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La cura del cliente

telecom italia Sono appena rientrato a casa dopo un appuntamento da un cliente, dello svolgimento (e della preparazione) del quale mi piacerebbe renderVi partecipi, anche perché sfiora letteralmente il delicato tema del legame tra università e mondo del lavoro: quello che differenzia un professionista esperto da uno studente universitario volenteroso che si butta nel mondo del lavoro, è il come viene preparato un appuntamento di lavoro da un cliente, come si cura il rapporto con quest’ultimo. L’università può metterci (anche qui ci sarebbe da discutere) la preparazione tecnica, ma l’installazione di un server di posta è un qualcosa alla portata della maggior parte dei professionisti del mondo dell’informatica, a qualsiasi livello di esperienza: quello che fa’ la vera differenza sul campo, è la serietà che si riesce a trasmettere al cliente.

Per questo motivo, questa mattina ero presso un (in un prossimo futuro “mio”) cliente, per un appuntamento “a quattro” con il responsabile del centralino isdn del cliente, il cliente stesso ed un commerciale di Telecom Italia (fornitore della linea dati del cliente) con lo scopo di rivedere e ridiscutere alcuni aspetti tecnici e contrattuali relativi al rapporto tra Telecom e il cliente, in vista dello spostamento dei server di posta e web del cliente da una sala macchine alla sede aziendale. L’appuntamento, fissato dal commerciale di Telecom, era previsto per le 11:30 di questa mattina, presso la sede del cliente in questione. In quanto responsabile dei servizi software e quindi della migrazione dei server in sede, il mio compito era quello di avanzare le richieste necessarie a questo aspetto al commerciale Telecom.

La mia preparazione a questo appuntamento, pur sommerso dal lavoro che in queste settimane di sballottamento si sta accumulando, è stata composta da:

  • Visite ai siti dei principali fornitori di traffico dati a me noti, per verificare le condizioni economiche e contrattuali delle diverse offerte business, in modo da conoscerne i dettagli, i punti di forza e quelli di debolezza, sulla base dei quali contrattare con il commerciale di Telecom sia sull’aspetto economico (ad esempio sulla questione del canone) sia sull’aspetto tecnico (ip statico, banda minima garantita, rapporto di contemporaneità, termini dello SLA)
  • Preparazione di un “piano di battaglia” per la riunione, con scelta degli argomenti da trattare e delle eventuali domande da fare, compresa la valutazione di evitare la questione del “rapporti di contemporaneità” per non mettere “inutilmente” in difficoltà un esponente di un fornitore di servizi con il quale, nel bene e nel male, il cliente dovrà convivere a lungo (trattandosi in ogni caso del principale proprietario del cosi detto “ultimo miglio”)
  • Partenza alla volta della sede del cliente con sufficiente anticipo in modo da evitare ritardi anche in caso di traffico intenso (a Milano oggi piove e tutti i milanesi sanno quanto la città ritorni alla sua condizione di “palude” non appena cadono due gocce d’acqua)

Non si tratta di un trattamento di favore per un “grosso cliente” (il mio guadagno sul contratto di questo cliente è irrisorio), ma del requisito base, secondo me, del fatto che mi viene richiesta (e pagata) una prestazione professionale.

Bene, una volta arrivato dal cliente, alle 11:29 (prima avrei forse disturbato? Meglio restarsene a leggere in auto, o fare colazione in un bar nei paraggi) , scopro che il commerciale di Telecom non è ancora arrivato (mentre il responsabile del centralino si sta togliendo la giacca). Poco male: dopo una telefonata di controllo sul suo cellulare, che non trova risposta, ci mettiamo in comoda attesa cominciando nel frattempo ad accennare agli altri problemi aperti. Alle 11:45, il commerciale telefona dicendo che non si sarebbe presentato, senza fornire ulteriori spiegazioni. Ora, può succedere: capita un contrattempo, un incidente, un errore (errare umanum est). Ma mi fossi trovato io in quella situazione, avrei telefonato il prima possibile (non certo con un quarto d’ora di ritardo, ma probabilmente nemmeno all’orario dell’appuntamento!), conscio del fatto che ad un incontro con altre persone partecipano (guarda un po’) altri professionisti che hanno certamente dovuto allocare del tempo per l’incontro; ma soprattutto, dopo aver esposto le mie sincere scuse, avrei immediatamente chiesto disponibilità per un nuovo incontro, naturalmente alle condizioni di disponibilità del cliente e delle altre persone coinvolte.

Invece non solo il nostro simpatico commerciale non ha chiesto un nuovo appuntamento, ma quando (dopo essere stato richiamato) gli è stata chiesta una disponibilità, ha proposto il mercoledi (giornata che ne io ne il cliente possiamo dedicare a questo incontro) senza condere altre possibilità: il risultato è che lunedi richiamerà per proporre un’altra data (qualcuno ci crede?).

Se questa è la cura del cliente che propone il monopolista uno dei principali player della telefonia in Italia, non mi stupisce il livello di servizio medio che troviamo nel mondo delle telecomunicazioni nel nostro paese. Poi non mi si venga a dire che l’economia Italia sopravvive grazie alle “Grandi Aziende”: l’economia Italia sopravvive nonostante le “Grandi Aziende”.

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Proposte per il 22 giugno

Il 22 giugno, presso lo IULM di Milano, si terrà una manifestazione dal titolo “Condividi la Conoscenza“, che si vuole proporre come punto di partenza e riflessione sull’impatto dei “nuovi media” sulla nostra vita, sulla politica e sull’industria.

Chiamato alle armi dal buon Fiorello Cortiana, ho provveduto questa sera a proporre 3 diversi “nodi di riflessione” a mio avviso particolarmente importanti, e sui quali invito tutti a discutere e confrontarsi. Li riporto anche qui, per dare ulteriore risalto alla lodevole iniziativa.

Quantificazione del valore virtuale
Parlando con un caro amico, non molto tempo fa, mi faceva notare quanto fosse difficile investire in “innovazione” e “nuove tecnologie” in Italia, senza avere adeguati fondi alle spalle.

Questo perchè le banche e le società di venture e capitali, nel nostro paese, misurano ancora la bontà di una proposta di investimento in base alle immobilizzazioni materiali che il richiedente può portare. Questo aspetto è stato ulteriormente evidenziato quest’oggi durante un incontro presso il Politecnico di Milano, al quel ho partecipato.

Nel campo della cultura, quali immobilizzazioni possono essere “spese” per ottenere un investimento? Praticamente solo brevetti e diritti d’autore o di “proprietà intellettuale” (detesto questo termine, perdonatemi), che a mio avviso sono solo briglie e freni all’innovazione, alla produzione di cultura ed alla sua diffusione.

E’ assolutamente necessario che si faccia una seria riflessione, e si trovino delle proposte applicabili ed efficaci, per consentire una quantificazione oggettiva della bontà di un investimento in un ambito come quello della cultura, o dell’industria del software, dove le immobilizzazioni materiali non hanno praticamente necessità di esistere.

Pubblico dominio materiale
Quando si parla di “proprietà pubblica”, si pensa sempre ad aquedotti, autostrade, ferrovie. E quando queste proprietà vengono in qualche modo intaccate dalle privatizzazioni, si sentono salire urla di protesta. Tutto corretto, tutto assolutamente condivisibile, ma tutto, strettamente, materiale.

La privatizzazione delle infrastrutture di comunicazione, tanto importanti per la produzione e la diffusione della conoscenza, non arreca forse un danno paragonabile, se non superiore, alla privatizzazione di acquedotti, autostrade e ferrovie?

Come può una rete di larga banda (ma anche una rete di fonia, o la semplice proprietà ed efficienza di una emittente televisiva statale di qualità) che si confronta con mere logiche di profitto, senza tener conto di quelle che sono le esigenze culturali dei cittadini?

Bisogna che si prenda coscenza che l’infrastruttura di rete e (tele)comuncazione del nostro paese è un bene primario per la stessa economia italiana, e come tale, va difesa e rigidamente controllata.
La rete internet italiana non può essere in mano ad un monopolista (in palese conflitto di interessi, tra l’altro) come Telecom, i cui disservizi sono ormai divenuti barzellette fuori dai confini del nostro paese.

Riduzione del Digital Divide
Il termine “digital divide” purtroppo viene usato in modo piuttosto variegato, quindi la riduzione dello stesso è qualcosa di poco tangibile.
In questo caso, per “digital divide” intendo il divario culturale che impedisce a tutti i cittadini di fruire liberamente dell’innovazione (altro termine abusato, a mio avviso), di fatto creando cittadini di serie A e cittadini di serie B, e contribuendo quotidianamente ad ingigantire questo divario.

A mio avviso sarebbe necessario riflettere su quali ragionevoli proposte possano essere avanzate per combattere efficacemente questo problema.

Un punto da tenere presente è che piu che stimolare un’offerta (formativa?) che già per altro esiste, anche in maniera alquanto diffusa, e prima ancora di trovare i criteri economico/fiscali atti a spingere questa “riduzione”, è importante comprendere che va stimolata la richiesta stessa, rendere i cittadini stessi partecipi di questo processo, perchè nessun tipo di forzatura, nel campo della conoscenza, è in grado di portare benefici a medio/lungo termine.

Il giorno che l’Italia scopri l’infrastruttura di Rete

Andamento in borsa di Telecom (ultimo mese)Impazza in questi giorni la discussione riguardo Telecom e le offerte per il suo acquisto provenienti dalla cordata messicano-statunitense della AT&T. L’offerta pervenuta al CDA dell’azienda di telecomunicazioni italiana infatti, è molto allettante (oltre 2.82 euro per azione, quando il loro valore prima che si diffondesse la notizia dell’offerta si assestava intorno ai 2,13) ed ha già portato un notevole incremento del valore delle azioni stesse in borsa (con l’impennata di ieri, il titolo è passato da 2,13 a 2,34 euro per azione) che taglierà ulteriormente fuori dai giochi la fantomatica cordata italiana che avrebbe dovuto fronteggiare “lo straniero” e assicurare Telecom a mani italiane.

La preoccupazione, stranamente, dei politici e dei giornalisti (e dei cittadini di conseguenza) è in particolarmente puntata sull’infrastruttura di rete, che (paradossalmente) è di proprietà di Telecom, nonostante sia un bene prezioso per la vita stessa dello Stato, mettendosi al riparo da pericolose ingerenze straniere, e per garantire la concorrenza sul mercato (cosa di cui ci si lagna già da parecchio tempo ormai nel settore). Dopo aver malamente svenduto un bene dello Stato in una pura ottica di privatizzazione barbara, buttanto letteralmente nel cesso miliardi di investimenti (Telecom vanta tra le altre cose una grossa rete in fibra ottica, già posata, completamente in disuso) e senza l’accortezza di dividere il controllo del mezzo fisico dalla fornitura dei servizi, ora lo Stato (nella sua accezione piu generale, inteso come “i cittadini italiani”) si rende conto che la sua libertà di comunicazione (e di intercettazione, ho letto, “doh!”) è in pericolo. Te la sei cercata, Italia. Te la sei cercata come cercano la multa coloro che superano la coda sulla corsia d’emergenza. Hai voluto far la furba? Ed ora resti scottata.

A questo punto, quello che spero sincerament, è che il Governo Prodi metta da parte il buonismo che ostenta per paura di critiche, e faccia (anche in questo caso) il bene del Paese, separando per legge infrastruttura fisica e fornitura del servizio (e ci sono motivazioni a livello di concorrenza che metà bastano, per farlo). Questo era già nei piani di Rovati in realtà, ma il buon Tronchetti Provera, che deteneva il controllo di Telecom (e la sua presidenza) con il suo 0,8% di azioni, non aveva trovato l’iniziativa di suo gradimento, e non se ne era fatto piu nulla.

Ora è giunto il momento di fare le cose con la forza. Statalizzare l’infrastruttura. Come sono/devono essere statali le autostrade, gli acquedotti, la rete elettrica, l’acqua…