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Nazitalia

ArdereNel solito assordante silenzio della Politica “mainstream” e dei mass media si sta consumando il grande salto di qualità del razzismo in Italia. Dopo aver insultato e urlato contro “i diversi” (indipendentemente che questi siano i gay, gli atei, gli extracomunitari o i rom, italiani e non), ora è giunto il momento dei pogrom, delle persecuzioni, della pulizia etnica. Napoli ha cominciato dando il buon esempio: quattro campi rom dati alle fiamme in due giorni e dalla politica nulla, se non qualche flebile condanna.

Era nell’aria, lo si attendeva. Il razzismo latente che in tanti continuiamo a denunciare da parecchio tempo, fomentato da una destra verdano-nazista, ha trovato finalmente tempi e modi dello sfogo, grazie al potere conquistato alle ultime elezioni. Lampante esempio è Opera: cittadina alla periferia sud di Milano, sede fino a non molto tempo fà di uno campi rom più importanti della città, ha eletto a suo sindaco il leghista che, torce alla mano, appiccò il fuoco alle tende della Protezione Civile, per impedire loro di prestare servizio presso “i diversi” del posto.

Proprio come gli ebrei (e gli stessi rom) nella Germania di Adolf Hitler, i rom italiani sono stati prima criminalizzati dai mass media e poi costretti a fuggire di fronte alle fiamme della pulizia etnica, che i nostri politici devono aver così bene appreso sul campo di battaglia della ex-Jugoslavia, tra una stretta di mano e l’altra di Bossi e Milosevic.

Ora che non possiamo aspettarci nulla dal Governo (perché anzi potrebbe sostenere i piromani), ora che non possiamo aspettarci nulla dall’opposizione (perché non si oppone a nulla), cosa dobbiamo aspettarci? A quando il varo delle leggi razziali? Pare ancora pochi giorni, tempo del primo Consiglio dei Ministri…

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L’assalto sull’aborto

Misticismi calibrati  La questione dell’aborto non è certo nuova alle attenzioni della stampa. La contrarietà della Chiesa su questo tema (che continuo a faticare a comprendere) solleva periodicamente dibattiti che sfociavano nella politica, fino a qualche tempo fà, nel momento in cui c’era da votare o deliberare qualcosa in materia (il referendum sulla fecondazione assistita, ad esempio).
La battaglia sul fronte, veniva (e viene) combattuta in sordina, nei consultori ginecologici e con pressioni più o meno esplicite sui medici che l’aborto lo devono poi mettere in pratica e sulle madri, già coinvolte in una situazione drammatica e dolorosa (altrimenti non abortirebbero).

Da qualche tempo a questa parte però, la pressione è andata crescendo, da un lato sul piano legislativo (con l’assalto alla 194 condotto coralmente da Ferrara, Bondi e la Binetti), dall’altro su quello del quotidiano, il cui più palese e recente risultato è quello degli accertamenti condotti dalla Polizia relativamente ad un’interruzione di gravidanza a 21 settimane dal concepimento. Questo “passare all’attacco” (con tra l’altro Ferrara che si candida alle elezioni con una lista civica con il solo dichiarato scopo di mettere in discussione la 194) diviene di più in più allarmante, soprattutto perché (come visto) fa un uso strumentale della legge in situazioni delicate come quelle che portano ad un aborto (l’uso strumentale dell’opinione pubblica, ormai, lo dò per scontato trovandoci in Italia).

Il clima di tensione che si sta strumentalmente tentando di far montare intorno alla 194 e all’aborto è di una pericolosità di cui solo l’incoscienza di certa gente può non rendersi conto: vogliamo tornare agli aborti clandestini? Vogliamo rovinare definitivamente la vita a migliaia di donne, al fine di sbiancare con più semplicità la coscienza di qualche appartenente ai palazzi del potere (quale che sia)?

Non ci stò.

Un’Italia sempre più ignorante: colpa della tv?

Mesmerize Ancora una volta, mi ritrovo a scrivere di libri, di cultura, di gente che non legge. Dopo i disarmanti dati di quindici giorni fa sulle abitudini letterarie della popolazione media italiana, pensavo di aver toccato il fondo, ma rincuorava quantomeno il fatto che i ceti “più abbienti” facessero rilevare un maggior tasso di alfabetizzazione (nell’accezione più moderna del termine). Ieri invece, mi trovo di fronte all’articolo del Correre della Sera che spudoratamente denuncia la regressione del tasso di aggiornamento professionale sia nella classe dirigente italiana sia nel mondo del lavoro in senso più ampio.

Ci troviamo di fronte ad un’Italia lanciata in un mondo dove l’evoluzione scientifica e tecnologica rasenta livelli in cui iniziato un corso d’aggiornamento è obsoleto prima di essere terminato, dove nell’università stessa, che vorrebbe essere il più alto livello formativo “su larga scala”, produce corsi la cui obsolescenza non raggiunge i tre anni della durata stessa del corso (la famosa “laurea breve”, i cui prodotti sono tutt’altro che confortanti). In questo vorticoso panorama di competenze necessarie, la classe dirigente italiana, quella che dovrebbe stare al timone del vascello e cercare di tenerlo a galla in questa tempesta economico-sociale che ci investe, ha deciso che l’aggiornamento non è importante.

Indubbiamente, facendo (ancora una volta) riferimento all’interessante pamphlet di Lucio Russo “Segmenti e bastoncini”, possiamo immaginare che questo sia in parte dovuto alla scelleratezza dei programmi scolastici degli ultimi dieci-venti anni, che vanno formando una classe dirigente la cui attenzione nei confronti della cultura rasenta l’incapacità di comprendere cosa sia la cultura stessa. Anche la scarsa attenzione che si da alla preparazione lavorativa dei giovani (che sono la generazione del cambiamento, e partono già disarmati e battuti anche sotto questo profilo), alle riforme del sistema educativo, potrebbero ricadere nell’emanazione diretta delle scelte scellerate compiute in questo ambito dalle passate generazione politiche (e non).

D’altra parte viene naturale chiedersi (soprattutto ai più strenui aggressori della libertà di espressione come il sottoscritto) se tutto questo sia imputabile solamente alla scarsa preparazione culturale scolastica, o se invece non si vadano delineando le prime conseguenze di una miope e scellerata gestione dell’informazione da parte di intrattenitori televisivi e pubblicitari: facendo leva su stimoli psicofisici per far si che l’essere umano telespettatore mantenga la sua attenzione viva e concentrata (tecnica questa messa in pratica soprattutto in televisione, il cui rapido variare delle immagini porta alla stimolazione dell’attenzione della mente), non lo portiamo forse ad una sorta di dipendenza da questo genere di stimoli?
Non diventa forse molto più piacevole, per l’individuo assuefatto a questi stimoli, mantenere viva l’attenzione sulla televisione (i cui contenuti culturali ho già avuto modo di discutere) anziché prendere anche solo in considerazione altre attività?

Lo sfruttamento degli aspetti psicofisici dell’uomo a fini pubblicitari (e propagandistici) è forse una delle cose più orribili che molti di noi possano immaginare, la manipolazione della mente umana per questi fini dovrebbe essere proibita per legge, e invece viene attuata nell’irresposabile tentativo di massimizzare profitti economici e potere. Le conseguenze del becero arricchimento però, sono tutte da scoprire, e ho paura che quelli citati in testa a questo post siano solo i primi sintomi di ciò che ci aspetta…

Spegnete la tv…

BlogQuote #3

 

Al Gore

E’ la mancanza di partecipazione popolare a lasciare il campo libero a chi del potere abusa. E’ il silenzio al quale il pubblico è costretto a impedire alle persone di unirsi ad altre per cercare, con uno sforzo collettivo, di restituire alla ragione il suo ruolo di mediatore tra la ricchezza e il potere.
Se il pubblico si limita a guardare e ad ascoltare, senza avere voce in capitolo, l’intero esercizio democratico diventa una farsa, […]

p. 76-77, “L’assalto alla ragione”, Al Gore, Feltrinelli, 2007