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Indietro tutta!

Cristiano Corsini via Flickr

Dicendo che ho l’impressione che l’Italia non sia tra i paesi più avanzati del mondo non stupisco di certo nessuno. Eppure negli ultimi tempi ho l’impressione che chi spinge affinché l’Italia torni ai suoi “fasti medioevali” stia abbandonando un po’ del pudore che fino ad ora ha contraddistinto le sue azioni e si stia facendo sempre più temerario.
Non mi riferisco chiaramente ad un singolo individuo, ma l’idea (tipicamente italiana) che il singolo debba essere “furbo” e trarre giovamento dalla società, senza per questo ottemperare ai doveri che ne rendono possibile il sostentamento stesso, è piuttosto diffusa nel “Bel Paese” e sembra avere tra i suoi massimi esponenti alcuni personaggi di cui ultimamente la cronaca ha avuto modo di occuparsi.

Penso ad esempio ai discorsi di Marchionne e Tremonti al meeting di Comunione Liberazione a Rimini (abbondantemente finanziato, non è chiaro perché, con 234.000 euro di fondi pubblici della Regione Lombardia), in cui sono state messe in discussione conquiste storiche come la “sicurezza sul lavoro” (“un lusso che non possiamo permetterci” che Tremonti vorrebbe cancellare per rendere l’Italia competitiva nientemeno che con la Cina) o il diritto di sciopero (Marchionne). All’amministratore delegato di FIAT risulta evidentemente scomodo trasferire la produzione nei paesi del terzo mondo, come ci hanno abituato a fare le imprese italiane, preferisce lasciare la produzione in Italia a patto che gli italiani lavorino alle condizioni dei paesi non industrializzati: un tozzo di pane e calci nel culo. Il prossimo passo, verosimilmente, sarà la ripresa dello sfruttamento del lavoro minorile, poi il rilancio del lavoro duro in miniera, la cancellazione del voto alle donne…

Penso poi al rifiorire (non è una novità, naturalmente) del razzismo più gretto, frutto esclusivamente dell’ignoranza profonda in cui versa la stragrande maggioranza dei nostri concittadini: penso al pestaggio del vigile nel quartiere Corvetto di Milano, penso agli sgomberi forzati, penso alle condizioni disumane in cui teniamo incarcerati nei “centri di identificazione ed espulsione” persone che hanno commesso spesso e volentieri il solo crimine di essere nati in altre zone del mondo, penso al fatto che siamo tra gli ultimi paesi a non avere tutt’ora recepito la normativa europea che sancisce pene severe per i reati legati all’omofobia (se per questo, non rispettiamo neppure il trattato di Ginevra che prevede pene contro la tortura…)

Penso all’informazione in mano ad una ristretta schiera di foschi personaggi, al punto che per poter parlare alla gente, il principale partito d’opposizione sta pensando di organizzare una campagna “porta a porta”!
Penso ad un governo che pensa ai propri interessi e non a quelli dei cittadini che li hanno eletti (al punto che mentre la Mondadori si esenta dal pagare una sontuosa multa, l’Italia è il fanalino di coda della “ripresa” economica europea, praticamente immobile nel bel mezzo della crisi).

Magra consolazione pensare che i francesi, al momento, hanno altro a cui pensare: nel tentativo (vano, a giudicare dai sondaggi) di recuperare voti, il presidente Sarkozy ha lanciato una campagna di espulsione dei Rom rumeni insediati sul territorio francese, con metodi che richiamano fin troppo da vicino quelli applicati dai nazisti durante le retate della seconda guerra mondiale. E se Sarkozy si è beccato un monito dal Vaticano, fa impressione pensare che anche in Francia il dibattito non verte più sulla legittimità di quanto si sta facendo (i rumeni sono cittadini europei, e come tali devono poter girare indisturbati per tutto il territorio dell’Unione, le regole non possono valere solo quando ci fa comodo), ma sul fatto ce Sarkozy lo stia facendo o meno con il bieco intento di raccimolare voti facendo leva sull’ingiustificata ed indotta paura della gente verso tutto ciò che è “diversi” (come da anni fa la Lega in Italia, aggiungo) oppure se effettivamente si tratti di un provvedimento preso con convinzione.

Ed infine, per gravità, tutto questo nel quasi totale silenzio della così detta “società civile”, che a questo punto non direi più “addormentata”, ma in “coma irreversibile”…

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Privacy, conseguenze dell’ignoranza diffusa

jenny downing via Flickr

jenny downing via Flickr

Il tema della privacy comincia ad essere trattato, qua e la, in giro per la rete. Ogni tanto, magari in occasione di qualche “buco”, capita anche che ne parlino le testate giornalistiche maggiori (come è successo qualche giorno fà con la questione legata alle nuove “condizioni d’uso” di Facebook.

Eccezion fatta per questi sporadici e fortuiti casi, però, il problema di fondo rimane ed è quello della completa assenza di una “cultura della privacy” (ed è un problema che non riguarda la sola Italia): se gli utenti si interessassero della loro privacy, della Data Retention e di tutte le altre questioni che ruotano intorno a questo delicato tema, trovereste forse qualcuno che di fronte all’annuncio della nuova rete unificata di sorveglianza milanese risponderebbe “non ho niente da nascondere”? O pensate piuttosto che Facebook ci avrebbe pensato due volte, prima di cambiare unilateralmente e senza dare adeguate spiegazioni le sue “condizioni d’uso”?

Il problema principale, d’altra parte, non stà nel fatto che vengano lasciate online, dagli utenti, loro informazioni più o meno private e personali: il vero cuore della questione è che ne sono assolutamente all’oscuro; non c’è percezione del valore delle informazioni che consegnamo in giro per la rete e la più ovvia e logica conseguenza di ciò è che ci lasciamo abbindolare dal primo che passa, salvo poi urlare e strepitare (al limite riportando belantemente quanto scritto da altri) nel momento in cui ci rendiamo conto di essere stati fregati, di aver concesso troppo.

Purtroppo prima o poi il caso esploderà seriamente, arrivando (magari con qualche secondo fine) all’attenzione della nostra inetta e profondamente ignorante (specchio d’altra parte della società in cui viviamo) classe politica; a quel punto, come quasi sempre accade, la questione verrà affrontata e “risolta” malamente, con il “proibizionismo”. D’altra parte così come capitato con il Decreto Pisanu e le reti wireless, o con la questione del copyright e del peer-to-peer, è molto semplice vietare un progresso tecnologico che cercare di comprenderlo, gestirlo e guidarlo…

Un kaiten-zushi come metafora della società?

2358931651_f8e4226ae4.jpgQualche tempo fà ero a cena in un sushi bar (che novità, eh? :P) e il caso ha voluto che mi sedessi quasi al termine del kaiten-zushi , pochi posti oltre una coppia di ragazzi.

Per chi non avesse in mente cos’è un kaiten-zushi e come funziona, si tratta di un nastro trasportatore circolare, sul quale il cuoco posiziona le pietanze (generalmente sushi e maki di vario genere, oltre che alcune verdure) che passano poi di fronte agli avventori, seduti su sgabelli lungo il percorso del nastro trasportatore (un po’ come fosse un bancone dei nostri bar) e si servono prendendo direttamente il piatto dal nastro trasportatore. A seconda del colore dei piattini, alla cassa vi verrà poi preparato il conto (nel caso del ristorante dove mi trovavo quella sera, in realtà, la cosa è più facile: per la modica cifra di 15 euro si può mangiare tutto quello che passa sul kaiten).

Questa coppia di ragazzi, evidentemente impaurita (ingiustificatamente, come potete immaginare) dal fatto che il cibo sul kaiten potesse finire prima che i loro delicati pancini potessero riempirsi ed assolutamente incurante del fatto che “a valle” c’erano altri avventori, continuavano a prendere i piatti più invitanti dal kaiten e ad accatastarli di fronte a loro. Come degli scoiattoli con le provviste invernali. Inutile dire che a fine serata, una discreta parte di ciò che avevano “accatastato” è rimasta lì, intonsa ed ormai immangiabile.

La cosa ha portato la mia mente bacata a immaginare che in qualche modo il kaiten-zushi fosse, in quel momento, una metafora della nostra società. Ognuno di noi deve in fondo il proprio sostentamento all’esistenza degli altri, ognuno si trova “a valle” di qualcun altro nella catena (non solo di quella alimentare).

Purtroppo molti italiani (capita meno di rado negli altri paesi, ho potuto constatare) ragionano nell’ottica del “prima io, poi gli altri”, esattamente come i ragazzi di quella sera. Sono purtroppo ormai diversi anni che constato questo modo di pensare e la situazione non è certo migliorata, strada facendo, anzi: basti pensare all’incapacità di noi italiani di metterci diligentemente in fila per accedere ad uno spettacolo cinematografico, o ai “furbi” che superano la colonna di auto viaggiando sulla corsia d’emergenza, o ancora coloro che acquistano un SUV perchè “così io mi faccio meno male se ho un incidente”.

Siamo dunque fatti irrimediabilmente così, noi italiani?

Gay Pride

Abbracciamoci, aspettando Bologna!Oggi a Bologna si è tenuto il Gay Pride nazionale 2008. Tra le polemiche legate al ritiro del patrocinio del ministero per le pari opportunità condotto dal ministro Mara Carfagna ed a quelle che costantemente attorniano il mondo dell’attivismo omosessuale, c’è un aspetto sul quale vorrei spendere qualche parola, di cui vorrei esaminare insieme a voi i due diversi punti di vista, dando per scontata (concedetemelo) la mia assoluta non avversione nei confronti del movimento stesso.

L’aspetto che vorrei toccare è quello, sempre molto delicato, dell’esibizionismo legato alla manifestazione in oggetto: tralasciando per una volta l’inutile precisazione che non si deve fare di tutt’erba un fascio (aspetto che possiamo ormai dare per scontato ed assodato), guardando le foto proposte da Repubblica.it viene spontaneo domandarsi a chi giovino alcune manifestazioni pubbliche.

Vedere infatti persone spesso vestite succintamente in atti di puro esibizionismo, non giovano all’immagine degli omosessuali soprattutto nei confronti di quelle persone che ancora si trovano a doversi confrontare con i pregiudizi tipici di questo fenomeno (finendo per altro con il fare di ogni erba un fascio, come prima si accennava, vanificando in poche ore sforzi importanti durati magari anni). A volte mi dico che il movimento omosessuale avrebbe prima di ogni altra cosa bisogno di normalità, forse addirittura di passare “inosservato” nello scorrere quotidiano della vita, segno di completa integrazione, accettazione, di mancanza di diffidenza: se è giusto e corretto chiedere integrazione ed uguaglianza, come questo si concilia con il differenziarsi ad ogni costo una volta l’anno? Che cosa penseremmo se i precari della Vodafone o della Pubblica Amministrazione organizzassero una manifestazione per le vie del centro di Milano, urlando e cantando in “desabillé”?

D’altro canto, una manifestazione come quella del Gay Pride ha una doppia valenza: da un lato si tratta di una festa (e come tale, si festeggia, non si tiene “il muso”), dall’altro serve a richiamare l’attenzione su un aspetto della nostra società che spesso viene dimenticato, relegato nel rumore di fondo, perso sotto plichi di carte. Gli omosessuali attendono ancora oggi, dopo anni e con un colpevole ritardo rispetto agli altri paesi europei, il riconoscimento (ed il rispetto) di molti diritti fondamentali dell’uomo, quali la non discriminazione, il diritto di amare (non dimentichiamolo). Diritti che se neppure la pur benevola visione sospinta dal recente Governo Prodi ha saputo sancire definitivamente (la componente cattolico-cristiana della maggioranza ha strategicamente colpito ed affondato ogni tentativo di legiferare in questo senso, arrivando a manifestazioni di dubbio gusto come il Family Day), è inutile pensare che avranno una anche minima attenzione positiva da parte dell’attuale Governo in carica: per altri cinque anni almeno, i diritti delle coppie omosessuali saranno stracciati e calpestati come quotidianamente accade da molti anni, in una società che ancora fatica (e parecchio) ad accettare le differenze che la caratterizzano, rendendola tra l’altro più ricca e vivace.

Gad Lerner sui fatti di Verona

[ Fonte: Gad Lerner – Il blog del Bastardo – » Verona, non solo skinheads ]

skinhead...Se la vittima del pestaggio di Verona fosse stato uno straniero anziché il povero Nicola Tommasoli, un giovane dei “nostri”, oggi la città vivrebbe il medesimo turbamento? Ne dubito, visto lo scarso rilievo attribuito finora alle scorribande contro gli immigrati perpetrate sistematicamente da anni in quel territorio dal “Fronte Veneto Skinheads” e da altre squadracce fasciste e padane, sedicenti cristiane o pagane, nel nome della lotta contro la società multietnica e il “mondialismo”. Nessun leader politico si è mai sognato di impostare la sua campagna elettorale contro i soprusi fisici, sessuali, culturali, inflitti ai nostri nuovi vicini di casa colpevoli di generare allarme sociale. Il tema non sarebbe redditizio come lo è invece ergersi a paladini della sicurezza minacciata dall’invasione degli “estranei”.
Se al contrario fosse stato un criminale straniero a ridurre in fin di vita Nicola Tommasoli nel centro di Verona, non oso immaginare la rincorsa dei proclami e delle fiaccolate.

Dove devo mettere la firma? Gad Lerner tocca le corde giuste, ancora una volta. Purtroppo su questo aspetto è la sinistra, che dovrebbe per sua natura spingere per l’integrazione e la denuncia di soprusi simili, a mancare maggiormente. Sono anni ormai che “la questione sicurezza” è la migliore delle corde della destra più estrema (ed i risultati di Lega e estremisti la dice lunga sotto questo aspetto), mentre noi siamo assolutamente incapaci di reagire, di fornire risposte a questo problema sociale e tutt’al più ci mettiamo a fare coro comune con i neo-fascisti (come successo a Roma, in piena campagna elettorale).

Consiglio sentitamente la lettura dell’articolo di Gad… Povera Italia…

Una necessaria crudeltà

Aula Sfido a dire che le nostre università sfornano eccellenza. Sfido non perché di eccellenze non ce ne siano (ne conosco personalmente alcune, che tra l’altro non vengono riconosciute come tali dal “sistema università”), ma perché la qualità media dei laureati che esce dalle nostre università (in particolar modo da quelle scientifiche) è piuttosto scadente; non si tratta neppure di un problema di studenti tra l’altro: loro sarebbero anche (spesso) ben intenzionati, magari dotati della necessaria passione.

Parte del problema è senza dubbio relativo alla formazione pre-universitaria (i licei italiani che puntano al ribasso non aiutano certo l’università ad eccellere) e in alcuni casi la lentezza stessa dell’università (italiana e non) ad adattarsi ai mutamenti tecnologici che investono il nostro mondo: ad oggi, parte delle nozioni apprese al primo anno di università risulteranno carenti o inadeguate già alla fine del terzo.

Il problema maggiore però, secondo la mia modesta opinione, è un problema metodologico: non c’è selezione. Come possiamo pensare di individuare le eccellenze in un sistema concepito per dare la laurea a tutti gli studenti, possibilmente con il massimo dei voti? Pensiamo un po’ a quali sono i paesi che oggi sfornano realmente eccellenza: India e Cina. Con 1 miliardo di abitanti a testa, la selezione è feroce (e spesso crudele), fatta letteralmente con la mannaia del macellaio, ma chi sopravvive al processo è realmente “il meglio” tra un miliardo di abitanti; chi non sopravvive invece, si troverà semplicemente in una società che non pretende la laurea come fonte di accettazione sociale.

Cosa impedisce allora alle nostre università l’attuazione di una selezione (non serve andare così in profondità come devono fare India e Cina, tra l’altro), per far si che emergano realmente e siano adeguatamente valorizzate le eccellenze?

  • Senza dubbio, la necessità di adeguarsi alle altre nazioni europee: se la Francia sforna un milione di laureati all’anno, cosa succederebbe se questo non accadesse anche in Italia (oltre al sentirci “inferiori” come nazione)?
  • La necessità sociale di eccellenza (quantomeno apparente): oggi se non sei laureato non sei nessuno, e spesso fatichi anche a lavorare (o almeno così dicono). Le scuole superiori sono sempre più un’anticamera esclusiva dell’università, non insegnano nulla che non sia volto alla successiva “carriera” universitaria, non insegnano un mestiere, non danno indipendenza. E’ previsto, che dopo il liceo si passi in ateneo: è inevitabile, è ineluttabile, è socialmente imposto; e sono convinto che i primi a soffrire di questa imposizione siano proprio i genitori degli studenti…
  • La necessità di una formazione di base adeguata: come dicevo al punto precedente, i licei oggi non insegnano più un mestiere. Non che lo faccia l’università, ma in mancanza di un mestiere si continua a studiare, in attesa che prima o poi, qualcuno (spesso semplicemente il caso) insegni allo studente a fare qualcosa di pratico, di lavorativo. Vent’anni fa, forse, era il liceo a dare le basi lavorative agli studenti, che non avevano quindi bisogno (ne spesso le possibilità) di frequentare un ateneo: oggi chi darebbe lavoro su due piedi ad un “maturando” di un istituto tecnico?

Mi rendo conto che questo pensiero sia piuttosto pericoloso (soprattutto nei confronti del sottoscritto che non può dirsi un’eccellenza universitaria) e delicato, ma l’idea di iniziare e condividere la riflessione qui, magari con la possibilità di discuterne più approfonditamente con voi, confrontando idee diverse, mi sembra utile.

Governo: a che punto siamo?

Che il centro-destra abbia maggiori capacità comunicative rispetto alla coalizione di Governo, non è certo una novità (ne completamente merito loro). Continuano a parlare di “fallimentare governo di sinistra”, che a me però cosi fallimentare non sembra; voglio allora cercare di fare un po’ il punto della situazione, cercando di capire cosa è stato fatto e cosa invece ancora rimane da fare, nei prossimi anni. Elenco di seguito qualche punto, in puro ordine casuale. Se a qualcuno venisse in mente dell’altro, sarò ben felice di integrare queste poche righe.

(Economia) – Lotta all’evasione fiscale

E’ certamente il grande fiore all’occhiello di questo Governo. Che che ne dicano a destra (rode dover pagare le tasse, eh Silvio? Rode dover assumere gli extracomunitari che prima erano in nero, vero “piccoli imprenditori”?), la lotta all’evasione fiscale ha portato i necessari frutti (materializzati momentaneamente nell’extragettito fiscale dello scorso anno), al punto che quest’anno non sarà necessario aumentare ulteriormente la pressione fiscale per continuare sulla strada del risanamento economico, assolutamente necessario dopo che il Governo Berlusconi aveva lasciato buchi un po’ ovunque (lasciando naturalmente le sanzioni Europee sulle spalle del successore, come sono soliti fare, e come è capitato anche con TFR e Digitale Terrestre).

Nei prossimi anni sarà sicuramente necessario proseguire nella lotta all’evasione fiscale, magari riducendo anche, ove possibile, la pressione fiscale proporzionalmente al reddito. E’ un circolo virtuoso doloroso da avviare, ma che porterà evidenti benefici al paese. Sapevamo, alla vigilia delle elezioni, che ci sarebbe stata “la stangata”, era prevedibile. Ora sappiamo che fatto il sacrificio, si cominciano a vederne i benefici…

(Esteri) – Politica estera

Quando l’attuale Governo è salito al potere, avevamo i soldati in Iraq ed in Afghanistan, entrambi sotto attacco per decisione unilaterale del governo degli Stati Uniti d’America e non sotto l’egida dell’ONU. Oggi, i militari hanno lasciato l’Iraq e sono rimasti in Afghanistan sotto l’egida dell’ONU. Purtroppo si è reso necessario (a fronte di pressioni proprio delle Nazioni Unite) un intervento (realmente stavolta) di pace in Libano. Il Ministro D’Alema sta seguendo da vicino lo svilupparsi della situazione internazionale, soprattutto nello scenario mediorientale, e la moratoria contro la pena di morte ha raccolto i primi successi di questo importante impegno italiano in politica estera.

Bisogna proseguire su questa strada, soprattutto ora che anche la Francia si ritrova con posizioni vicine a quelle degli USA, per spingere a livello internazionale verso soluzioni pacifiche e non armate, soprattutto nei confronti di quelli che sono stati definiti per decisione unilaterale statunitense i “paesi canaglia” e che rischiano (a partire dall’Iran) di essere oggetto di nuovi scenari bellici già nei prossimi mesi. Obiettivo principale, naturalmente, la definitiva approvazione della moratoria contro la pena di morte.

La concessione della base USA a Vicenza non ha certo aiutato l’opinione pubblica all’apprezzamento dell’operato del Governo su questo fronte. Un tasto dolente che andrebbe rivisto…

(Lavoro) – Lotta al precariato ed al lavoro nero

In parte questa parte giova delle iniziative di lotta all’evasione fiscale, in parte di provvedimenti mirati alla riduzione della pressione fiscale alle aziende che assumono dipendenti (il cuneo fiscale).

Purtroppo il cammino è ancora (molto) lungo e travagliato, perché su questo argomento la maggioranza non è compatta. Rimangono da discutere seriamente aspetti come la riforma delle pensioni (a cui si continuano a mettere pezze) e la lotta al precariato.

(Ambiente) – Fonti d’energia rinnovabili

Nell’ultima finanziaria erano previsti numerosi incentivi per il passaggio a fonti di energia rinnovabile, o per la riduzione dell’inquinamento (incentivi per la sostituzione delle vecchie caldai, o per l’acquisto di automobili Euro4). Si può discutere sull’efficacia reale delle soluzioni proposte, ma è sicuramente un passo avanti importante.

(Economia) – Tutela dei consumatori

Numerosi provvedimenti sono stati presi per la tutela dei consumatori: alcuni hanno già raggiunto, almeno in parte, lo scopo prefissato (ad esempio l’abolizione dei costi di ricarica), altri sono in corso d’opera (liberalizzazioni di benzinai, farmacie), altri ancora “hanno da venì” (riforma della Rai, legge sul conflitto d’interesse).

Il lavoro è ancora lungo, ma la strada è quella giusta (purchè si presti attenzione a quello che si fa…).

(Istruzione) – Provvedimenti per le scuole e le università

A fronte dei controversi tagli economici alle università (che mi auguro possano essere risolti nei prossimi anni grazie alle maggiori entrate fiscale ed alla ripresa economica, a patto che le università riformino le proprie strutture interne), il Governo ha attuato numerosi interventi a favore della scuola pubblica (sono stati assunti numerosi nuovi insegnanti con l’ultima finanziaria).

Naturalmente non si cambia il mondo in 2 anni, e gli aspetti sui quali intervenire sono ancora moltissimi. La strada però è quella giusta: l’istruzione e la formazione sono valori centrali per una società sana e vivibile, e bisogna incentivarli.

(Società) – Unioni Civili, PACS, DICO

Sono sicuramente la grande nota dolente delle politiche sociali di questo esecutivo. Le spaccature interne in materia di Unioni Civili hanno rimandato a lungo il confronto, al punto che il provvedimento è stato da molti “dato per disperso”. In realtà la ripresa del dibattito sulla questione è stata programmata al termine delle votazioni sulla legge finanziaria attualmente in discussione, e quindi già da fine novembre.

Vedremo cosa sarà possibile fare insieme agli integralisti cattolici. Purtroppo sapevamo sin da buon principio che sarebbe stato un argomento delicato (al punto che Mastella non avrebbe firmato questo punto sul Programma, prima delle elezioni).

(Società) – Sicurezza sociale

Altra nota dolente, sulla quale il centro-destra fa molta propaganda e sulle cui posizioni purtroppo si è andata recentemente allineando anche parte della coalizione di Governo.

Quando qualche mese fa parlavo della necessità di fare della sicurezza sociale un tema di sinistra, dicevo anche che andava fatto nell’ottica dei valori di riferimento della sinistra, non copiando i temi della destra!

E’ importante invertire la rotta, intervenendo a favore dell’integrazione sociale, della comunione dei valori, della contaminazione culturale, con un occhio lucido e facendo piazza pulita delle posizioni razziste che ultimamente sono emerse anche nella maggioranza.

(Giustizia) – Snellimento del sistema giuridico

La riforma del sistema giuridico è uno dei molti punti delicati che ancora rimangono da affrontare. La situazione è difficile e delicata (si rischiano sempre le ingerenze) , ma va assolutamente affrontata, con una riforma pesante e strutturale. Solo una volta che si avrà a disposizione un sistema giuridico degno di questo nome, sarà possibile tentare di far rispettare realmente le leggi (anche ai politici stessi).

(Politica) – Abolizione/modifica delle leggi vergogna

Le Leggi Vergogna sono numerose e disparate, non credo ne esista un elenco definito. La Gasparri, la Bossi-Fini, la Biagi, sono tutti provvedimenti che vanno rivisti e ripensati, integrati eventualmente con gli ammortizzatori sociali necessari alla loro equa applicazione (con particolare riferimento alla legge Biagi). Purtroppo su questo lavoro sarà difficile fare vera comunicazione, perché molte modifiche a queste leggi rientrano in provvedimenti diversi (ad esempio la Gasparri viene in parte modificata dai provvedimenti di riforma dell’asset mediatico attualmente in discussione).

Anche la legge elettorale, “la porcata”, sarà da ritoccare. La mia personale posizione su questo aspetto l’ho già trattata in un altro post, a cui rimando.

Conclusioni personali

In conclusione, il lavoro è stato cominciato ed il mio bilancio personale piuttosto positivo. Non ci si può aspettare che tutti gli argomenti vengano trattati insieme (sarebbe anzi un po’ controproducente), ne che se ne vedano gli effetti in un men che non si dica. La situazione va lentamente migliorando, paradossalmente più in fretta di quanto non mi fossi aspettato alla comunicazione dei risultati delle elezioni, nell’aprile 2005.

La strada intrapresa è quella giusta, se poi l’opposizione la smetterà di fare puro ostruzionismo (riportando il dibattito politico ad essere minimamente costruttivo) come le recenti spaccature al suo interno fanno presagire, ci sarà la possibilità di arrivare a qualcosa di realmente concreto, rimettendo definitivamente in moto questo paese (fino al prossimo Governo Berlusconi… sigh…)

De cultura e curiosità…

LegoSto leggendo un libro assolutamente illuminante, “Segmenti e bastoncini” di Lucio Russo. Da questa lettura (di cui parlerò più approfonditamente non appena avrò finito il libro ma che comincio con il consigliare a tutti coloro che si interessano di scuole, società e formazione) deriva una mia riflessione, che riporterò qui di seguito, nella speranza di sensibilizzare i miei pochi, sparuti, lettori sull’argomento e magari dare il la ad un po’ di discussione, che non fa mai male.

Mi ritengo una persona curiosa. Non sono certo l’unico (soprattutto tra le persone di cui mi circondo, fatico a trovarne di “non curiose”), ma ritengo di esserlo. E penso che questa mia curiosità, derivando essenzialmente dalla mia formazione scolastica (la scuola) e sociale (i miei genitori), mi abbia, forse ingiustamente, aperto numerose porte e continui ad aprirmene, sulla strada del “successo personale”.
Ora, cercando di individuare quei passaggi quelle fasi della mia vita responsabili di questa mia curiosità, cercavo di paragonare la mia esperienza personale con quella che è la mia (magari errata) percezione della società “moderna”.

1. Sin da piccolo, sono sempre stato circondato di stimoli provenienti, ad esempio, dai libri; ancora piccolissimo (non andavo ancora a scuola probabilmente) mi venivano lette fiabe (“Grogh, storia di un castoro” letto da mio padre la sera prima di andare a dormire è un ricordo ancora vivissimo nella mia mente, e non andavo ancora a scuola), quando sono cresciuto ho cominciato a leggere prima libri con le figure (ad esempio la collana dei libri di “Richard Scarry”), poi libri di più in più difficili, senza praticamente mai smettere, portandomi ad essere ancora oggi un divoratore di libri (chi mi conosce sa quanto difficile sia per il sottoscritto entrare in una libreria ed uscirne a mani vuote). I libri sono uno sterminato patrimonio di esperienze che si possono vivere per interposta persona, fare proprie, sono ricchi di valori (soprattutto quelli per bambini) che sono assolutamente (IMHO) fondamentali nella formazione di una persona e che, pur non potendo sostituire gli insegnamenti dei genitori, li possono efficacemente integrare facendo si che il bambino li faccia propri.

I giovani di oggi non leggono. Non leggono perché non sono spinti a farlo dai genitori, non sono spinti (efficacemente) a farlo dalla scuola, lo sono ancora meno dalla società. Basta entrare in un negozio di libri qualsiasi per rendersene conto, anche volendo ignorare qualsiasi allarmante statistica pubblicata dai nostri mass media: troverete pochissima gente, e quasi nessun minore di 30 anni.

2. Da piccolo, giocavo con i Lego. Sono stati per quasi 10 anni una delle mie attività principali: tornavo da scuola, e passavo 2 o 3 ore a giocare con i mitici mattoncini colorati. Può sembrare una stupidata (che però ritrovo nelle esperienze di molte delle persone che conosco e reputo degne della mia stima), ma i Lego stimolano la fantasia, sono il mezzo per lasciarla correre, per creare. Altre persone giocavano a Trivial Pursuit, con i puzzle.

Oggi il bambino medio non gioca con i Lego: torna a casa, si piazza davanti al televisore, ed attende l’arrivo della cena tra cartoni più o meno violenti, più o meno idioti, più o meno ripetitivi. Anche le trasmissioni dedicate ai bambini, per quel poco che mi è capitato di vedere negli ultimi anni, sono diventate di più in più sciocche. Anzi, spesso sono proprio sparite, lasciando alla pubblicità il compito di “intrattenere” il giovane telespettatore tra un cartone animato e l’altro, facendo sfumare quel poco di interessante che poteva esserci. Anche quando non passassero la loro esistenza davanti ai programmi televisivi, usano il computer (o ancora la televisione) per i videogiochi, anche questi essenzialmente ripetitivi (spesso in qualche modo violenti). Qualcuno poi, più “avveduto”, costringe i bambini a giochi “alternativi”: marionette più o meno derivanti dagli “eroi” dei cartoni animati, con i quali il bambino simula battaglie simili a quelle che vede in televisione. Non c’è più traccia di giochi intelligenti, di creatività, di stimoli di curiosità e/o interesse per qualcosa che non sia fornito dalla società già preconfezionato sotto forma di “pillole”.
Non che crescendo le cose vadano meglio: l’italiano medio oltre a non leggere libri (ne giornali), come abbiamo già detto, passa buona parte del suo tempo libero di fronte alla televisione (guardando programmi di elevato interesse culturale, quali Buona Domenica, Quelli Che il Calcio, i reality show, la pubblicità o quiz televisivi il cui livello culturale medio si è drammaticamente abbassato negli ultimi anni, relegando i programmi di “approfondimento culturale” in seconda o terza serata, su reti di secondo piano), oppure nei centri commerciali, girando inebetiti davanti alle vetrine, nel pieno rispetto del loro ruolo di consumatori per il quale la società (e la scuola) li hanno formati.

3. Anche l’uso di Internet, che per certi versi è una grande rivoluzione culturale, si differenzia drasticamente a seconda dell’interesse culturale e della curiosità delle persone. Io uso internet per varie attività, ma tra i siti che visito maggiormente (al punto da averli nei preferiti), ci sono siti di informazione (giornali online, blog di informazione e siti che approfondiscono alcuni temi di mio particolare interesse, quali il software libero o il mondo stesso di internet), i mezzi di comunicazione (dalla mail ai social network), passando per siti quali Wikipedia (alla quale sono dedicati ben due bookmarks “Quick searches”, uno per la versione italiana ed uno per quella inglese), o anche semplicemente Google, fonte inesauribile di informazioni di prima mano, sia relative a nuovi argomenti di interesse, sia alla ricerca di banali informazioni tecniche, quali percorsi automobilistici o numeri di telefono.

L’uso di internet dell’italiano medio, invece,  è essenzialmente limitato all’uso della posta elettronica (sostanzialmente composta di “catene di sant’antonio”, per quel che posso vedere), e dei client di chat (IM per lo più). Nessuna fonte di informazioni che vada al di là, per una ristretta fascia di persone tra l’altro, dei siti dei grandi giornali su carta.

4. Anche nel mondo del tempo libero “fuori casa”, faccio (purtroppo) parte di una ristretta elite. Il poco tempo libero, lo passo per lo più tra associazioni culturali, eventi “culturali” e uscite con un ristretto numero di amici con i quali discorrere di argomenti quasi mai banali (posso invitarvi se non mi credete :P) davanti ad una birra, e solitamente in posti dove si beve della buona birra, non dove si beve per bere.

I miei coetanei, invece, al di là del tempo speso in giro per centri commerciali o seduti a “perdere tempo” sulle panchine di qualche parco, passano il loro tempo libero in bar e “pub” dove il volume della musica (o a volte della televisione) è cosi alto da impedire di parlare, solitamente a preludio di una serata magari in discoteca.

La società in cui viviamo ha un disperato bisogno di curiosità. Sempre più spesso, parlando di lavoro, mi viene chiesto di consigliare persone “valide” e “competenti”, ma che abbiano quel “qualcosa in più”, quell’intraprendenza, quella capacità di affrontare situazioni appena fuori dall’ordinario, che a mio modesto modo di vedere deriva proprio dalla curiosità. Questa curiosità deve essere coltivata sin da piccoli, sia questo il ruolo dei genitori, della scuola, della società, perché una volta adulti, una volta cresciuti, una volta che manca l’interesse e la curiosità tipici di un bambino, una volta perso il treno, riprenderlo è davvero dura, proprio perché manca la voglia stessa di farlo.