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Del rispetto della legge ed RU486

Pillole

sick_rdm via Flickr

Che il Governo Berlusconi non sia particolarmente interessato al rispetto delle leggi “che non gli fanno comodo” o “che non piacciono”, non è certo una novità. La strategia, in senso generale, è quella di pretendere il rispetto delle regole dagli “altri” (soprattutto se non sono italiani) e aggirare le regole che ostacolano loro. Qualche anno fa c’era almeno la decenza di tentare di salvare le apparenze, oggi non ci si fa neppure scrupolo, e questo non vale solamente per il governo centrale, ma una volta avvallato il comportamento di quest’ultimo con il consenso elettorale, molti anche localmente si sentono autorizzati all’imitazione, pulendosi il c**o con la carta costituzionale ed i diritti dei cittadini (che dovrebbero invece rappresentare nel loro insieme).

Così vengono fuori paradossi come le dichiarazioni di Zaia e Cota, neo-incaricati governatori leghisti di Piemonte e Veneto, che si esprimono “contro l’ru486”, affermando che non verrà introdotta nelle loro regioni.

Vorrei far notare ai signori Zaia e Cota che la scelta sull’introduzione dell’ru486 in Piemonte e Veneto non spetta a loro (bensì alle istituzioni preposte), e loro sono chiamati a scegliere solamente se chiedere il day-ospital o meno per la somministrazione del farmaco.
Il diritto all’aborto è garantito per legge (legge 194) dal 22 maggio 1978, confermata poi per referendum alcuni anni dopo (17 maggio 1981); non saranno un paio di “governatorucoli locali” a metterla in discussione.

Quello che mi chiedo, però, è questo: possibile che queste posizioni non indignino gli elettori non integralisti cristiani della destra? Le donne che hanno votato questi personaggi, lo scorso weekend, sono davvero tutte contente di questa posizione talebana? Possibile che accettino, in nome della paura e della demagogia, di gettare alle ortiche i diritti conquistati con tanta fatica e lotte?

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Dall’altra parte del confine…

Barbed Wire, Czech Republic A dispetto del titolo, non voglio parlare di clandestini, di gente che viene in Italia perché spinta da condizioni disumane, dalla mancanza di diritti umani, dalla fame, magari vessati da regimi dittatoriali: anche in Italia abbiamo queste stesse condizioni e poco alla volta diventa ovvio che l’unica strada che per molti di noi diviene praticabile è quella che affronta i valichi verso i paesi che ci stanno attorno.

Dalle reazioni alla sentenza della Corte di Cassazione sul caso di Eluana Englaro, diventa palese (come se ce ne fosse stato bisogno) quella che è la situazione dei diritti nel nostro paese: la polemica è ancora più viva di prima, con appelli e controappelli delle autorità politiche e religiose. In un momento come questo, Eluana e la famiglia Englaro andrebbero semplicemente lasciati in santa pace, visto che in ogni caso la legge a stabilito che è diritto di Eluana scegliere (e lo face già parecchi anni addietro) se e come interrompere i trattamenti a cui è sottoposta.
Invece in Italia il rispetto della legge e dei diritti è (ed è sempre stato) poco più che una simpatica alternativa al vivere comune.

Al di là del caso specifico sul quale si può essere più o meno d’accordo con la decisione della corte suprema, poi, resta la questione della necessità di legiferare in materia di Testamento Biologico e come si poteva immaginare la scelta è stata affidata non ad una commissione che veda presenti le varie campane, in modo da arrivare ad una scelta condivisa ed equilibrata, bensì a Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare con delega ai temi di bioetica e di estrazione religiosa legata a quell’area che si è apertamente schierata contro il padre di Eluana e le decisioni del più alto grado della magistratura; come possiamo aspettarci che dalle sue mani esca una proposta di legge coerente e equilibrata quando lei stessa si auspica in qualche modo che venga usata il meno possibile?

La questione sembra seguire esattamente la stessa strada che seguono l’aborto, la ricerca sulle staminali, l’introduzione in Italia dell’RU486. Quanto tempo passerà prima che si cominci a dover andare fuori dall’Italia per poter godere dei diritti che altrove ci vengono garantiti? O meglio, quanta gente già oggi va in Svizzera a comprare l’RU486?

C’è poi la questione delle tasse, che da noi sono decisamente alte e nonostante il Governo precedente sia caduto (per mano dell’attuale maggioranza) perché “non le abbassava”, quello attuale certo non può dire di aver sensibilmente migliorato il problema, che pure era il suo cavallo di battaglia nella passata legislatura.
C’è poi la questione della risposta alla crisi finanziaria, a dir poco dilettantesca. Non si interviene o si interviene demagogicamente, annaspando nella nebbia nonostante le indicazioni chiare da parte sia dell’Unione Europea che delle altre autorità economiche mondiali.
C’è poi la questione del monopolio mediatico, al quale si legano i ritardi e le polemiche per la Commissione di Vigilanza Rai, al quale si lega il problema del conflitto di interessi, la legge salva-rete4, al quale si lega la richiesta di passare una frequenza di Rai1 a Europa7 (così da non costringere Rete4 sul satellite, dove è invece legittimo che stia), al quale si legano le deliranti dichiarazioni di Bossi sulla Rai che “inganna i cittadini attaccando il governo”.
C’è poi la questione del bavaglio che si cerca di mettere ai blogger (tra i pochi “dissidenti” di questa legislatura) con il rilancio della legge Levi, che era stata ritirata durante la precedente legislatura (con tante scuse e capi cosparsi di cenere) ed oggi viene ripresentata tale quale.

Conosco diverse persone che negli ultimi tempi hanno lasciato (felicemente, oserei dire) l’Italia per trasferirsi all’estero. Io dall’estero in Italia ci sono tornato sette anni fà, ma non chiedetemi perché non valuto l’ipotesi di andarmene di nuovo: potrei prendere la domanda sul serio…

Di Ferrariana demagogia

Giuliano Ferrara Già tre giorni fa avevo scritto della vicenda che vede coinvolta quella donna di Napoli che si è vista piombare in camera sette agenti di polizia in seguito ad una minaccia “anonima” (ovviamente l’anonimo è già stato identificato) relativamente ad un aborto terapeutico alla ventunesima settimana di gravidanza.
Sarebbe stato per altro più che sufficiente (anche per rispetto al dolore che un simile evento porta) non fosse che Ferrara ha annunciato di volersi sottoporre al test della sindrome di Klinefelter, la stessa che era stata diagnosticata al feto della donna in questione.

Il test in sé è naturalmente più che legittimo: non spetta certo a me sindacare sulla dimensione dei testicoli del direttore del Foglio (che onestamente non ritengo meritevoli di cotanta pubblica attenzione). Quello che però suscita dubbi, è il risalto mediatico che Ferrara vuole dare a questa sua paura: personalmente non vado ad annunciare all’ansa che mi sottoporrò alle analisi del sangue o al test dell’influenza. Non è importante, non è rilevante, non frega a nessuno.

Il dubbio che sorge, naturalmente, è che Ferrara cerchi con questa mossa di raggiungere un duplice obiettivo: da un lato attirare l’attenzione pubblica su di se e sulla sua lista civica recentemente sottoposti ad un fitto fuoco incrociato di critiche piuttosto pesanti (non voglio scendere nel merito, ma consiglio a tutti, come sempre, di informarsi su chi sono i protagonisti della scena politica italica) nel tentativo di risollevarne le fila, dall’altro quello di sollevare ulteriori dubbi sulla legittimità dell’aborto della donna napoletana, dopo aver rifuggito il confronto televisivo con Pannella (adducendo inefficaci scuse).

Quello che non è chiaro a Ferrara (e lo dimostra ampiamente, per altro, l’articolo apparso sul suo giornale alcuni giorni fà), ma che sembra sfuggire anche ai numerosi “colleghi blogger” che stanno scrivendo in questi giorni sulla notizia, è il fatto che di fianco alla parola “aborto”, troviamo la parola “terapeutico”, che non è li per bellezza ma per arricchire di significato la parola precedente, proprio come fosse un aggettivo qualificativo.

Cerco di spiegarmi: ad essere stato sottoposto a “terapia”, in questo caso, non è il feto, ma la madre! La sindrome di Klinefelter infatti, per quanto terribile, non avrebbe di per sé costretto la madre ad abortire: la decisione in questo senso è stata presa di comune accordo tra i medici (ginecologi e psicologi) e la madre, a seguito di un’analisi medica della reazione psicologica della donna alla nascita di un figlio affetto da questa sindrome. Secondo i medici, la reazione avrebbe potuto essere talmente dannosa da ritenere più opportuno procedere ad un aborto (terapeutico per l’appunto) entro i termini previsti dalla legge 194.
Inutile da questo punto di vista fare dietrologia: non conosciamo la situazione psicologica della donna in questione, del suo vissuto, delle sue esperienze. Possiamo solamente fidarci dell’analisi di medici esperti (visto che esercitano, sono quantomeno muniti di una laurea) che nell’atto del proprio mestiere hanno optato (naturalmente di comune accordo con la madre) per una scelta tanto difficile.

L’uscita di Ferrara, oltre che di dubbio gusto, ma questo è già ampiamente stato fatto notare, si dimostra così portatrice della solita demagogia che le campagne come la sua portano insite nel proprio codice genetico: per far presa sulla gente, bisogna scandalizzarla, spaventarla, farla sentire minacciata. E possibilmente tacere il proprio comportamento poco coerente (il Ferrara che denuncia il milione di aborti in 40 anni come una cosa indecente, si dimentica di fare pubblica ammenda per i morti della guerra in Iraq, che lui in prima persona ha fortemente sostenuto).

La cosa più brutta, è l’indifferenza di Ferrara nei confronti delle sofferenze altrui. A lui basta pulire la propria coscienza.

L’assalto sull’aborto

Misticismi calibrati  La questione dell’aborto non è certo nuova alle attenzioni della stampa. La contrarietà della Chiesa su questo tema (che continuo a faticare a comprendere) solleva periodicamente dibattiti che sfociavano nella politica, fino a qualche tempo fà, nel momento in cui c’era da votare o deliberare qualcosa in materia (il referendum sulla fecondazione assistita, ad esempio).
La battaglia sul fronte, veniva (e viene) combattuta in sordina, nei consultori ginecologici e con pressioni più o meno esplicite sui medici che l’aborto lo devono poi mettere in pratica e sulle madri, già coinvolte in una situazione drammatica e dolorosa (altrimenti non abortirebbero).

Da qualche tempo a questa parte però, la pressione è andata crescendo, da un lato sul piano legislativo (con l’assalto alla 194 condotto coralmente da Ferrara, Bondi e la Binetti), dall’altro su quello del quotidiano, il cui più palese e recente risultato è quello degli accertamenti condotti dalla Polizia relativamente ad un’interruzione di gravidanza a 21 settimane dal concepimento. Questo “passare all’attacco” (con tra l’altro Ferrara che si candida alle elezioni con una lista civica con il solo dichiarato scopo di mettere in discussione la 194) diviene di più in più allarmante, soprattutto perché (come visto) fa un uso strumentale della legge in situazioni delicate come quelle che portano ad un aborto (l’uso strumentale dell’opinione pubblica, ormai, lo dò per scontato trovandoci in Italia).

Il clima di tensione che si sta strumentalmente tentando di far montare intorno alla 194 e all’aborto è di una pericolosità di cui solo l’incoscienza di certa gente può non rendersi conto: vogliamo tornare agli aborti clandestini? Vogliamo rovinare definitivamente la vita a migliaia di donne, al fine di sbiancare con più semplicità la coscienza di qualche appartenente ai palazzi del potere (quale che sia)?

Non ci stò.

Sono d’accordo con il papa!

papa treSembrerà incredibile, ma una volta tanto sono d’accordo con il Papa. Forse lui non la vede come me, ma le parole che ha pronunciato ieri a Roma durante l’Angelus sono assolutamente condivisibili:

Rispettare, tutelare e promuovere la vita umana sia prima della nascita che nella sua fase terminale

Sono pienamente d’accordo con il pontefice: è necessario evitare inutili sofferenze a coloro che non hanno più speranza di vita, così come l’odio di un figlio non voluto agli sfortunati che nascono a seguito di violenze sessuali (ad esempio), o dalle violenze morali ed etiche che ogni giorno subiscono le persone omosessuali. Anche questo è rispetto della vita, papa Ratzinger, o no?

Il pontefice non dimentica neppure le vittime delle odierne violenze in Kenya ed in Iraq, e si unisce poi all’invito dei vescovi italiani “nell’incoraggiare quanti, con fatica ma con gioia, senza clamori e con grande dedizione assistono familiari anziani o disabili, e a coloro che consacrano regolarmente parte del proprio tempo per aiutare quelle persone di ogni età la cui vita è provata da tante e diverse forme di povertà”. Sono gesti di un valore incalcolabile, un messaggio con il quale non si può non sostenere apertamente.

Purtroppo la Chiesa dimentica da troppo tempo di condannare apertamente la pena capitale (non è forse una vita da rispettare anche quella?) e le violenze dei suoi preti, nonché di sostenere efficacemente l’uso del preservativo, che tante vite può salvare e che troppo spesso viene ancora oggi “scoraggiato”, proprio la dove serve maggiormente, dai missionari cattolici .

Binetti: il braccio armato della Chiesa

La fine dello Stato laico?Mi ero ripromesso (silentemente) di non parlarne per un po’, perché finisco sempre con il dire le stesse cose e non mi piace ripetermi, ma la Binetti davvero me le tira fuori dalla bocca…

E’ il braccio armato della Chiesa quella donna. E’ incredibile. Non voglio dire che la Chiesa abbia intenzione di interferire con la politica italiana (lo fà già, anche se involontariamente, con gli appelli che ogni tanto lancia), non gli serve! Basta che qualche esponente della Chiesa, a qualsiasi livello, dica qualcosa, faccia un appello, ed ecco che il giorno dopo la Binetti è pronta a dar seguito alla questione in Senato. Come si fà a parlare di laicità dello Stato, con della gente del genere?

Questa volta ce l’hanno con l’aborto. Un’altra volta, l’ennesima volta. Forse stavolta pensano di riuscire a far passare la condanna dell’aborto grazie alla debolezza istituzionale dell’attuale governo, anche perché la Binetti parla di una “maggioranza trasversale”, raccogliendo la proposta di mozione che Bondi ha lanciato proprio ieri, dopo che Ruini aveva chiesto una moratoria sull’aborto.

Non voglio soffermarmi sulla questione in sé (trovo che nessuna Paola Binetti e nessun prete, di nessuna confessione, possa avere l’onniscenza per decidere che un aborto è male di per sé, senza prendere in considerazione le condizioni a contorno che accompagnano il certo doloro evento): trovo semplicemente disgustoso questo servilismo nei confronti della Chiesa (e non sarebbe diverso, badate bene, se fosse fatto nei confronti di altre realtà, religiose o meno che siano) da parte di un senatore eletto dagli italiani.

Poi parla di “libero arbitrio” e “coscienza”… ma di coscienza, secondo le, esiste solo al sua?