoft è quello di continuare a guadagnare abbastanza da mantenere in vita il gigante che rappresenta, con l’enorme difficoltà dell’essere fin troppo dipendente dal mercato: un’azienda infatti che rappresenta di per sé il 90% del mondo dell’informatica, non può non risentire anche della benché minima flessione del mercato. I consumi calano del 2%? Microsoft sta perdendo milioni di dollari. Ecco allora che diviene necessario adottare non solo le vecchie care strategia legate all’obsolescenza programmata (nella quale rientra per altro anche la questione OpenXML), ma anche attaccare frontalmente nuovi mercati (come ad esempio quello del web), già che quello dei sistemi operativi è saturo o in saturazione, dal punto di vista di Microsoft, e le vendite di Vista pesano come macigni.
    Così si spiega quindi l’idea di acquistare Yahoo!: sfruttare una realtà già esistente (benché pagata profumatamente) per acquisire d’un colpo struttura, prestigio, pubblicità e competenze, alla quale aggiungere poi miliardi di investimenti per fare una reale concorrenza al verò protagonista del mondo del web: Google.
  • Google: è il colosso in maggior espansione. Il mondo dell’informatica va sempre più rivolgendosi infatti verso il web, verso l’integrazione tra servizi e device più o meno mobili (il fenomeno del così detto “web2.0” ne è un esempio lampante) ed a Mountain View, da questo punto di vista, non possono che fare scuola: i servizi che Google offre si integrano perfettamente tra di loro (almeno in larga parte) e si continua ad investire pesantemente nell’acquisto di nuove promettenti piattaforme. Per quanto li riguarda, il periodo di espansione non è ancora terminato, e anzi i guadagni aumenteranno nei prossimi anni, con la sempre maggior incidenza della pubblicità online, la possibilità di offire personalizzazioni ai servizi già offerti gratuitamente al grande pubblico e via dicendo.
    Unica nuvola nel serenissimo cielo di Google è l’accordo tra Microsoft e Yahoo!, che potrebbe dare fastidio (non metterli in crisi, giusto una punturina d’insetto). Probabilmente anche per questo motivo Google ha osteggiato in diversi modi la trattativa, senza per altro poter realmente mettere il becco nell’affare: l’antitrust americana infatti non gli perdonerebbe una simile concentrazione di potere. Nel caso in cui la piattaforma Microsoft-Yahoo! dovesse realmente concretizzarsi, Google avrà bisogno di spingere decisamente verso una piattaforma analoga che includa il supporto di un sistema operativo completo: visto l’importante impegno di Google nel supporto e la promozione dell’opensource, viene naturale pensare a Linux (e nella fattispecie ad Ubuntu e Canonical).
  • Yahoo!: da parecchio tempo ormai nell’occhio del ciclone, il grande problema di Yahoo! si chiama indubbiamente Google. Combattere lo strapotere del colosso di Montain View sul campo dei servizi integrati, della ricerca sul web con una piattaforma analoga (seppure costantemente in lieve ritardo tecnologico) è una battaglia persa in partenza, e le cifre parlano chiaro. Tornata sulla bocca di tutti in seguito alla proposta di acquisto da parte di Microsoft (che avrebbe per altro potuto tranquillamente tentare un’OPA ostile), Yahoo! aveva in realtà già ottenuto un significativo risultato stringendo stretti legami di sinergia con un’altro importante player, Apple. Il servizio di push imap suggerito da Apple per l’iPhone 1.0 infatti era quello di Yahoo!, la sincronizzazione della rubrica tra l’iPod Touch e il web si può fare solo tramite il servizio di rubrica di Yahoo!, e in prospettiva altre strade di integrazione simile si vanno profilando (sempre che Apple non decida di mandare tutto a carte quarantotto chiudendo la piattaoforma MobileMe, cosa piuttosto improbabile).
    Indubbiamente grande valore a Yahoo! l’ha dato l’acquisto di Flickr, che le sta dando respiro, ma al situazione non potrà continuare in questo modo a lungo: se vuole sopravvivere, Yahoo! deve essere venduta (o fusa con un’altra realtà di pari prestigio) e sulla scia di questa operazione, si deve pesantemente investire, sia sulla piattaforma pubblicitaria sia sull’innovazione e l’integrazione dei servizi (il calendario di Yahoo! non esporta automaticamente gli eventi “pubblici” verso upcoming.com, vi sembra possibile?).
    Non è da escludere che Google stessa decida di sovvenzionare Yahoo! per scongiurare questa eventualità, magari proponendo semplicemente una sinergia tra le due piattaforme pubblicitarie, che compongono un mercato ancora troppo piccolo per essere oggetto delle attenzioni dell’antitrust…
    Nell’ipotesi invece che la vendita a Microsoft vada alla fine in porto (pare addirittura che da Redmond vengano pressioni affinché ci sia un cambio di cda e si prosegua la trattativa con interlocutori più accondiscedenti), il vero investimento dovrebbe essere quello di una forte (fortissima) integrazione tra il portale online di Yahoo! e il sistema operativo Windows, senza allo stesso tempo bruciare i rapporti esistenti con Apple: solo una piattaforma integrata di queste dimensioni infatti potrebbe seriamente infastidire Google.
  • Apple: è forse uno dei colossi dell’informatica che più mutamenti sta subendo. Da produttrice di computer dotati di sistema operativo, negli ultimi anni si sta trasformando in fornitrice di integrazione, soprattutto grazie ad iTunes e l’avvento del mito dell’iPod prima, dell’iPhone poi. Oggi tenta il colpaccio con l’introduzione della piattaforma MobileMe, che punta proprio ad ottimizzare e rendere concreta l’integrazione tra device mobili, pc e portatili. La strada è quella giusta, le pecche sono dovute essenzialmente all’ignorare piattaforme alternative che invece potrebbero garantire ulteriore successo proprio ad Apple (Linux su tutte) e con la scarsa (per non dire nulla) sinergia con Google, che invece potrebbe svincolare Apple dal rapporto avviato con Yahoo! che potrebbe tentare di monopolizzare questo ambito per tentare una via d’uscita dalla crisi in cui si trova.
  • Nokia: di quelle citate, è indubbiamente l’azienda che ha maggior esperienza per quel che riguarda le device mobili. Famosa per i cellulari, ha recentemente fatto importanti acquisti sul panorama del software libero (acquistando ad esempio Trolltech, o acquistando e proponendosi di rilasciare Symbian), una mossa accorta nel momento in cui il mercato delle device mobili si espande e cambia come non mai. Probabilmente l’iPhone fa paura: le possibilità che offre grazie alla stretta integrazione con il web e con il pc, l’interfaccia ben studiata e concepita, il design accattivante, sono tutti aspetti che i produttori di cellulari (e palmari) non hanno mai saputo accorpare in un unico prodotto, nonostante i vari tentativi, e che invece Apple ha saputo imbroccare al primo serio tentativo. Ora la voragine aperta va riempita: lo spazio c’è ma bisogna muoversi ad occupare gli spazi e Nokia è il candidato ideale per integrarsi insieme a Google e Linux in una piattaforma da contrapporre a quella che potrebbe vedere riunite Apple, Microsoft e Yahoo!

L’obiettivo di questo post, come potete immagianare, è proprio quello di scatenare discussione. Le congetture del tutto infondate riportate qui sopra sono il mero frutto della mia mente malata, ma potrebbero incastrarsi in un ipotetico puzzle, a disposizione di coloro che volessero cogliere qualche spunto per proporre una propria visione…

Linux: un tabù per Apple?

Apple iPod Touch 32GB - Macro shot Avete mai notato che Apple non cita mai Linux? Non solo non lo supporta (non esiste una versione di iTunes per Linux, ad esempio), pur essendo Linux probabilmente più semplice da supportare venendo da un sistema *nix come Mac Os X, ma sembra proprio non volerne pronunciare il nome durante i vari KeyNote, così come sul sito di Apple non ci sono riferimenti al sistema operativo libero per eccellenza. Insomma, un silenzio piuttosto curioso, da parte di Apple…

Da proprietario di un iPod Touch, mi devo oltretutto scontare con l’impossibilità di sincronizzare la device con una piattaforma Linux: la porta usb dell’iPod infatti è cifrata (a differenza di quella degli altri iPod) e l’unico modo per ottenere una sincronizzazione (almeno dei brani musicali) con Linux è l’uso di jailbrake, openssh ed sshfs, cosa che naturalmente fa decadere la garanzia (fatta eccezione per la possibilità di ripristinare il sistema operativo della device).

Per non parlare della problematica di sincronizzare contatti e calendario: il supporto di Apple non solo riguarda solo Mac e Windows, ma anche su questa piattaforma il supporto è limitato a Outlook, cosa che ne impedisce l’utilizzo a tutti coloro che non usano intensivamente Microsoft Windows come sistema operativo: con Linux sono infatti riuscito a sincronizzare senza traumi il calendario tra Evolutione e Google Calendar (in attesa che opensync supporti i contatti di Gmail), ma con l’iPod non si può fare, nemmeno passando per Windows e iTunes, bisogna fare un passaggio ulteriore, sincronizzando Outlook con Google.

Mi domando come possa Apple non rendersi conto della complicazione che questo porta: sono dei maestri dell’integrazione (la vera differenza tra un iPod e gli altri mp3 player sta nell’incredibile spettacolare integrazione con iTunes), nella semplicità, e poi si perdono in queste cose? Pensano forse che il non supportare Linux gli garantirà maggiori fette di mercato nel mondo pc? Personalmente ho forti dubbi, secondo me si tratta di una strategia fallimentare, in un mondo che va sempre di più verso l’integrazione (pensate semplicemente al concetto di web-2.0)…

iPhone 2.0: finalmente!

Era qualche giorno che non scrivevo (d’altra parte non sono un blogger professionista, no? :P), ma la notizia data quest’oggi all’Apple WWDC (WorldWide Developer Conference) è davvero troppo ghiotta per essere taciuta. La notizia è ovviamente l’aggiornamento dell’iPhone, che porta una ventata di freschezza nel panorama degli smartphone (allineando il già ottimo prodotto di Apple all’offerta “alta gamma” già disponibile) e spazzando letteramente via tutti i dubbi che avevano invece accompagnato l’uscita del primo modello. Nessuna imbarazzante novità o rivoluzione, naturalmente (non poteva che essere così), ma un ritocco deciso e importante ad una serie di features: vediamo.

Tra le novità più significative troviamo indubbiamente il passaggio al “3G”: se può infatti essere un parametro di poco conto negli Stati Uniti, dove le connessioni wifi sono decisamente più diffuse, la presenza di tale possibilità è fortemente richiesta sul mercato europeo. Il segnale è che Apple abbraccia finalmente una politica “globale” con maggior coerenza.

Altra importante novità, è l’integrazione del ricevitore GPS, funzionalità sempre più richiesta dal grande pubblico, che prova così ad integrare il mitico “Tom Tom” con una device trasportabile che fonda insieme le altre funzionalità quali telefono e browser web.

Novità significativa e particolarmente interessante, è indubbiamente il prezzo: la versione da 8Gb di spazio disco, costerà 199$, un costo non abbordabile, di più. Apple si propone quindi di fare una concorrenza spietata, estremamente aggressiva, posizionando un prodotto di gamma altissima ad un livello di costo da “entry level”. Una mossa davvero importante. Interessante anche la disponibilità per il download diretto di numerose applicazioni (alcune delle quali anche gratuite): mi chiedo quale sarà lo spazio dato al software libero in questo frangente…

Secondo la mia modesta opinione però, la principale novità sta nella tempistica: se infatti fù necessario attendere diversi mesi per vedere approdare l’iPhone “prima versione” in Italia (ancora non ci siamo, se non ricordo male), lascia attoniti scoprire che la nuova generazione del telefono di Cupertino sarà disponibile per la vendita in Italia già dall’11 luglio, tra un mese esatto. Mi aspetto un vero assalto ai punti vendita di Tim e Vodafone, che si sono aggiundicati l’esclusiva di vendita (complimenti per la mossa commerciale)

Apple lancia i nuovi MacBook Pro

macbookpro2008.jpgDopo che il lancio del MacBook Air all’ultimo MacWorld aveva scatenato polemiche (anche da parte del sottoscritto), la Apple ha provveduto a rinnovare la gamma dei propri portatili, lanciando un aggiornamento dei MacBook e del nuovo MacBook Pro.

Il MacBook Air era stato una forte provocazione: una device portata al suo estremo limite, a costo di compromessi inaccettabili (non solo nel prezzo), che contava soprattutto sull’appeal del design degli ingegneri di Cupertino per vendere. Con i nuovi MacBook, invece, si torna alla sostanza (ed alla qualità, si direbbe) che caratterizza da sempre le macchine di Apple: non si tratta di un aggiornamento estetico (anche se è stato aggiornato, sotto questo profilo, il MacBook Pro), ma di un intervento sostanzioso a livello di costi e performance (oggettivamente atteso), senza compromettere l’usabilità del sistema (porta ethernet, usb e firewire non mancano).

Tra gli interventi principali, l’aggiornamento della famiglia di processori montati sui portatili, con l’introduzione dei Pentium Penryn al posto dei più anziani Merom (si passa così da 65 a 45 nanometri, e si ottiene parallelamente un risparmio in termini di consumi stimato intorno al 30%).
Sul fronte della features tecnologiche, è da segnalare il touchpad mouse “multitouch”, già introdotto dal MacBook Air, ora disponibile anche per gli altri appartenenti alla famiglia MacBook Pro. Disponibile anche un interessante display LED (solo nella versione da 17″), con risoluzioni che arrivano fino a 1920×1200 pixel: i consumi di questi monitor sono drasticamente più bassi rispetto ai monitor LCD classici, ed in un mondo sempre più attento all’aspetto ambientale, questa è decisamente una mossa azzeccata da parte di Jobs e compagni (in realtà il tema era già stato introdotto al momento del lancio del MacBook Air).

Altra novità importante è quella dei costi, che sono stati finalmente allineati al cambio euro-dollaro: ora è possibile avere un MacBook per 999€ ed un MacBook Pro per 1799€. Opzione resa particolarmente appetibile dall’introduzione dei processori a 2.4Ghz e di dischi fino a 250Gb anche per i MacBook (i MacBook Pro invece arrivano a 2.6Ghz e 300Gb di disco).
Unica pecca (come fa giustamente notare Francesco) è legata alla fascia bassa: il MacBook da 999€ viene ancora venduto con un combo drive, e l’aggiornamento della memoria ram a 4Gb (dai 2Gb previsti) costa la modica cifra di 360€, non proprio irrisoria visti i costi di mercato.

Insomma, alla fine dei conti, un interessante aggiornamento di performance e features che rende maggiormente appetibile il (dovuto) aggiornamento dei prezzi. Il Mac rimane in ogni caso uno “status-symbol” e come tale non si può pretendere che competa sul mercato a livello di rapporto qualità prezzo.

Mac, beacons e saltellamenti…

Brand new WRT54GSNon molto tempo fà, il router wireless di casa mia ha dato i primi segni di cedimento, quasi comprensibili dopo 4 anni di uptime costante e traffico sostenuto come quello che un tecnico come il sottoscritto può fare.

Dopo una rapida analisi della situazione, ho deciso di fare un “pesante investimento” ed acquistare un nuovo router wireless, optando per un Linksys della serie wrt (quelli su cui eventualmente si può mettere Linux), recuperato da MediaWorld per la modica cifra di un centinaio di euro.

L’occasione è stata buona anche per mettere in sicurezza la rete wireless domestica, che fino a non molto tempo fà veniva protetta semplicemente da un filtro sul mac-address e dal fatto di restare “nascosta” (non inviava beacons): con l’introduzione del nuovo router, ho deciso di consentire che l’access point inviasse i suoi bei beacons, e ho deciso di proteggerne l’accesso utilizzando wpa.

Spulciando poi tra le opzioni “avanzate” del software in dotazione alla Linksys, ho scoperto la possibilità di ridurre il rate con cui i beacons vengono inviati, e mi sono detto: “A che prò inviare un beacon ogni 100 millisecondi come impostato di default?”, e ho così ritoccato l’impostazione facendo inviare un beacon al minuto, più che sufficiente perché un utente interessato noti la presenza della rete, ma allo stesso tempo adatto a rendere meno semplice l’individuazione dell’access-point da parte di un eventuale war-driver.

Naturalmente, Linux non ha fatto una piega, recuperato il nome della rete, richiesto la password, e connesso.
Nell’atto di configurare il MacBook della mia dolce metà, invece, mi sono reso conto che la connessione dell’AirPort andava su e giù, al punto da non riuscire neppure a caricare per intero la homepage di Google.

Dopo qualche tentativo, individuo proprio nel “beacons rate” la causa di questo strano comportamento, e le prove successive (con beacons rate progressivamente ridotti) hanno portato al ripristino dell’impostazione di default del Linksys (100 ms), prima che il MacBook decidesse di teneresi la connessione attiva costantemente.  Non so se il problema fosse già noto o segnalato (anche perché dalle ricerche di Google che ho fatto non ho trovato nulla di significativo) ne ho fatto prove ulteriori per verificare la riproducibilità del problema.

Se qualcuno ha voglia di approfondire… 🙂