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Un’esecuzione sommaria

PsyKe & CO. via Flickr

PsyKe & CO. via Flickr

Il nostro paese, l’Italia, sta andando a rotoli, trascinato da una dittatura mediatica dalle proporzioni indefinibili verso un egoismo profondo ed una xenofobia schizofrenica tramite una malainformazione (e vi prego di riflettere sulla differenza rispetto alla parola “disinformazione”) diffusa, efficace e penetrante.

Difficile anche dire se il “punto di non ritorno” sia stato passato: troppo pochi i precedenti (soprattutto nei paesi del così detto “primo mondo”), troppo difficile fare quel passo indietro che regali un minimo di obiettività.
Tutti però ci rendiamo conto che il momento è cruciale, del numero di cambiamenti che hanno spinto l’Italia su questa nuova strada, negli ultimi 10 anni. L'”esperta guida” di Silvio Berlusconi e dei suoi accoliti e l’incapacità cronica di offrire una vera alternativa da parte dell’opposizione (sia essa di centro o di sinistra) hanno drammaticamente modificato questo paese, forse lasciando emergere con più chiarezza certe sue caratteristiche.
Sul panorama politico internazionale l’Italia è ormai emarginata, su quello interno malata cronica.

Scrivo per prendermi le mie responsabilità, ma soprattutto per rinfacciarle ad ognuno di voi, ognuno di coloro che ora stanno davanti a queste parole a leggere e riflettere: non abbiamo fatto abbastanza per salvare il nostro paese, a prescindere da quella che sarà la fine ultima di questa rovinosa caduta. Potevamo fare di più, si, potevamo. Avremmo potuto parlare meno ed agire di più, avremmo potuto scendere a compromessi in certe situazioni ed essere più fermi in altre. Abbiamo accumulato, nel corso degli anni, responsabilità che ora gravano su di noi come montagne e saremo ricordati dalla Storia come “coloro che hanno fallito”. O più semplicemente saremo dimenticati, accomunati a coloro che hanno accettato il regime, l’ideologia dominante, che si sono accodati e sono saltati sul carro del “vincitore”, prima che questo precipitasse oltre il ciglio dello strapiombo.

E chi tra voi dirà “io no, non ho responsabilità!”… beh, lui sarà il principale accusato. Lasciatemi concludere citando le parole di un noto cantautore, che ben si prestano allo scopo:

Anche se il nostro maggio
ha fatto a meno del vostro coraggio
Se la paura di guardare
vi ha fatto chinare il mento
Se il fuoco ha risparmiato
le vostre millecento
Anche se voi vi credete assolti
Siete lo stesso, coinvolti.

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Informazione dal basso? “Usare con cautela”

Anni '70 La bozza di questo post ha ormai una certa età: diciamo alcuni mesi. In tutto questo tempo l’ho aperta spesso, l’ho riletta, riscritta, stravolta, ripensata, ogni volta tentennando sul pubblicarla o meno. Stavolta ci provo, lo pubblico.

L’argomento è delicato: la sempre maggior diffusione di Internet nella case dei nostri concittadini (ma il discorso vale analogamente allargato al mondo intero, in qualche modo), l’incremento di notorietà ed uso di strumenti quali social network e blogs stanno portando alla luce una nuova fonte di informazione, costruita dal basso stavolta, ma pur sempre “media”. Non voglio entrare nel merito, stavolta, della difficoltà di districare da questa immensa matassa le informazioni di qualità (aspetto per altro che ho già avuto modo di toccare in diverse occasioni), ma puntare piuttosto il dito sulla responsabilità che questa parola (“media”) comporta e di quanto spesso si fatichi a prenderne coscienza.
Il sogno (utopia?) di un’informazione realmente partecipata, imparziale, umana si trova oggi di fronte alla necessità di fare un “salto di qualità” al fine di poter acquisire lo status di “media”: si tratta proprio della presa di coscenza della responsabilità, del potere che l’informazione ha nella nostra società.

La chiamiamo “Era dell’Informazione” non a caso: al giorno d’oggi l’informazione ha ripercussioni incredibili e dirette sulla società. Pensiamo semplicemente ai rifiuti di Napoli: c’è stato, appena prima delle elezioni, un battage insistente e violento sulla questione. Poi il Governo Berlusconi è stato eletto, ha dichiarato di aver risolto la questione e la copertura mediatica si è praticamente azzerata. Nelle menti di tutti c’è la sensazione che, in un modo o nell’altro, tra scontri e imposizoni, la questione sia risolta nel suo complesso. Basta però fare una telefonata ai nostri conoscenti nella zona, magari in periferia, o semplicemente fare qualche ricerca su Google News, per scoprire che la realtà è un’altra, che la spazzatura è ancora la (tranne nel centro storico). Lo stesso discorso vale per il problema “sicurezza”, tema sul quale l’attuale Governo ha (stra)vinto le elezioni e che oggi passa in secondo piano, apparentemente risolto, senza che vi sia stato, in realtà, alcun apprezzabile miglioramento.

Questo è il potere dell’Informazione ed è importante che chi, nel mondo dei blog ma non solo, ha velleità di fare informazione ne prenda profondamente (e rapidamente) coscienza. Le fonti da cui attingere sono tante, tantissime, ma il problema è sempre li: verificare, usare la testa, cercare conferme, essere prudenti.

La linea che divide il Giornalismo e la Demagogia è sottilissima. E’ importante imparare a comprenderla e individuarla; solo allora potremo sperare di dare al nostro Paese un’informazione impariziale e partecipata. Prima, non proviamoci nemmeno.

Ecologia e consumo responsabile

"Erba rigata" (su richiesta)L’ecologia sta diventando di moda. Forse è più una speranza che una constatazione della realtà, ma quando ieri mi sono trovato ad ascoltare una trasmissione legata ai motori che continuava a sottolineare la disponibilità o meno di motorizzazioni ecologiche o bi-fuel per tutti i modelli di cui si andava a parlare, non ho potuto che sentirmi ottimista: il più grande limite alla diffusione dell’ecologia infatti sta nel modo di pensare ed agire delle persone, nell’inerzia che accompagna la vita di tutti noi (e ovviamente io non mi esento da responsabilità).

Un primo passo avanti importante da fare è indubbiamente quello di cominciare a prestare attenzione a come consumiamo: dalle automobili, scegliendole a partire dai consumi ridotti per terminare con l’integrazione di alimentazioni alternative (scegliendo un’auto elettrica ad esempio), alle nostre case (intervenendo per migliorare l’efficienza energetica quando ci dovesse capitare di dover effettuare lavori di ristrutturazione), fino a giungere alla vita di tutti i giorni, inserendo tra i nostri parametri di scelta aspetti legati alla sostenibilità ed all’impatto sociale ed ambientale di ciò che usiamo ed acquistiamo (il nostro potere maggiore nell’ottica di cambiare anche il modo di produrre sta proprio nel potere d’acquisto).

Il più grosso problema, da questo punto di vista, è formativo: di prodotti ecologici, biologici e sostenibili ce ne sono tanti, ma noi consumatori non siamo consci di cosa sia realmente da considerare “buono” e cosa no nel mondo dei prodotti (il che è di suo una considerevole semplificazione, come ogni volta che si vuole discernere il “bene” dal “male”).
Certo, una “militanza” nei GAS (gruppi di acquisto solidale) aiuta a capire quali parametri adottare per discernere un prodotto ecologico e sostenibile da un prodotto che nonostante abbia un nome che comincia per “bio”, poi di biologico non ha davvero nulla (no, non c’è una legge che lo impedisce, e pensate che si farà presto? Libero mercato… ), ma non tutti hanno modo e tempo per seguire con sufficiente costanza questo genere di iniziative, e quindi si deve trovare qualcosa di diverso.
Ci vengono incontro, sotto questo profilo e fatte le debite eccezioni, alcune certificazioni la cui presenza sulla confezione che desideriamo acquistare può darci una indicazione definitiva della sua qualità, sostenibilità, ecologia (consideriamo sempre il fatto che certificare un prodotto costa, e l’assenza del bollino non ne pregiudica necessariamente la qualità). Di certificazioni ne esistono molte, moltissime, e non starò certo qui a citarle (neppure una, per non dare una falsa idea di priorità tra le certificazioni da verificare). Troverete online una certa quantità di materiale, ma dovrete cercarlo, perché la pappa pronta, in questo campo, non esiste (e non deve esistere!).

L’unico modo “definitivo” (come amano dire gli inglesi) per consumare responsabile, però, è ancora una volta legato all’uso della (poca) materia grigia che ci viene assegnata alla nascita e che tendiamo a cercare di usurare il meno possibile. Prendersi il tempo che serve mentre si fà la spesa, guardare al di là della confezione colorata del prodotto, leggerne la composizione, informarsi, documentarsi, capire, valutare, questo è l’unico vero modo per essere consumatori responsabili. Si sbaglierà le prime volte, ma d’altra parte chi non ha picchiato il culo cercando di imparare a camminare?

Usare la testa. In tutto ciò che si fà: nel voto come nella spesa. E’ qualcosa a cui siamo sempre meno abituati, e che invece è sempre più importante, soprattutto considerando che visto che non lo fanno “nei palazzi del potere”, non possiamo che farlo noi… All’inizio costa fatica, come avviare il vecchio motore della 500 ferma in garage da 10 anni, ma poi, passata la fumata ed i cigolii, tutto è più facile…

Un’altra Columbine, 8 anni dopo

norris_hall.jpg33 morti (compreso il killer) ufficialmente. 15 feriti, ufficialmente. In realtà a morire o a restare gravemente feriti, ieri mattina presso il campus universitario di Blacksburg, sono gli Stati Uniti d’America stessi.

La strage di del 1999 aveva lasciato tutti sotto chock, con quei 13 morti per mano di alcuni loro compagni. Aveva soprattutto stupito l’inutilità di quegli omicidi: mancanza di integrazione sociale (si, non si riferisce solo agli extracomunitari come vorrebbero far credere in Italia), situazioni lasciate marcire, odio, bisogno di sfogo. Si era aperto un dibattito, sull’uso delle armi, che negli USA si possono acquistare praticamente al supermercato. Dibattito lungo ed intenso, che aveva persino portato il famoso regista Michel Moore a realizzare un film sull’argomento, “Bowling for Columbine”. Dibattito, eppure, inutile, perchè ieri un ragazzo di 20 anni ha potuto prendere le sue due armi semiautomatiche, e andaresene in giro per il campus della Virginia per praticamente 2 ore, sparando ai passanti ed organizzando vere e proprie esecuzioni sommarie, con tanto di “prigionieri” allineati contro i muri e “giustiziati”.

C’è anche spazio per le recriminazioni. Dopo i primi 2 omicidi, sono passate quasi 2 ore prima che il killer riprendesse la mattanza. Due ore durante le quali è sfuggito alla polizia (ormai sul luogo del delitto), spostandosi da un capo all’altro del campus. Due ore durante le quali si sarebbe potuto evaquare il campus, per salvare delle vite. Invece, un duplice omicidio in un dormitorio, deve essere una cosa normale negli USA, al punto che si pensa ad un “caso isolato” e quindi ad intervenire su un unico edificio.

Oggi, il giorno dopo, a mente fredda, il presidente degli USA Geroge W. Bush dichiara che è necessario ribadire il “diritto di possedere armi”, pur nei limiti previsti dalla legge. A questo punto io mi chiedo cos’abbia imparato l’America (gli USA) da Columbine, e cosa imparerà da Blacksbourg (che diventerà inevitabilmente famosa e ricordata per anni per questo drammatico episodio). E la risposta, purtroppo, è li, ben visibile, quasi palese: nulla.

Il diritto alle armi. Il diritto di uccidere. Il diritto di esportare la democrazia. Il diritto alla giustizia sommaria. La pena di morte. Il diritto alla violenza.

Fa La Cosa Giusta!

E cosi è finita anche la IV edizione di Fa La Cosa Giusta!. Ovviamente il sottoscritto era presente, essendo questo uno dei due più importanti appuntamenti annuali dell’associazione (l’altro è il Linux Day), sia come socio di OpenLabs, sia come dipendente di MG Engineering, che era presente con un banchetto.

Che dire. Davvero bello. Vediamo di mettere insieme qualche idea:

flcg.jpg1. Grande successo per OpenLabs: siamo riuscit, tra le vendite di CD di Ubuntu, Xubuntu ed eduKnoppix (costo 1 euro), di adesivi, magliette e gadget vari, a rientrare completamente delle spese sostenute per la partecipazione alla fiera (oltre 600 euro) ed a incassare persino qualche spicciolo per le spese ordinarie che l’associazione deve sostenere. Ma cosa piu importante di tutte, siamo stati presenti, ci siamo fatti vedere come un’associazione viva e dinamica, abbiamo catturato l’attenzione, suscitato interesse, avvicinato qualcuno al mondo del software libero. Un grazie, da questo punto di vista, va a tutti i ragazzi di OpenLabs che sono stati presenti sui 3 giorni al banchetto, anche a costo di saltare pranzi e cene, o farli senza pane perchè già terminato, in piedi per 10 ore filate, a ripetere le stesse cose, rispondere alle stesse domande, sempre con il sorriso sulle labbra. Bravi ragazzi.

2. Tanta gente: alla vigilia, gli organizzatori prevedevano un afflusso di circa 30.000 persone. Secondo me, alla fin fine, sono state di piu. Soprattutto nella giornata di sabato e domenica, la gente arrivava al banchetto ad ondate, prendendolo letteralmente d’assedio, facendo perfino la fila per porre la propria domanda, o donare il proprio euro in cambio del cd da provare. Nei prossimi giorni, cercherò di contattatare i ragazzi dell’organizzazione per tirare le somme, capire cosa è andato bene e cosa si potrà migliorare (noi abbiamo gestito/fornito la connettività wireless per gli espositori) in vista dell’edizione 2008, alla quale parteciperemo senza ombra di dubbio.

3. Tanta solidarietà, tanti sorrisi: è bello vedere la gente sorridere. E’ bello vedere la tranquillità e la voglia di stare bene, in pace, sui volti delle persone. Al punto che quando capitava di scontrarsi correndo per i corridoi, si assisteva a uno scambio di scuse e sorrisi che a Milano sembra quasi una rarità. Ho visto persone fermarsi a chiacchierare con i venditori ambulanti (io stesso ho acquistato due copie del PappaMondo da un ragazzo di colore che poi è venuto al nostro banchetto a farsi spiegare la filosofia dell’OpenSource e del software libero). Ho visto persone portare in dono da un banchetto all’altro biscotti e dolci. Ho visto fiducia, ho visto voglia di vivere e di reagire ad una situazione difficile, in Italia e nel mondo. Ho ripreso un po della fiducia che era andata svanendo negli ultimi mesi. Una importante ricarica.

4. Tanti amici: con un certosino lavoro, negli ultimi mesi avevo contattato i gruppi di WikiMedia Italia e di Mozilla Italia per invitarli a partecipare. Erano presenti con i propri banchetti, e per 3 giorni ci siamo scambiati sostegno e battute, scambiati cibo e gadgets, supportati e consigliati. Erano in tanti, dentro e fuori da OpenLabs. Questi sono gli eventi che cementano le amicizie. A tutti quelli che leggeranno questo post e si sentiranno tirati in ballo, un abbraccio sentito 🙂
5. Timore: per portare i visitatori della fiera presso la sede di Openlabs, il gruppo organizzatore ha ideato una serata di “introduzione a Linux” per giovedi prossimo (19), alle ore 21. Visto quanti bigliettini d’invito sono andati via in 3 giorni di fiera, e visto che la sala dove pensavo di tenere la presentazione è di dimensioni piuttosto modeste (20-30 persone al massimo) ho qualche timore sull’affluenza. Cercherò di inventarmi qualcosa domani sera per capire come gestire il tutto… speriamo bene…

PS: Sono pure finito su Flickr. Che faccia -.-. Stavo parlando e mi sono trovato fotografato da quelli di Mozilla Italia. Potevo star serio? 😀

Youtube e bullismo

Youtube è ormai da parecchio tempo nell’occhio del ciclone. Come qualsiasi altro repository di media (e i blog saranno il prossimo passo), può presentare informazioni di dubbio gusto, quali video di “bullismo” o di auto lanciato ad oltre 200 km/h su strade impervie o trafficate.
E cosi, visto che a vedere come va il mondo ci si spaventa, ecco che sia Bush che Tony Blair chiedono (o fanno chiedere ai propri tirapiedi) che questi video vengano rimossi preventivamente (come, non è affar loro: fosse per loro chiederebbero di andare a piedi su Plutone e che qualcuno si dia anche una mossa a fornire la soluzione tecnica) in modo che non “arrechino danni alla società ed ai ragazzi che frequentano YouTube”.

Dopo averlo però sfruttato per i propri porci comodi, nessuno si è chiesto il perchè di quei video? Non sarà forse l’assenza di una politica seri, a livello mondiale, che porta i ragazzini più “entusiasti” a comportarsi in modo indecente? Non saranno gli scarsi poteri e mezzi consegnati nelle mani degli insegnanti? Non saranno i nulli investimenti nell’istruzione? Non saranno le scuole fatiscenti? I programmi paleolitici?

Che ognuno si prenda le proprie responsabilità, invece di nascondere ciò che non si vuole vedere sotto il tappeto: che Blair si prenda la responsabilità dello stato della scuola in Inghilterra, che i ministri italiani lo facciano per l’Italia, che la Chiesa ed i suoi continui attacchi al mondo omosessuale si prenda la responsabilità (parziale quantomeno) del suicidio del giovane Matteo.