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Test ride: Ducati Streetfighter S

Ducati Streetfighter S

Terza puntata dedicata alle moto provate durante la tappa bergamasca del Ducati Tour: parliamo della Streetfighter, la super-naked derivata direttamente dalla supersportiva 1198.

Il look

Le linee estreme di questa moto ricordano molto da vicino la supersportiva da cui deriva, la 1198: non solo il disegno di serbatoio e codone sono molto simili (eccezion fatta per lo scarico, collocato lateralmente anziché sottosella), ma il faro anteriore, nella parte bassa, è stato disegnato appositamente per rimandare alle prese d’aria anteriori della superbike Ducati.
Eletta “la moto più bella” all’epoca della presentazione, all’EICMA dello scorso anno, non si può certo dire che guardandola non incuta un certo timore reverenziale: l’importante radiatore anteriore, le linee nette ed aggressive, l’aspetto compatto e pieno della fiancata, il grintosissimo forcellone monobraccio e i freni da supersportiva sembrano sprigionare cattiveria da ogni angolazione.
In questa versione S, questa aggressività risulta ulteriormente accresciuta dall’adozione copiosa di fibra di carbonio, nonostante la colorazione nera (disponibile solo per la versione S) non contribuisca ad esaltare i contrasti (ad esempio con il paramotore) che invece emergono, in tutto il loro splendore, nel più “classico” vestito rosso (unica colorazione disponibile su entrambe le versioni). Sulla sola versione standard è disponibile anche il color bianco perla.

Il motore

Su una streetfighter estrema come la Streetfighter, Ducati non poteva esimersi dal montare il motore più potente a sua disposizione, il Testastretta Evoluzione, direttamente derivato dalla famiglia delle superbike: si tratta di un bicilindrico ad L, raffreddato a liquido, 4 valvole per cilindro, distribuzione Desmodromica, cubatura 1099cc, in grado di scaricare sull’asse dell’albero motore 155 cavalli e una coppia massima di 115 Nm, il tutto al comunque ridotto regime di 9500 giri. Il tutto non suonerebbe poi così esagerato, se la moto non pesasse solamente 167kg (169 nella versione ordinaria): per dare un’idea del risultato finale, questa moto è in grado di percorrere i 400 metri da ferma in poco più di 10 secondi, passando da 0 a 100 km/h in 3,3 secondi netti. E stiamo parlando di una naked.
L’erogazione di questa moto è davvero brutale: ai bassi regimi, sotto i 3000 giri, la moto strattona decisamente, costringendo a pelare la frizione per farla scorrere ai minimi e ad un lavoro certosino per riuscire a metterla in movimento senza spegnerla e senza trovarsi con l’anteriore che guarda il cielo. Già a 4000 giri infatti, la coppia è tanto importante da non essere ponderabile su una strada aperta al traffico: fatto sta che se la mano destra insiste anche solo leggermente sull’acceleratore, ci si trova con la gomma anteriore alzata da terra, sia in prima che in seconda marcia (e in terza basta un pelo di frizione per far “galleggiare” la gomma anteriore).

La ciclistica

Il telaio della Streetfighter deriva anch’esso direttamente da quello delle superbike, nonostante il passo sia leggermente allungato (1475mm): si tratta dell’ALS 450, un traliccio di tubi in acciaio. La forcella piuttosto aperta (25,6°, contro i 24,5° della 1198S ed i 24° del Monster 1100) cerca di dare maggiore manovrabilità a questa moto, altrimenti destinata ad essere sostanzialmente inutilizzabile se non in pista.
Il reparto sospensioni differisce tra la versione ordinaria e la versione S: su quest’ultima troviamo all’anteriore una forcella Öhlins a steli rovesciati da 43mm (completamente regolabile naturalmente) di derivazione sportiva, mentre sulla versione standard ci si deve “accontentare” di una Showa di concezione più stradale. Stesso discorso al posteriore, dove attaccati allo splendido forcellone monobraccio troviamo un mono Öhlins completamente regolabile e dotato di contromolla per la versione S, un più semplice Showa completamente regolabile per la versione più economica.
Altra differenza non solamente estetica tra le due versioni, i cerchi: realizzati in lega leggera a 10 razze sulla versione ordinaria, sono forgiati e a sole 5 razze sulla versione S. Inoltre la versione S è dotata di controllo di trazione e DDA (Ducati Data Analiyzer), che sono invece assenti sulla versione ordinaria.
Condiviso invece l’impressionante impianto freni: sui due dischi semiflottanti da 330mm che la Streetfighter monta all’anteriore, lavorano pinze monoblocco Brembo ad attacco radiale con 4 pistoncini e due pastiglie; al posteriore sul disco da 245mm lavora una pinza a due pistoncini. Si tratta di un impianto frenante concepito per la pista, ed il risultato su strada è semplicemente spaventoso: viste le condizioni ordinarie delle nostre strade (soprattutto dopo un acquazzone, come capitato al sottoscritto) è necessario prestare estrema attenzione ad ogni pinzata, cercando di mantenere una certa gradualità e leggerezza, evitando così il blocco dell’anteriore (che significherebbe naturalmente finire lunghi distesi sull’asfalto). Non oso immaginare cosa potrebbe succedere strizzando l’impianto a seguito di una situazione imprevista su strada…

La guida

La Streetfighter non è certo una moto comoda: la sella altissima (840mm, nonostante l’appoggio a terra risulti comunque quasi accettabile) costringe ad una posizione di guida è molto caricata sui polsi, molto simile a quella delle supersportive; le vibrazioni sono piuttosto importanti (soprattutto per chi è abituato a guidare un quattro cilindri), al punto che possono risultare fastidiose nella guida “rilassata”. Il comando della frizione (a secco), sebbene idraulico, è rigido al punto da essere scomoda da azionare. Il cambio è precisissimo e cortissimo, esattamente come ci si aspetterebbe da una moto pensata per girare in pista. Fuori discorso affrontare lunghi viaggi con questa moto: nonostante sia omologata per due, inoltre, la posizione del passeggero è ben più che sacrificata, cara grazia che ci sono anche le pedane…

Conclusioni

La Streetfighter è una moto “estrema”: questo aggettivo ben racchiude l’impressione che si ha togliendo il casco al termine di un giro che sebbene breve (30 minuti), ho dovuto condurre con estrema attenzione. Alla guida di questa Ducati, su strade aperte al traffico, bisogna restare costantemente concentrati sulla propria guida, prestando attenzione a gas e freni per non commettere errori, che difficilmente questa moto sarà contenta di perdonarvi. Si rischia di far divenire faticoso quello che dovrebbe essere un piacere ed un divertimento.  Indubbiamente è una moto inadatta a piloti che non abbiano già maturato una certa esperienza: molto più divertente ed appagante sarà (immagino), per piloti più scafati del sottoscritto, girare in pista con questo bolide che nella sua versione S costa la modica cifra di 18.700 euro chiavi in mano (“solo” 14.990 per la versione standard).

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