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Del fallimento della domenica senz’auto

Traffico

Tranks via Flickr

Per l’ennesima volta si conferma l’assoluta incapacità di azione dell’amministrazione comunale di Milano nel contrastare l’inquinamento che attanaglia l’intera area sovra-provinciale.
Dopo aver trascorso oltre un terzo dello scorso anno con le soglie degli inquinanti oltre i livelli di allerta (e senza che l’amministrazione comunale abbia fatto alcunché di concreto per porvi rimedio), ecco che con l’inizio del nuovo anno la situazione si mostra già critica: dopo quasi un mese trascorso a cavallo del superamento delle soglie di guardia, si è finalmente resa talmente palese la necessità di un’azione coordinata ed efficace, che persino il restio Comune di Milano ha deciso di “fare qualcosa”. Purtroppo il “qualcosa”, nell’accezione del sindaco Moratti, è sinonimo di “nulla”: ha avuto a mala pena il coraggio di indire una giornata di blocco del traffico (domenica scorsa, nella fattispecie), senza cercare alcun tipo di coordinamento sovra-comunale e per di più infarcendo la sospensione di deroghe (persino per coloro che andavano a vedere la partita a San Siro!).

Inutile dire che il provvedimento è stato assolutamente inutile: non solo gli inquinanti non sono calati a sufficienza, ma non sono calati per niente! Così la Moratti si trova costretta ad un’ulteriore iniziativa, ed ancora una volta la scelta ricade su un’inutile ed isolata domenica di blocco della circolazione, stavolta con ancora più deroghe della scorsa.

L’emergenza smog di Milano assomiglia purtroppo sempre più all’emergenza rifiuti di cui sono purtroppo oggetto diverse città italiane (nel Lazio, in Campania, in Sicilia…): una situazione cronica, dovuta non a congiunture astrali (quali ridotte precipitazioni, o poco vento vento, o babbi natale e babau mancanti) ma all’assoluta assenza di una politica di contrasto non dico efficace, ma quantomeno ragionata.
I milanesi sono costretti a muoversi si muovo principalmente in automobile (i mezzi pubblici raggiungono a malapena i confini comunali quando la stragrande maggioranza dei lavoratori milanesi abita in periferia) e si spostano da soli, perché non c’è ne alcuna forma di educazione alla riduzione dell’impronta ecologica, perché non c’è alcun incentivo al car-sharing, perché mancano gli incentivi (ed disincentivi efficaci) tanto quanto le interconnessioni con le altre vie di accesso alla metropoli.
Curioso notare come questa sia la stessa giunta comunale che ha varato l’Ecopass, più e più volte sbandierato come “la soluzione definitiva” (per dirla all’inglese) e più e più volte criticato dal sottoscritto, dimostratosi a più riprese assolutamente inefficace (come era prevedibile, viste le premesse) ed iniquo, oltre che assolutamente isolato dalle norme di incentivo che avrebbero (persino nell’iniziale disegno del Comune) dovuto accompagnarlo per renderlo minimamente efficace.

A questo punto, con le elezioni comunali ormai alle porte, vale la pena considerare il punto “inquinamento” dei programmi dei vari candidati: ho già notato più volte un interesse da parte del candidato sindaco del centro sinistra Pisapia sul tema del contrasto all’inquinamento; l’alternativa del centro destra (già in carica) annaspa sempre più; gli altri candidati sindaci non hanno proprio niente da dire?

Ancora dubitiamo del riscaldamento globale??

Neve a Milano

Gianluca Neri via Flickr

L’altra sera qualcuno considerava come (per l’ennesima volta) il riscaldamento globale fosse una pagliacciata, portando a suffragio della sua “tesi” il fatto che questo inverno si sta rivelando tutto fuorché caldo.

Ho dovuto trattenermi dall’aggredirlo a suon di marmittate (:P), facendogli invece notare come “riscaldamento climatico” significa innanzitutto una maggior quantità di energia nell’atmosfera; questa maggior quantità di energia porta si ad un innalzamento della temperatura media annuale, ma anche ad una maggior intensità e violenza dei fenomeni. Non dimentichiamo che quest’anno abbiamo potuto assistere ad un maggio piuttosto freddino immediatamente seguito da un luglio torrido all’inverosimile. Ora ci troviamo con l’Europa sommersa dalla neve, in quantità superiori a quelle a cui eravamo abituati, mentre in Sicilia le temperature massime sfiorano i 20 gradi centigradi.

Questo genere di affermazioni, volte a mettere in discussione il fenomeno ormai ampiamente dimostrato del “riscaldamento globale”, portano inevitabilmente a riportare l’attenzione sulla dimostrazione del fenomeno anziché sulle iniziative ormai impellenti sul suo contrasto.

Purtroppo il punto di non ritorno è sempre più vicino e noi ancora discutiamo se la temperatura si sia o meno alzata di quel mezzo grado “chesaramai”…

Riprogettiamo l’Ecopass?

Minibus elettrico

FrenchCobber via Flickr

Che l’Ecopass di Milano sia un flop clamoroso dal punto di vista ambientalistico è sotto gli occhi di tutti. Ho avuto modo più volte di discutere la mia posizione sull’argomento e non ci tornerò in questa sede.
Vorrei invece proporre qualcosa di più costruttivo (sebbene solo a parole, visto che non credo che qualcuno valuterà seriamente questa proposta), ovvero una rivisitazione dell’Ecopass in chiave ecologica.

Il primo problema dell’attuale Ecopass è che coinvolge un’area limitatissima (pochi chilometri quadrati). Se si vuole davvero intervenire sull’inquinamento dell’aria a Milano si deve prevedere un’estensione dell’area Ecopass perlomeno all’intera area comunale di Milano, con l’invito ai comuni limitrofi ad unirsi per un ulteriore ampliamento dell’area coperta.

Secondo grosso problema dell’Ecopass è che il prezzo che si paga per l’ingresso all’interno dell’area è basato sulla tipologia dell’alimentazione anziché sul’emissione effettiva. Capita così che un Cayenne S che emette 358 g/km di CO2 paga lo stesso costo d’ingresso di una Opel Corsa, che emette solamente 98 g/km di CO2, con buona pace dell’intento iniziale. E’ allora necessario stabilire un prezzo proporzionale alle reali emissioni dei veicoli: per esempio si potrebbe concepire un prezzo giornaliero di 0,10 € (dimezzato per le auto ibride) ogni grammo di CO2 per chilometro oltre i 80 g/km (che potrebbe essere un target da raggiungere, eventualmente da modificare negli anni), ai quali andrebbero aggiunti (anche nel caso in cui si tratti di un’auto elettrica) il costo di due biglietti dell’autobus (2 euro), abbuonati solamente nel caso in cui nell’automezzo ci siano almeno 3 persone (che per altro si potrebbero anche dividere il costo dell’Ecopass, incentivando intrinsecamente il car-sharing). Ecco allora che la nostra Opel Corsa entrerebbe in Ecopass al prezzo di 3,80 euro al giorno mentre il più grosso ed inquinante SUV si troverebbe a dover pagare 29,80 euro a giornata.
Si potrebbe anche ipotizzare una seconda fascia di prezzi, per coloro che non entrano all’interno dell’area circoscritta dalla seconda circolare (quella della 90/91 per intenderci), con prezzi ridotti di un 30-40% (per via della maggior area in grado di smaltire la CO2 e gli inquinanti prodotti).

Terzo enorme problema dell’Ecopass è l’assoluta mancanza di alternative per tutta una serie di utenti: non ci sono parcheggi. La soluzione che propongo a questo problema sta nella costruzione di capienti parcheggi di interscambio, collocati in prossimità di svincoli autostradali (in modo da ridurre al massimo la congestione che il loro utilizzo andrebbe a generare) ed adeguatamente serviti dai mezzi pubblici. Il prezzo del parcheggio potrebbe essere sostanzialmente azzerato nel caso in cui l’automobilista sia in possesso dei due biglietti ATM (1 euro l’uno) che ne comprovano l’uso dei mezzi pubblici per lo spostamento all’interno della città. Per le auto elettriche si potrebbero prevedere colonnine di ricarica (e magari piani interi loro unicamente dedicati) con corrente a prezzi scontati. Questi parcheggi di interscambio potrebbero anche costituire il luogo ideale dove collocare le bici-stazioni (con officina di riparazione).

Naturalmente una larghissima parte (80%?) dei proventi derivanti dall’Ecopass dovrebbero andare a potenziare la rete di trasporti pubblici: metropolitane dove possibile, ma anche tram e autobus, con l’introduzione di nuove linee, fermate ed incremento della frequenza sulle linee già esistenti, grazie all’adozione di un piano strategico di potenziamento della mobilità pubblica e verde (per esempio utilizzando autobus più piccoli nelle fasce di minor traffico passeggeri, magari completamente elettrici).
E magari si potrebbe per una buona volta dare a Google Maps l’elenco degli orari aggiornati dell’ATM, in modo da consentire la pianificazione degli itinerari anche con l’uso di mezzi pubblici?

Mi rendo conto che tutto questo può avere il sentore del sogno, ma se si vuole davvero intervenire sulla qualità dell’aria e sul decongestionamento di Milano, ritengo sia l’unica strada perseguibile…

Aspirine per lottare contro il cancro?

Smog

Simone Ramella via Flickr

Oggi a Milano non si circola. Ma solo dalle 10 alle 18 (in modo da non ostacolare troppo il traffico evidentemente), nonostante il livello di pm10 si aggiri intorno dal doppio del consentito da oltre 17 giorni (sui 365 giorni dell’anno, non dovrebbe essere superato per oltre 35 volte, facciamo un po’ i conti…). La (risibile) decisione è stata presa in settimana (altro che misure strutturali) dal sindaco Moratti. Venerdì una riunione con i sindaci dell’hinterland milanese ha scongiurato un (inutile) blocco di tutta la provincia, riportando il problema alla sua vera natura, ovvero ad una organicità e criticità che vanno affrontate con interventi coordinati e ragionati a livello quantomeno provinciale, se non addirittura regionale (e nazionale).

Il blocco di quest’oggi a Milano aiuterà forse il pm10 a scendere di qualche decina di punti, avvicinandolo al limite: già in serata, quando la circolazione delle auto riprenderà, il livello tornerà esattamente quello di prima (il pm10 non sparisce, si deposita, e le auto che viaggiano lo smuovono, riportandolo in aria) riprendendo a peggiorare.

Il Comune di Milano, negli ultimi tempi, aveva cercato di minimizzare dicendo che da un lato si attendeva la pioggia (…), dall’altro era inutile il blocco del traffico (che ora però hanno imposto) e che le misure strutturali erano già in essere: l’Ecopass (che ricordo copre il 4% circa del territorio comunale milanese, il centro storico, naturalmente meno frequentato di circonvallazioni e grandi vie di scorrimento).

Nel frattempo, per andare da Cinisello Balsamo a Rogoredo impiego 1 ora e 30 di mezzi pubblici (e sono fortunato, perché ho un tram che parte quasi davanti a casa ed arriva direttamente alla metropolitana gialla che mi porta a Rogoredo), per arrivare all’aeroporto cittadino (Malpensa) ci vogliono oltre 2 ore di mezzi. Ma i provendi dell’Ecopass non dovevano servire al potenziamento dei mezzi pubblici? Dove sono finiti i soldi?

Godetevi questa giornata senz’auto: andate in giro, al parco, guardatevi intorno e riflettete. E’ un’occasione da non perdere…

Allarghiamo Milano?

milanoE così si è deciso di aumentare (ancora) l’indice di edificabilità di Milano, unica alternativa in realtà al rendere edificabili intere zone visto che di zone non edificabili, a Milano, non ce ne sono quasi più.

Questo significherà, essenzialmente, costruzioni più dense, più alloggi (per 700.000 cittadini, all’incirca), meno verde, meno vivibilità; secondo i politici anche molti più cittadini, ma consentitemi una considerazione: cosa ci fa pensare che la tendenza in atto da oltre trent’anni (ovvero proprio relativamente a questo periodo di edificazione selvaggia) e che ha visto calare il numero di cittadini da 1.700.000 a meno di 1.300.000, si inverta con questi nuovi interventi?
Mi si spiegherà, inoltre, a che scopo attirare ulteriori cittadini in una città che ha nell’inquinamento e nel traffico i suoi problemi maggiori, a costo di renderla ancora più invivibile di quanto già non lo sia (provate a cercare “ampi” spazi verdi a Milano…)

Non sarà mica che l’incremento dell’indice di edificabilità serve a far contenti agli immobiliaristi della zona, colpiti anche loro dalla crisi degli alloggi e dalla discesa del mercato delle case, già ampiamente ringraziati della propria fedeltà con i primi appalti per l’Expo? Nomi come Ligresti o Pirelli dicono niente, eh?

Ecologia e consumo responsabile

"Erba rigata" (su richiesta)L’ecologia sta diventando di moda. Forse è più una speranza che una constatazione della realtà, ma quando ieri mi sono trovato ad ascoltare una trasmissione legata ai motori che continuava a sottolineare la disponibilità o meno di motorizzazioni ecologiche o bi-fuel per tutti i modelli di cui si andava a parlare, non ho potuto che sentirmi ottimista: il più grande limite alla diffusione dell’ecologia infatti sta nel modo di pensare ed agire delle persone, nell’inerzia che accompagna la vita di tutti noi (e ovviamente io non mi esento da responsabilità).

Un primo passo avanti importante da fare è indubbiamente quello di cominciare a prestare attenzione a come consumiamo: dalle automobili, scegliendole a partire dai consumi ridotti per terminare con l’integrazione di alimentazioni alternative (scegliendo un’auto elettrica ad esempio), alle nostre case (intervenendo per migliorare l’efficienza energetica quando ci dovesse capitare di dover effettuare lavori di ristrutturazione), fino a giungere alla vita di tutti i giorni, inserendo tra i nostri parametri di scelta aspetti legati alla sostenibilità ed all’impatto sociale ed ambientale di ciò che usiamo ed acquistiamo (il nostro potere maggiore nell’ottica di cambiare anche il modo di produrre sta proprio nel potere d’acquisto).

Il più grosso problema, da questo punto di vista, è formativo: di prodotti ecologici, biologici e sostenibili ce ne sono tanti, ma noi consumatori non siamo consci di cosa sia realmente da considerare “buono” e cosa no nel mondo dei prodotti (il che è di suo una considerevole semplificazione, come ogni volta che si vuole discernere il “bene” dal “male”).
Certo, una “militanza” nei GAS (gruppi di acquisto solidale) aiuta a capire quali parametri adottare per discernere un prodotto ecologico e sostenibile da un prodotto che nonostante abbia un nome che comincia per “bio”, poi di biologico non ha davvero nulla (no, non c’è una legge che lo impedisce, e pensate che si farà presto? Libero mercato… ), ma non tutti hanno modo e tempo per seguire con sufficiente costanza questo genere di iniziative, e quindi si deve trovare qualcosa di diverso.
Ci vengono incontro, sotto questo profilo e fatte le debite eccezioni, alcune certificazioni la cui presenza sulla confezione che desideriamo acquistare può darci una indicazione definitiva della sua qualità, sostenibilità, ecologia (consideriamo sempre il fatto che certificare un prodotto costa, e l’assenza del bollino non ne pregiudica necessariamente la qualità). Di certificazioni ne esistono molte, moltissime, e non starò certo qui a citarle (neppure una, per non dare una falsa idea di priorità tra le certificazioni da verificare). Troverete online una certa quantità di materiale, ma dovrete cercarlo, perché la pappa pronta, in questo campo, non esiste (e non deve esistere!).

L’unico modo “definitivo” (come amano dire gli inglesi) per consumare responsabile, però, è ancora una volta legato all’uso della (poca) materia grigia che ci viene assegnata alla nascita e che tendiamo a cercare di usurare il meno possibile. Prendersi il tempo che serve mentre si fà la spesa, guardare al di là della confezione colorata del prodotto, leggerne la composizione, informarsi, documentarsi, capire, valutare, questo è l’unico vero modo per essere consumatori responsabili. Si sbaglierà le prime volte, ma d’altra parte chi non ha picchiato il culo cercando di imparare a camminare?

Usare la testa. In tutto ciò che si fà: nel voto come nella spesa. E’ qualcosa a cui siamo sempre meno abituati, e che invece è sempre più importante, soprattutto considerando che visto che non lo fanno “nei palazzi del potere”, non possiamo che farlo noi… All’inizio costa fatica, come avviare il vecchio motore della 500 ferma in garage da 10 anni, ma poi, passata la fumata ed i cigolii, tutto è più facile…

Quanto ci costa inquinare

... futuro... Nonostante quello che cerca di far credere qualcuno (non mi dilungherò sulla questione), il pianeta terra si sta scaldando, sconvolgendo il delicato equilibrio che ha consentito alla vita di prosperare. L’inquinamento è una delle principali cause (non certo l’unica) che portano a questo risultato, e proprio per lottare contro l’inquinamento (con particolare riferimento a quello da gas serra) è stato stilato il protocollo di Kyoto.

Quello che molti dei nostri concittadini non sanno, però, è che il protocollo è piuttosto stringente, soprattutto nei tempi (a ragion veduta). Alcuni risultati avrebbero dovuto essere già raggiunti all’inizio del 2008 e visto che il nostro paese non ha rispettato gli impegni presi, sta già pagando la salata multa prevista: 47,6 euro al secondo, oltre un miliardo e mezzo di euro l’anno: sul sito del Kyoto Club è a disposizione un contatore che mostra, in tempo reale, la situazione attuale del conteggio.

Tutto questo, ovviamente nel silenzio più totale dei mass media. Personalmente qualche cosa comincio a farla: riscaldamento di casa più basso e documentazione, essenzialmente. Ieri mattina ero (insieme ad altri soci del Lifos) a visitare la casa di Roberto Brambilla, a Concorezzo, realizzata all’insegna del basso impatto ambientale, nell’ambito dell’iniziativa “Impianti aperti” promossa dall’ISES Italia. Dire che è stato illuminante è riduttivo.

E’ ora di aprire gli occhi, cari concittadini…

Ecopass: ora cominciano a preoccuparsi

Traffico Avevo cominciato a sbraitare contro l’Ecopass il giorno della sua entrata in vigore. Avevo continuato facendo notare che non stava servendo a niente, dati alla mano. Ora, pare che se ne siano accorti anche in Comune, con Forza Italia preoccupata perché “l’obiettivo non è stato centrato”. L’assessore alla Mobilità Croci parla di un “assestamento previsto”, ma mi domando se sia intelligente spendere una barcata di soldi per ottenere, al netto dell’assestamento dichiarato dell’assessore Croci, una riduzione del traffico del 17% (l’8% appena fuori dai bastioni) e 19% del pm10 in meno (posto che comunque siamo abbondantemente fuori dalle norme imposte dell’Unione Europea) rispetto al periodo “pre-ecopass”, ma con un bell’incremento tra il 9 e l’11% rispetto a gennaio (facendo due conti, da qui a maggio siamo punto e a capo).

Tutto questo considerando che le multe “staccate” dall’entrata in vigore dell’Ecopass sono oltre 160 mila, 5000 al giorno (di cui pare una certa quantità da rivedere, perchè il sistema non distingue una “C” da una “G”, ma ora siamo in campagna elettorale…) e che tutti questi bei dati rincuoranti per i cittadini interessati ai propri polmoni si riferiscono a meno del 5% del territorio (comunale!) e che noi simpatici abitanti delle periferie abbiamo ottenuto solo e semplicemente aumento dello smog, del traffico e dei costi.

Ovviamente Croci ha subito trovato un capro espiatorio: «ormai oltre il 50% delle emissioni è causato dagli Euro 4 diesel, oggi esenti».  E ci mancava altro: le caldaie degli abitanti non emettono pm10! Non si poteva mica stanziare il totale del costo del progetto Ecopass per cambiarle tutte (a gratis probabilmente), e guadagnare anche in consumi energetici, vero?

Ad ogni buon conto, la sperimentazione (perché alla fine della fiera, di questo si tratta) si concluderà molto probabilmente entro giugno, visto che a maggio il Tar discuterà del ricorso presentato da oltre 1000 persone tra milanesi ed abitanti della provincia, che ne chiede proprio la sospensione. A quel punto voglio proprio vedere chi rimborserà i milanesi…

Una Milano fuori legge soffoca nello smog

Smog Meno di 2 mesi sono bastati alla “Milano dotata di ecopass” per esaurire i 35 giorni “bonus” di sforamenti dei livelli massimi di pm10 nell’aria concessi dall’Unione Europea. Sebbene la prima città italiana a passare le soglie sia stata Torino già alcuni giorni fa, Milano è da considerarsi, a partire da questa settimana, ufficialmente fuori legge.

Il bilancio dell’introduzione dell’ecopass, tanto criticato dal sottoscritto sin dai primi giorni, a due mesi di distanza dalla sua entrata in “produzione”, non può che prendere atto dei fatti: non serve a nulla.
Anzi, un’indagine dell’Osservatorio di Milano, che di inquinamento si occupa scientificamente, mette in luce come proprio l’iniziativa promossa dalla giunta Moratti si sia rivelata controproducente: a fronte di una riduzione del circolante all’interno della zona ecopass infatti, l’Osservatorio ha registrato un ancora maggiore aumento del traffico (sia nel numero di auto, sia nella lunghezza del percorso effettuato) nelle zone periferiche. Oltre al danno, i cittadini milanesi si beccano così pure la beffa: l’inquinamento aumenta, il parcheggio a ridosso dei capolinea della metropolitana e della zona ecopass si riduce, paghiamo l’iniqua tassa voluta dal sindaco e ci becchiamo pure l’aumento dell’inquinamento, visto che è tutto qui in periferia dove notoriamente vivono le classi meno abbienti.

Le proposte non mancano sin da buon principio: se si vuole incidere seriamente sul livello di inquinamento a Milano è necessario prima di tutto ridurre le fonti di inquinamento: caldaie a carbonella, impianti obsoleti, camion, e via dicendo: dopodiché è necessario agire con incisività in tutta la zona interessata dal problema, vale a dire la Regione intera (visto che la brianza ed il bresciano sono anche loro prossime allo sforamento dei limiti UE).

Purtroppo a volte il potere impone decisioni scomode per la propria notorietà. La Moratti pensava evidentemente, introducendo l’ecopass, di prendersi i demagogici meriti di aver “salvato Milano dalla morsa dell’inquinamento” con un provvedimento che non facesse infuriare i cittadini. Purtroppo, come ben insegna la questione tasse del governo Prodi, far del bene al Paese non aumenta la popolarità, e per aumentare la popolarità senza intaccare gli stili di vita scellerati non porta giovamento apprezzabile ai fini perseguiti.

Riflettano i milanesi su che schieramento politico votare alle prossime politiche anche alla luce di questi fatti…

Surriscaldamento globale: ancora dubbi!?

Global Warming La comunità scientifica suona campanelli d’allarme ormai da parecchi anni. Abbiamo persino potuto sentire con mano gli effetti del surriscaldamento globale: oggi stesso, 14 febbraio, fuori c’è un sole che solo 20 anni fa avremmo visto (forse) ad aprile inoltrato… Assistiamo periodicamente all’aumentare in numeri e forza dei tifoni atlantici, che dopo New Orleans continuano a spazzare e distruggere le coste americane (e non solo quelle), le immagini scattate a pochi anni di distanza dei ghiacciai di casa nostra, mostrano con una chiarezza ed una nitidezza incredibili gli effetti devastanti dell’opera dell’uomo.

Eppure, c’è ancora chi nutre dubbi (e a volte nemmeno quelli) sul riscaldamento globale. Verrebbe da chiedersi perché, se non fosse che la strategia è di una chiarezza, di una nitidezza cristallina e la sua messa in opera potrebbe essere ricondotta ai peggiori nemici dei supereroi dei fumetti, se non fosse tutto drammaticamente reale.

Senza voler andare a mettere in mezzo complotti internazionali, appare piuttosto chiaro come una serie di aziende (e governi di importanti superpotenze militari) abbiano negli ultimi anni promosso, e pagato profumatamente, studi scientifici che avevano come unico scopo quello di mettere in discussione le allarmanti conclusioni a cui giungevano, un po’ alla volta, gli scienziati, con il preciso scopo di confondere se non l’opinione scientifica, quantomeno quella pubblica.
Questa strategia di inquinamento è talmente palese che un’autorevole rivista scientifica (di cui, perdonate, non ricordo il nome) scrisse non molto tempo fà una lettera aperta alle compagnie petrolifere e al governo statunitense chiedendone la fine.

Ci troviamo di fronte alla stessa strategia messa in campo per negare i danni prodotti dal fumo: negli ultimi 50 anni, le aziende del tabacco hanno sventolato numerosi studi “scientifici” dimostranti come non ci fosse alcuna correlazione tra il fumo delle sigarette da loro vendute e l’insorgere dei tumori, nonostante l’incidenza di questi ultimi sulla popolazione fumatrice fosse alquanto preoccupante. Oggi, a 50 anni di distanza, sappiamo bene che fumare fa male.

Ma il nostro pianeta può permettersi altri 50 anni di scellerato inquinamento come quello che abbiamo riversato nell’atmosfera negli ultimi 10? Il grido d’allarme della nostra comunità scientifica si leva alto, ma nelle nostre orecchie risuona poderoso il rumore di disturbo di coloro che sull’inquinamento basano le proprie ricchezze…