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Dei rischi del Cloud Computing

chrys via Flickr

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Trovo (colpevolmente) tempo solo oggi di leggere questo articolo di Luca Annunziata che su Punto Informatico riprende le posizioni di Richard Stallman riguardo al Cloud Computing.
Vale forse la pena, prima di inoltrarci nella discussione, di spiegare brevemente ed in termini facilmente comprensibili il concetto: si parla di Cloud Computing riferendosi al diffondersi delle “Web Application”, della disponibilità di dati in remoto ed accessibili da device diverse; l’esempio più lampante è sicuramente costituito dal sistema delle Google Apps: posta elettronica, rubrica, calendario, feed reader, suite per l’ufficio e storage documentale accessibili da qualsiasi pc, telefonino, smartphone dotato di connessione ad internet, con analogo accentramento di tutte le funzionalità e configurazioni delle varie applicazioni (filtri antispam, regole di catalogazione di posta ed eventi, dettagli dei contatti, indirizzi degli appuntamenti…)

I rischi che Stallman sottolinea nell’intervento ripreso dall’articolo di Luca sono indubbiamente rischi concreti (e non tengono conto del non indifferente fattore privacy!): nell’ottica del software libero, spostare dati e computazione lato server significa perdere il controllo su codice sorgente e dati, segnando una importante vittoria per il software proprietario. Purtroppo quello che ci troviamo ad affrontare, è un problema ben più complesso di quello del semplice controllo del software che gira sul nostro computer: in un’ottica non più di “uno a uno” (io ed il mio portatile) ma di “uno a molti” (un “application provider” ed i suoi innumerevoli utenti), anche l’uso di tecnologie “libere” lato server è difficilmente verificabile e controllabile. Su questo fronte, la differenza tra software libero e software proprietario decade (a favore del software proprietario) in quanto l’utente non ha più la possibilità di verifica.

In un mondo dell’informatica che passa sempre più dall’elaborazione locale all’elaborazione online, è questo un problema che va analizzato, compreso ed affrontato, non negato o “ignorato” come Stallman propone di fare. Il guru del software libero infatti suggerisce: “fate il vostro lavoro con il vostro computer usando software libero”.
Bello, figo, ma se non ho il computer con me? Se volessi davvero non dover accendere il portatile, magari in auto, per recuperare l’indirizzo di un contatto con il quale ho appuntamento per poterlo impostare nel navigatore satellitare? Rinunciare ai progressi della tecnologia non credo sia la risposta giusta al problema.

Quando Stallman si trovò di fronte al dominio dei sistemi operativi proprietari, suggerì forse di ricorrere all’uso di carta e penna? No.
Ho l’impressione che con gli anni Stallman si stia arrugginendo ed arroccando su posizioni non difendibili, e questo fa molto, molto male al movimento dell’opensource…

Palm Pre: un vero concorrente per l’iPhone?

E’ stato annunciato come “la risposta di Palm all’iPhone”: si tratta di “Pre”, il nuovo smartphone di Palm presentato al CES 2009. E’ naturale pensare che Palm punti moltissimo sul nuovo arrivato: rappresenta una sorta di ultima spiaggia.
Negli ultimi anni, infatti, con la sempre maggiore convergenza tra telefonia e palmari, Palm è rimasta un po’ “al palo”, scivolando lentamente ma inesorabilmente verso la bancarotta: da un lato, il mancato successo della famiglia degli smartphone Treo (che non hanno mai realmente incontrato il successo che Palm si attendeva), dall’altra una serie di palmari puri, tecnologicamente inadeguati ad un mondo sempre più interconnesso (per altro “latitanti” di sensibili modifiche da diverse ere geologiche).

Ora il nuovo “Pre” (largamente elogiato dalla stampa) è chiamato a risollevare le sorti della casa, e si presenta agguerritissimo: più ergonomico (a detta di coloro che lo hanno avuto per le mani) del suo diretto concorrente, l’Apple iPhone, il Pre è dotato di una tastiera in hardware (apribile per scorrimento verso il basso della parte posteriore dell’apparecchio), di uno schermo da 3.1″ pollici, nonché di GPS, interfaccia WiFi, bluetooth, connettività UMTS, fotocamera da 3 megapixel e chi più ne ha più ne metta.

Il paragone rispetto all’iPhone di Apple viene naturale ed ecco allora qualche considerazione in proposito:

  • Non mi convince la scelta della tastiera fisica. Sarà anche più comoda da usare (in che occasioni?), ma una tastiera software a scomparsa, oltre a non necessitare di parti mobili del telefono che con il tempo rischiano di danneggiarsi o rompersi, consente di fare cose quali modificarne il layout a seconda della lingua o della tipologia di input (ad esempio la tastiera del mio iPod Touch cambia layout quando inserisco un indirizzo email, presentandomi solamente i caratteri consentiti in un indirizzo email).
  • Piacerà sicuramente a molti l’uso della batteria removibile, ma sinceramente posso contare sulle dita di una mano le volte che ho estratto la batteria dal mio telefono cellulare, fatto salvo il cambio della sim la cui collocazione non è necessariamente dietro la batteria (!).
  • Lo schermo è più piccolo (3.1″ contro 3.5″) e pur lavorando alla stessa risoluzione (480×320) questo aspetto si noterà; inoltre gli angoli arrotondati del display ne riducono probabilmente un po’ l’usabilità…
    Dimensionalmente parlando, la device si avvicina all’iPhone senza purtroppo raggiungerlo: che pur essendo leggermente più grande risulta essere 2 grammi più leggero (133 contro 135 grammi) e notevolmente più sottile (di un buon 35%, 4,6 mm).
  • Mi lascia perplesso anche l’unico taglio disponibile (almeno al momento del lancio) da 8Gb: l’iPhone propone già oggi anche una versione 16Gb e mi aspetto che Apple ne proponga una versione da 32Gb parallelamente all’introduzione della versione 64Gb dell’iPod Touch, data da molti quasi per scontata. Dal canto mio posso testimoniare che l’iPod Touch da 8Gb va “strettino” se si vogliono tenere sulla device un po’ di musica, qualche podcast, magari delle foto…
  • Curioso anche che il supporto per le email Push sia disponibile solo (apparentemente) se accompagnato da un server Microsoft Exchange Server 2003 SP2 o Exchange Server 2007. In alternativa ci si dovrà pare accontentare di un supporto POP3/IMAP standard.

Non voglio però negare che anche in termini hardware, il Palm Pre abbia qualcosa di positivo da dire:

  • Per quanto poco importante, la fotocamera montata sul Palm Pre è migliore di quella dell’iPhone (che ne rappresenta per altro uno dei punti deboli principali), potendo arrivare ad una risoluzione di 3 megapixel contro i 2 del cellulare di Cupertino. Utile anche la presenza del flash, non disponibile invece per l’iPhone (d’altra parte, con una risoluzione ridotta come quelle di cui stiamo parlando, la sua utilità non è eccezionale).
  • Interessante (e curiosa) la possibilità, sebbene opzionale, di utilizzare un caricabatterie wireless: sarà infatti disponibile una “docking station” in grado di ricaricare interamente il Palm Pre tramite induzione in 4 ore.

I veri punti di forza del nuovo smartphone di Palm, però, sono sicuramente nel software:

  • Innanzi tutto, nonostante si sia dato poco risalto a questo aspetto, va sottolineato che il cuore del nuovo sistema operativo WebOS è il kernel Linux, in questo frangente una garanzia in termini di stabilità e sicurezza (un “cuore” Windows Mobile mi avrebbe davvero fatto venire i brividi). Interessante per altro notare come la device venga fornita con a bordo già Microsoft Outlook, che per Linux non è disponibile (ovviamente)…
  • Il legame con l’informatica opensource viene messo in risalto anche dalla decisione di distribuire gratuitamente l’SDK (l’ambiente di sviluppo) per le applicazioni, interamenbte basato su Eclipse (l’applicazione opensource per gli sviluppatori software più famosa ed utilizzata, nata dalle fervide menti di IBM).
  • Molto interessante anche la scelta di utilizzare Javascript (quindi AJAX), CSS ed HTML5 per programmare le applicazioni che gireranno su WebOS: questo renderà non solo più semplice l’approccio alla nuova device, ma aumenterà decisamente il bacino dei possibili sviluppatori “della prima ora”, che Palm stima in circa 100.000 persone. Da questo punto di vista, cruciale sarà la modalità di distribuzione delle applicazioni: nonostante non si tratti di un’idea di per se innovativa (Nokia lo aveva già fatto per la piattaforma Maemo), l’App Store di Apple è diventato un punto di riferimento è fattore chiave del successo dell’iPhone (e dell’iPod Touch), al punto che anche la piattaforma disegnata da Google per le device mobili (Android) si sta dotando di un’infrastruttura analoga. Anche per il Palm Pre è prevista una piattaforma di acquisto/download delle applicazioni, bisognerà valutarne l’efficacia e la quantità di contributi di qualità presenti…
  • Da sottolineare Sinergy, che aggrega in modo trasparente dati locali e remoti, consentendo ad esempio di visualizzare i contatti di Facebook all’interno della rubrica del telefono, magari insieme a quelli del software di instant messaging, o di visualizzare tutte le informazioni e le comunicazioni (telefonate, email, sms) relative ad un contatto, indipendentemente dalla tipologia delle stesse. Si tratta di un’intuizione importante, il cui sviluppo è reso certamente più facile dall’orientamento “al web” della nuova device.
  • Il punto cruciale però che differenzia la piattaforma software dell’iPhone e quella del Palm Pre, è la possibilità di quest’ultimo di eseguire diverse applicazioni contemporaneamente e di poter passare intuitivamente dall’una all’altra. La mancanza di questo aspetto pesa molto sul mio utilizzo dell’iPod Touch ed è forse una delle grosse pecche (sebbene comprensibile in termini tecnologici) della device di Apple. Se la fluidità operativa di WebOS con diverse applicazioni in esecuzione si rivelerà accettabile, proprio questo aspetto potrebbe mettere in seria difficoltà la piattaforma software presente sull’iPhone, costringendo perfino Apple a rivederne il funzionamento.

In conclusione il dubbio che a livello hardware la nuova device di Palm non sia all’altezza dell’iPhone, suo diretto concorrente, rimane: si sarebbe potuto osare qualcosa di più anche se l’incognita del prezzo di vendita richiama alla cautela.
Apple (che ancora una volta conferma di aver letteralmente “aperto la via” in questo campo), offre d’altra parte una versione “senza telefonia” (l’iPod Touch) che contribuisce paradossalmente al successo dell’iPhone; Palm non ha pensato a questa possibilità e sarà quindi fondamentale che il prezzo di vendita risulti largamente abbordabile.

WordPress 2.7

wordpress-27E’ stata rilasciata la versione 2.7 di WordPress, il software di blogging più usato. Tra i cambiamenti più visibili, indubbiamente c’è l’interfaccia di amministrazione, completamente ridisegnata e, per quel poco che ho potuto vedere, davvero di notevole qualità.

Apparentemente ancora più semplice da usare e da installare, la nuova versione di WordPress non farà che confermare, a mio avviso, la giustificata leadership del settore. La difficoltà di chi occupa il primo posto è sempre il compito di dover tracciare la via e gli sviluppatori di WordPress non si fanno pregare 🙂

Inutile aggiungere che ho già fatto l’aggiornamento alla nuova release senza incontrare alcun problema (l’unico “disturbo” era legato ad una versione non aggiornatissima del plugin Simple-Tag), e che conquesto post provvedo di fatto ad inaugurare la nuova piattaforma 🙂
Dovrei a breve avere, tra l’altro, la possibilità di fare del lavoro di customizzazione pesante (già fatto per quanto riguarda la versione 2.6); sarà divertente scoprire se qualcuna delle problematiche che ancora WordPress aveva in termini di customizzazione sono nel frattempo stati in qualche modo corretti…

Questo weekend è Linux Day!

Ebbene sì. E’ passato un altro anno ed è nuovamente ora di Linux Day. Gli organizzatori delle varie edizioni del territorio italico se ne sono ampiamente resi conto (siamo in ballo da mesi con l’organizzazione, sigh), ma sarà utile ricapitolare ancora una volta di cosa si tratta, ad uso e consumo dei poveri alienati (;]) che ancora non lo sanno.

Il Linux Day è una manifestazione patrocinata dalla Italian Linux Society ed organizzata su tutto il territorio nazionale dai Linux User Group, le associazioni che promuovono e sostengono la diffusione di Linux e del software libero vicino a voi.

La manifestazione di Milano si svolgerà nella splendida sede di Villa Ghirlanda, Via Frova 10, Cinisello Balsamo organizzata dai vari gruppi attivi sul milanese (tranne OpenLabs, che ha un suo chapter organizzato al Parco Trotter), tra cui LIFOS (della quale mi onoro di essere il presidente) che si è occupata delle relazioni con il Comune di Cinisello Balsamo (che offre la sede, paga le spese, patrocina la manifestazione e partecipa attivamente con numerosi interventi, soprattutto nel convegno dedicato all’uso del software libero nella Pubblica Amministrazione).

Come lo scorso anno, il programma della due giorni (a Milano in effetti, storicamente, usiamo l’intero weekend) si preannuncia ricco ed interessante: sabato mattina si terranno i seminari dedicati alla Pubblica Amministrazione (come detto), durante il quale, prima delle conclusioni del Consigliere Regionale Marcello Saponaro, Lombardia Informatica annuncerà il supporto per Linux dalla CRS (Carte Regionale dei Servizi) ed alle Scuole, durante la quale insieme al Comune di Cinisello Balsamo tireremo le prime conclusione del progetto che vede LIFOS ed il settore socio educativo impegnati nella migrazione a Linux delle scuole pubbliche elementari e medie cinisellesi.

Al sabato pomeriggio, da un lato si terrà il convegno dedicato all’introduzione a Linux (nel quale interverranno i vari gruppi milanesi, con una panoramica volta a guidare i nuovi utenti di Linux dalla scelta consapevole dell’hardware alla selezione del software da installare), dall’altro un convegno dedicato all’uso di Linux nell’Impresa, durante il quale aziende come Red Hat, IBM o Funambol, insieme da aziende locali e da liberi professionisti, analizzeranno le prospettive future di Linux nel mondo del business.

Nella notte di sabato (19:00 – 0:00) ci sarà la Linux Night, presso la sede di Ada Stecca, (Vicolo De Castilla, 21, Quartiere Isola [MM Gioia]), alla quale, inutile dirlo, siete tutti invitati.

Domenica mattina, si comincia subito forte, con l’intervento di Paolo Attivissimo, seguito a distanza ravvicinata da quello di Christian Biasco e dalla presentazione del libro Il computer sostenibile di Giovanna Sissa.
Al pomeriggio, una sessione tecnica durante la quale cercheremo di proporre interventi interessanti anche se di livello tecnico un po’ più elevato (tra gli altri, Vincenzo Ampolo ci parlerà di OpenMoko).

Un programma davvero degno di nota, che diventa persino difficile descrivere per noi che lo abbiamo messo in piedi e che mi auguro sinceramente sia di gradimento del pubblico che parteciperà.

A fare da degno corollario a tutta la manifestazione, il gruppo studentesco universitario POuL si occuperà dell’Install Fest, durante la quale potrete ricevere un concreto aiuto all’installazione di Linux sui vostri computer, anche mantenendo attiva l’installazione di Windows. Inutile suggerire un bel backup di tutti i dati, prima di queste delicate operazioni, vero? 😉

Infine (ma non in ordine di importanza), và detto che l’ingresso alla manifestazione è assolutamente libero e gratuito (la registrazione è suggerita), quindi… non prendete impegni per sabato e domenica!! 😉

LIFOS: si riprende a correre…

LIFOSPer via della questione della sede sociale, in Associazione avevamo un po’ ridotto le attività. Infatti non avendo un posto fisso (e possibilmente facilmente raggiungibile) e di certa disponibilità dove poterci riunire, era difficile organizzare qualsiasi cosa che avesse un minimo di serietà e continuità.

Ora che grazie ad un accordo con il Comune di Cinisello abbiamo a disposizione, una sera a settimana, una sala della Biblioteca Comunale, ecco che si riparte: è stata già programmata una serie di incontri (che trovate elencati nell’apposita pagina del sito) che faranno seguito all’impegno di questo weekend in Fiera, per Fa La Cosa Giusta! in occasione della quale ci occuperemo (oltre ad avere il nostro banchetto in cui presenteremo l’opensource nell’abitare, con un mediacenter) di supportare tecnologicamente l’organizzazione, fornendo l’accesso wireless ad internet agli espositori.

Gli impegni previsti per i giovedi sera in biblioteca naturalmente n on resteranno i soli: abbiamo già in programmazione una serata introduttiva al software libero (mercoledi 23) e dei talk di approfondimento su “wireless (in)security” ed Asterisk. In più saremo presenti il prossimo weekend a Liberamente 08 e riprenderemo presto a muoverci anche al fianco delle altre associazioni del territorio, con in previsione, naturalmente, anche il lancio di una nuova (e gratuita, stavolta) sessione di corsi.

Insomma, la vita associativa riprende: per il sottoscritto significa sperare di sopravvivere 😛

Finalmente roba seria

JTAG wired to my Summy. IMG_1682Sono appena tornato a casa e devo assolutamente ringraziare “QSD Sistemi“, ed in particolar modo Nicolò e Danilo, per avermi consentito di partecipare (a titolo completamente gratuito per altro) ad un interessantissimo seminario sullo sviluppo di applicazioni embedded tenuto nientemeno che da Alessandro Rubini.

Era davvero parecchio tempo che, complici impegni di lavoro e scarsità di risorse in questo senso, non partecipavo ad un seminario davvero tecnico e serio come questo. L’occasione naturalmente era troppo ghiotta per lasciarmela sfuggire e così ho sacrificato impegni di lav oro e associativi per essere presente.

Ne è davvero valsa la pena.

Troppo spesso infatti nel mondo dell’informatica (ma soprattutto in quello del software libero dove le competenze contano più di qualsiasi altra cosa) si tende a parlare sempre degli stessi argomenti e spesso e volentieri senza dire nulla di realmente nuovo.
Trovare occasione e interlocutori, per affrontare con serietà e profondità argomenti nuovi e/o interessanti come quelli che riguardano i kernel internals e le device embedded non capita tutti i giorni…

Delle scelte etiche

OPEN Ieri, in coda per tornare verso casa mi sono visto la puntata di domenica di “Che tempo che fà” (inverter e portatile fanno la differenza, quando si è costretti a passare 4 ore la settimana, se non di più, fermi in colonna).

Particolare attenzione ha sollevato, come spesso accade per quella trasmissione, uno spezzone di un’intervista ad uno degli ospiti di Fazio, Antonio Monda, scrittore e giornalista autore di “Assoluzione”. All’interno del libro di Monda infatti, il protagonista (un giovane avvocato) si trova a dover scegliere tra i propri ideali, la propria etica e gli interessi del momento. A causa anche di una citazione fatta poco prima proprio da Monda, mi è subito saltato al naso il paragone con il mondo dei professionisti che operano con l’opensource, che di fatto rinunciano ad una possibile fonte di guadagno in nome di un ideale e della correttezza professionale nei confronti dei clienti.

Sarebbe infatti estremamente comodo (e probabilmente piuttosto redditizio) attuare politiche di lock-in dei clienti, soprattutto quando ci si trova a realizzare per loro soluzioni custom partendo da zero. Invece in nome della correttezza ci si trova spesso a fare molto più del lavoro visibile (spesso i clienti tendono a sottostimare cosa sia la “ricerca e sviluppo”) e a rilasciare almeno metà del valore del prodotto, il codice sorgente, a completa disposizione del cliente (con il rischio, paradossalmente, di svalutarlo ulteriormAnente).

Per questo motivo mi mettono una grande tristezza tutte quelle realtà (e di nomi potrei farne diversi) che si barcamenano a metà strada tra open e closed source: “quando mi fa comodo chiudo il codice e sfrutto anche il lock-in, quando non posso fare altrimenti (perché prendo spunto da codice scritto da altri e rilasciato sotto licenze libere) allora mi vanto di seguire i dettami del software libero”.
Pur comprendendo i motivi che spingono a simili decisioni, trovo questo diffuso atteggiamento profondamente scorretto

Che serva da riflessione a qualcuno

Flex ed AIR: il futuro di Flash

dscf1343.jpgCome avevo annunciato, ieri sera sono stato alla presentazione “per blogger” di Adobe AIR e del framework Flex, accompagnato per l’occasione dal buon Fausto che si è sorbito (anche) le “inutili chiacchiere” che spesso circondano la blogosfera.

In ogni caso, il vero protagonista dell’oretta passata presso la sede di Burson Marsteller è stato senza ombra di dubbio AIR (Flex altro non è che un plugin per Eclipse che consente la creazione di applicazioni AIR). Non certo nuovo agli appassionati di tecnologia, il lancio in pompa magna del nuovo prodotto “made in Adobe” sta tenendo occupati una serie di “evangelists” (tra cui Enrique Duvos che abbiamo incontrato ieri) in una tournée che si concluderà proprio a Milano il 13 giugno.

La presentazione di Enrique è stata essenzialmente una carrellata di dimostrazioni pratiche (quello che ci voleva, in effetti) che hanno messo brillantemente in risalto le potenzialità del prodotto. Sotto la luce dei riflettori però, sostanzialmente, non c’è nulla di spaventosamente strabiliante: AIR rappresenta a tutti gli effetti il futuro di Flash, in gran parte per altro integrandolo ereditandone così per altro alcuni (intrinsechi) difetti. Proprio ora che grazie alla spiccata propensione per la multimedialità (YouTube ha aperto la strada in questo senso) Flash ha raggiunto la maturità per anni inseguita, per Adobe si prospetta il duro (ma ben avviato) compito di dargli un degno successore.

La chiave di volta di AIR è quella di “uscire dal browser”, consentento l’esecuzione di applicazioni direttamente dal desktop (grazie anche alla possibilità di gestire gli aggiornamenti delle applicazioni, il download ed il push di immagini e dati, pur mantenendo un forte legame con la multimedialità online e con il web) ed in particolar modo rivelandosi completamente multipiattaforma, visto che la runtime è/sarà disponibile sia per Windows che per Linux che per MacOSX (con l’auguro di vedersi aggiungere anche un porting per gli altri sistemi *nix) e con l’intenzione di Adobe di realizzarne anche una versione “Mobile”.

Il grosso vincolo (intrinseco come dicevo) è e rimane quello dell’accessibilità ai motori di ricerca, che non sono in grado di interagire con questo genere di applicazioni (cosa per altro vera anche per AJAX, in buona parte): esattamente come vale per Flash quindi, AIR si presta molto bene alla realizzazione di piccole/medie applicazioni scaricabili direttamente dal web (penso a cose come il client di Picasa, piuttosto che applicazioni multimediali), ma è decisamente inadatto alla realizzazione di siti web (è il mio modesto parere, naturalmente).

Sulla questione “opensource”, a mia domanda Enrique ha risposto come era ovvio: Adobe non è intenzionata a rilasciare AIR sotto licenza opensource. Il passo di rilasciare il codice di Flex (che per altro non ho trovato sulle pagine dedicate del sito di Adobe) è certamente positivo e molto importante (nonché obbligato, essendo questa IDE basata su Eclipse), ma a tutt’ora installare Flex su una macchina Linux è praticamente impossibile (il plugin alpha 2 non riesce neppure ad installarsi correttamente sul mio sistema) e la prima release di test di AIR è appena arrivata (nonostante Enrique ce l’abbia mostrata funzionare su una Ubuntu in Parallels).

Insomma, in fin dei conti AIR porta una tempestiva ventata di innovazione per l’ormai anzianotto Flash, ampliandone le possibilità senza stravolgerne completamente i fondamenti. Una buona idea da parte di Adobe…

Una licenza “guida” per la Pubblica Amministrazione?

Pubblico in calce uno stralcio di una mia risposta ad una mail che mi chiedeva un commento su un interessante post dell’avvocato Laura Garbati sul forum del CNIPA . Pubblico perché il tema è delicato e sono conscio che andrebbe affrontato in maniera più articolata ed argomentata delle poche righe che riporterò. Mi pareva interessante però tentare di fornire uno spunto di riflessione condivisa sull’argomento…

[…]
Concordo pienamente con la necessità di fare chiarezza nel mondo del software libero, e non solo nei confronti della pubblica amministrazione. La libertà di scelta, se da un lato è un valore fondamentale, dall’altro spaventa: la PA e gli utenti finali.

Il mondo del software libero ha un disperato bisogno di marketing, di tralasciare i numeri di licenza e di crescere con l’offerta che abbia una presa commerciale (naturalmente mantenendo “dietro la scorza” tutte le qualità tipiche del software libero), perché solo così sarà possibile sostenerlo efficacemente.

La mia paura più grande è che il “talebanesimo” di alcuni esponenti della comunità porti ad una spaccatura molto più profonda e radicale di quella che già conosciamo da anni tra “software libero” e “opensource” proprio all’interno del mondo del “software libero” stesso.

La presa di coscienza che esistono molte alternative, ma che il cliente (fosse anche la PA) debba essere “guidato” nella sua scelta da persone esperte che possano tradurre le grandi opportunità del software libero in vantaggi tangibili per l’utente (che ne apprezzerà poi anche gli aspetti più nascosti e spesso maggiormente importanti) è una necessità sempre più forte in questo mondo, che però fatica a cambiare…
[…]

Promesse, promesse, e poi?

Puzzle pieces Sono anni che Microsoft va dicendo di avere intenzione di avvicinarsi al mondo dell’opensource, di migliorare l’interoperabilità: ha varato licenze “libere” (che ha perfino fatto certificare all’OSI), ha consentito l’accesso al codice sorgente di Windows ad alcuni enti dei governi (previo versamento di sangue per un ammontare totale di 5000 litri da apporre sull’NDA), aperto collaborazioni con una serie di aziende (Novell in testa, naturalmente) per migliorare la compatibilità tra le applicazioni di Microsoft e quelle opensource, pubblicato (o fatto trapelare) informazioni sui piani strategici aziendali, che mirerebbero alla migrazione di numerose applicazioni opensource lato server di altissimo profilo (mysql, php, apache) sui server Microsoft con l’obiettivo di contrastare l’architettura lamp con una analoga ma basata su kernel Windows.
A parole, il codice sorgente di Windows sarebbe già in possesso anche degli extraterresti, e invece poi quando gli altarini si scoprono, troviamo le inchieste della Commissione Europea su “abusi di posizione dominante”, i voti “comprati” per l’approvazione di OpenXML.

Un paio di giorni fà, l’ennesimo annuncio, accolto piuttosto freddamente dalla Commissione Europea (che dice di averne sentite troppe di dichiarazioni come queste), meno freddamente da parte della comunità del software libero che ancora una volta vuole dare una chance a Microsoft.
Sia chiaro: non vogliamo il codice sorgente di Windows, rispettiamo le scelte di business delle aziende che lavorano nel mondo dell’informatica. Non ci interessa particolarmente neppure che le “top applications” di Microsoft vengano rilasciate sotto licenze opensource “capestro”, sulle quali Microsoft farebbe magari valere poi la “proprietà intellettuale”: di applicazioni il mondo del software libero è fin troppo ricco.

Quello che vogliamo (o meglio, pretendiamo) da Microsoft, è un comportamento leale sul mercato e un minimo sforzo per garantire l’interoperabilità tra le varie applicazioni, che è un “diritto inalienabile” degli utenti. Purtroppo negli ultimi anni non possiamo dire che Microsoft si sia distinta sotto questo profilo, ma non è mai troppo tardi: l’apertura di MClips, l’interesse dimostrato in una serie di settori, le buone parole spese dai propri rappresentanti, fanno (ancora una volta) immaginare un possibile futuro più roseo.

Benvenuta, allora, Microsoft: facciamo parlare i fatti?