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Nuovo Codice della Strada: aggiornamento

Caschi

neo2001 via Flickr

Dopo il “grande successo” del post Legge e Sicurezza in moto, ecco qualche aggiornamento sul nuovo Codice della Strada. Il progetto di legge si trova ancora all’esame dell’apposita commissione del Senato, ma il Ministro Matteoli ha fatto trapelare la richiesta di accelerare sui tempi, minacciando l’adozione di un decreto se la riforma non sarà varata quanto prima.

Purtroppo il compromesso sembra ancora lontano nonostante per raggiungere l’attuale stadio evolutivo del testo, molte siano state le “vittime”. Riassumendo le principali novità “dell’ultima ora”:

  • prima di tutto (perché oggetto di numerose critiche tra i commenti del post precedente), notiamo come sia stata definitivamente bocciata l’adozione di protezioni aggiuntive obbligatorie per i motociclisti, eccezion fatta per l’adozione del paraschiena (non si sa ancora se allargata a tutti i mezzi o relativa alla potenza).

    Si tratta indubbiamente di una presa di coscienza della grossa difficoltà d’attuazione di un simile provvedimento ed il fatto di non aver ceduto sull’invece fondamentale uso del paraschiena rappresenta un punto di merito. Purtroppo questa norma non cambierà la sostanza: le strade italiane restano un pericolo per i motociclisti, a causa di una manutenzione stradale a dir poco irrisoria, di una cultura della sicurezza inesistente tra gli automobilisti e (soprattutto) tra i motociclisti (ed a mio avviso, proprio i commenti al post precedente la dicono fin troppo lunga).

  • discorso analogo per la modifica dei limiti di velocità, che non saranno aumentati (era ormai dato per certo l’innalzamento a 150Km/h per le autostrade a tre corsie, così non sarà).

    Anche in questo caso, non posso certo dirmi sfavorevolmente colpito. L’innalzamento del limite avrebbe portato all’aumento di situazioni pericolose: immaginate quanto pericoloso possa essere trovarsi di fronte un camion “in sorpasso” a 90Km/h mentre si viaggia a 157 km/h (sopra, le multe sono comunque irrisorie: a 200km/h di media si parlerebbe di soli 135 euro di multa e 3 punti in meno sulla patente)…

  • sul fronte “lotta all’abuso di sostanze alcoliche” sembrerebbe confermata l’adozione dei “test del palloncino” anche nei locali e la “tolleranza zero” verso neopatentati e autisti di professione.

    Questa norma, se restasse confermata, farà certamente scalpore e darà adito a critiche, sempre per l’assente cultura della sicurezza di cui sopra (agli italiani le riforme piacciono solo fino a quando non si trasformano nel benché minimo fastidio). Purtroppo questa misura sarà un palliativo, perché come al solito non ne verrà controllata seriamente l’adozione.

  • sempre per le “due ruote”, ma quelle non motorizzate, parrebbe confermato l’obbligo dell’adozione del casco, forse limitatamente ai minorenni.

    Si tratta sicuramente della misura, sin d’ora, più contestata: persino la polizia dichiara che “sarà difficile farlo capire ad adulti ed anziani”. Anche in questo caso, la scelta è tra il coraggio di adottare una norma che realmente salvaguardia la sicurezza degli utenti della strada (che per altro ci porta al passo con la maggioranza degli altri paesi europei, certo non ci “manda in avanscoperta”) e il ritorno di consenso popolare. Mi auguro che su questo punto non si ceda alla demagogia e si prosegua invece sulla strada virtuosa, rendendo obbligatorio l’uso del casco anche per i maggiorenni.

In sintesi, ogni volta che si parla di nuove norme in tema di sicurezza stradale, ci si trova davanti a feroci critiche in nome della “libertà”: è il caso di protezioni e paraschiena per la moto o del casco per le biciclette oggi esattamente come lo fu per l’adozione obbligatoria del casco in moto non poi moltissimi anni fa. Oggi non potremmo immaginarci un motociclista senza casco, ma molti certamente ricorderanno l’acceso dibattito che ci fu nel 1992.
L’unico dubbio che rimane, quindi, è che il legislatore sappia effettivamente scegliere tra il fare leggi “giuste” o mirare al solo ritorno di consenso politico…

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Discutendo di scuola ed istruzione…

Blackboard No, non sono un insegnante. Eppure di scuole pubbliche italiane ne ho girate diverse (soprattutto in relazione all’avvicinamento o all’utilizzo di Linux nella didattica), ho parlato con i professori, mi sono fatto delle idee. Faccio persino da consulente per alcuni istituti, il che mi consente di sentire le diverse campane.

Proprio pochi giorni fà, a ridosso della votazione della nuova “riforma” della scuola voluta dal ministro Gelmini, mi sono trovato ad una riunione nella quale erano coinvolti alcuni insegnanti, dei responsabili del bilancio scolastico, un paio di presidi. Discutendo a ruota libera, in attesa che arrivasse l’immancabile ritardatario, siamo finiti a parlare di bilancio, di soldi, di investimenti prioritari. La situazione che emerge, ogni volta che si affrontano questi argomenti in una scuola, è da latte alle ginocchia: si deve scegliere se riparare i muri o pagare per la manutezione delle aule informatizzate, con professori (già sottopagati) a cui vengono costantemente richiesti straordinari, sforzi, impegno, rischi (si, si assumono anche dei rischi, alle volte). Strutture in alcuni casi davvero fatiscenti (mi trovavo in un’aula con un impianto elettrico che definire “marcio” era fargli un complimento), ma soprattutto senza alcuna prospettiva per quel che riguarda il futuro.

Per di più, con la riforma Gelmini, si taglia ulteriormente: 8 miliardi in meno, 90.000 professori in 3 anni, meno ore per i professori. A questo si aggiunge l’accorpamento degli istituti con meno di 500 alunni, per mano del decreto Sanità: significa circa 4000 scuole in meno, soprattutto elementari e medie, proprio quelle che maggiormente avrebbero bisogno di essere diffuse sul territorio, consentendo un più agevole accesso ai più piccoli, spesso non in grado di sobbarcarsi chilometri e chilometri (immaginate cosa succede nelle vallate montane) per raggiungere l’agglomerato urbano più vicino.

Sono queste le condizioni in cui mandiamo a formarsi i nostri giovani, questa la terra in cui facciamo crescere il futuro della nostra società. I primi risultati li vediamo già: i giovani che in questi ultimi anni affrontano l’università ed il mondo del lavoro sono sempre più ignoranti, sempre meno preparati, sempre meno “appassionati”. Puntano a fare i calciatori o le veline, non hanno gli strumenti per capire ed interagire con i cambiamenti che il nostro mondo stà attraversando.

In tutto questo si potrebbe vedere della mala fede: una società ignorante è una società più facilmente controllabile ed influenzabile, grazie al sempre maggior potere dell’informazione canalizzata. Possibile che la situazione sia già così disperata che nessuno se ne rende conto?

La proposta Di Pietro

IMG_1957 (Modificata).JPG Che il mondo dei mass media italiani abbia bisogno di una radicale riforma, non lo scopriamo certo oggi. Appiattimento dei palinsesti televisivi, giornali di discutibile qualità che stanno in piedi solo grazie alle sovvenzioni pubbliche all’editoria, giornalisti incompetenti ed arroganti un po’ ovunque, interi imperi mediatico-pubblicitari in mano ad aziende private: insomma una vera catastrofe.

Un’idea su come correre ai ripari, l’ha proposta ieri dal suo blog Antonio Di Pietro (che io non posso in alcun modo vedere in italiano, sic), articolandola su quattro punti (dopo che questi stessi punti si trovano in realtà da tempo all’interno del programma dell’Italia dei Valori):

  1. Una sola televisione pubblica, senza pubblicità
  2. Limitazione della proprietà per i concessionari privati ad una Rete
  3. Eliminazione dei finanziamenti pubblici all’editoria

Si tratta sicuramente di misure molto drastiche, che condivido per altro solo in parte.

Innanzi tutto, mi lascia perplesso di una singola televisione pubblica: se il livello fosse quello di Rai1, otterremmo uno splendido fallimento della Rai (per quanto mi riguarda…) ed un incremento dello share pari a zero. Non capisco la necessità di ridurre il numero delle reti pubbliche, che si differenziano piuttosto bene tematicamente (almeno su Rai Tre, di tanto in tanto, qualcosa di interessante lo si trova!).
Completamente d’accordo invece sulla questione della pubblicità: meglio il denaro pubblico che lo scempio che si sta facendo con la pubblicità sulle reti pubbliche. Magari non tutte, ma almeno una delle reti dovrebbe essere una rete di informazione: telegiornali ogni 2, 3 ore, tramissioni di approfondimento nel mezzo, condotta seriamente e senza pubblicità di alcun genere. Prima di reintrodurre il canone, però, aspetterei di vedere i risultati della riforma: convincere gli italiani a pagare volentieri, visto l’attuale livello medio della televisione, lo vedo alquanto difficile…

Mi trovo d’accordo con Di Pietro anche sulle concessioni ai privati: la televisione è un mezzo mediatico estremamente verticale, in grado di manipolare pesantemente l’opinione pubblica, e per tanto da tenere fortemente sotto controllo nella sfera pubblica, figuriamoci in quella privata. Limitare ad una singola rete le concessioni dei privati, non farà del male a nessuno, fatta eccezione per Silvio Berlusconi, che sarà costretto a cedere due delle sue reti: d’altra parte che che ne dica il Cavaliere, la legge italiana non deve essere fatta a suo uso e consumo, quindi soprassederemo al suo disappunto ed agli strepiti di “cavaliericidio”. La cosa importante però, in questo scenario, sarebbe controllare che l’indipendenza delle reti sia reale, e non che queste siano semplicemente consegnate a qualche tirapiedi o prestanome di turno…

Carina l’idea di eliminare i finanziamenti pubblici all’editoria, ma l’onorevole Di Pietro dimentica che in mancanza di finanziamenti pubblici, il potere della pubblicità sui giornalisti diventerebbe ancora maggiore, pregiudicandone definitivamente la già scarsa obiettività. Siamo sicuri che sia un bene? E’ necessario promuovere anche su questo fronte la meritocrazia (attenzione, non l’imposizione di argomentazioni gradite al governo!), ed è assolutamente fondamentale trovare un meccanismo che la metta in luce (e non solo in questo settore).

In sé, in ogni caso, i tre punti proposti da Di Pietro segnano quantomeno un aumento dell’interesse sull’aspetto dell’indipendenza dei media (che in parte si rigollega a quel conflitto d’interessi che da tanto tempo si dice di voler risolvere), e questa è una nota positiva. Il programma nel quale si inseriscono (almeno così come viene riassunto per punti sul sito dell’Italia dei Valori) mi sembra un po’ demagogico ma accettabile: mi piacerebbe sapere come intendono realizzare alcune delle voci esemplificative degli 11 punti di programma…

Alla fine, si vota

Le escluse E’ un po’ che non “bloggo” di politica. Non (solo) perché la disillusione verso gli ambienti della politica abbia attanagliato anche il mio (debole) cuoricino, ma anche (soprattutto) perché l’interesse medio del dibattito politico, tra le consultazioni del Presidente Napolitano e quelle di Marini, ha rasentato lo “zero kelvin”:
dx: Elezioni
sx: No
dx: Elezioni!
sx: No!
dx:
sx:

Oggi, finalmente, il verdetto finale: i numeri per formare un governo per le riforme non ci sono, quindi si vota, il 13 e 14 aprile. Onestamente la cosa mi lascia piuttosto indifferente: la legge elettorale fa schifo, andrebbe cambiata, ma se la sono voluta (‘mo pare pure che infondo gli piaccia…) e se la terranno, tanto in ogni caso la stabilità di una coalizione di governo “pro Berlusconi” non sarebbe dissimile da quella che sosteneva il governo Prodi fino a questa mattina.
Inoltre, andare a votare impedirà di attuare la porcata che qualche politico aveva in mente: reintrodurre il fantasma della Democrazia Cristiana sotto le mentite spoglie delle “larghe intese per le riforme”. Su questo punto devo ringraziare Romano Prodi, che a costo di complicare il dialogo politico ha portato la crisi di governo in Parlamento, rendendola di fatto ufficiale.

Nel frattempo, assistiamo forse alla prima “mezza marcia indietro” di Veltroni, che al Corriere afferma si che il Partito Democratico è intenzionato a “correre da solo”, come aveva annunciato qualche tempo addietro (sollevando non poche critiche), ma solo al Senato. La cosa divertente è che Casini, durante una puntata di Porta a Porta di qualche tempo fà, aveva già dato questa anticipazione, parlando di non meglio identificati “uccellini spifferatori”. L’esponente del Partito Democratico presente in studio (di cui non ricordo, come al solito, il nome), aveva vagamente negato senza negare, con i soliti giri di parole che usano fare i politici quando sono colti in fallo. Avanti di questo passo, non arriviamo a metà campagna elettorale che siamo di nuovo punto e a capo, “uniti contro Silvio”.

Non abbiamo imparato nulla nemmeno stavolta… 

Prodi ha le palle

Prodi Si può dire di tutto di Prodi, salvo che non ha le palle. Si può dire che ha fatto una politica di destra, che non ha saputo incollare a sé la propria maggioranza, che è “attaccato alla poltrona” (e a che scopo?), ma con il discorso di ieri sul futuro del Governo, ha davvero messo in mostra gli attributi; pianificare con tanto ottimismo i prossimi passi dell’esecutivo, includendo anche “la riforma della pubblica amministrazione” e “della magistratura” sono obiettivi che normalmente vengono spalmati su 5 anni, non su 3, ed è importante che Prodi li abbia ben chiari in mente, perché dopo 2 anni di sofferenze è venuto il momento di raccogliere i frutti (e non lasciare che a raccoglierli siano altri!).

Dopo aver ascoltato il discorso, ammetterò, mi è tornata un po’ della fiducia che negli ultimi tempi era andata scemando, a fronte di una serie di provvedimenti piuttosto discutibili (vedi la legge espulsioni) o alcune manovre interne alla maggioranza (da Dini alla Binetti, da Mastella alle uscite del Partito Democratico, alla campagna acquisti dell’ex primo ministro, più o meno efficace, più o meno palese, più o meno sotto inchiesta).
E’ necessario ricordare (e lo dico prima di tutto a me stesso) che un Governo nasce per durare 5 anni, e quindi è su questo periodo che ne va valutato l’operato: non ha nessun senso abbaiare alla luna reclamando la realizzazione completa del programma in meno della metà del tempo (anche se quando si comincia qualcosa, poi andrebbe portata avanti…).

Questa mattina, ascoltando Radio Popolare, mi sono trovato di fronte ad una considerazione (presentata da un ascoltatore) alla quale non avevo pensato: Prodi viene dalla Democrazia Cristiana, fautrice e promotrice della politica dei “due tempi”: prima soffrire, poi vedere i risultati. Mi chiedo: c’erano alternative a questa politica? Con la situazione in cui versa(va) l’Italia 2 anni fà, era possibile uscirne in tempi accettabili senza una politica di questo tipo?

E cosi faranno la legge elettorale

votato I politici stanno, in questi giorni, dando fiato alle trombe: si discute della legge elettorale. Ci sono aperture a destra verso il centro, Veltroni esprime le sue posizioni: si cerca di tirare fuori qualcosa di ben fatto, che sostituisca quella “porcata” di legge elettorale attuale.

Ed è proprio qui il problema: la destra, all’ultimo minuto dell’ultima legislatura, ha fatto passare (come al solito a colpi di fiducia e senza dialogo con l’opposizione)  una legge elettorale giudicata dal suo stesso promotore (il leghista Calderoli) “una porcata”. Questa legge ha dato all’attuale governo margini risicatissimi (e io penso che fosse stata pensata per questo obiettivo), impedendogli di fatto di governare come dovrebbe, minando ulteriormente la base di credibilità della politica.

Ora che il Governo di tanto in tanto vacilla, sotto le minacce del Mastella o del Di Pietro di turno (visto che di minacce, da sinistra, non ne stanno praticamente più vedendo), la Destra va acclamando a gran voce non le elezioni, ma “riforma elettorale e poi le elezioni”. Guarda un po’.

E cosi, già evidentemente convinti che questo Governo non durerà tutta la legislatura, Veltroni e compagnia bella cominciano a pensare di farla, questa benedetta riforma elettorale, per poi (implicitamente) dare la possibilità alla Destra di andare a nuove elezioni, vincere facile e trovarsi con un bel governo forte (e diranno, ci metto la mano sul fuoco, che loro si che sono riusciti a mettere d’accordo gli italiani).

Politici dei partiti di Governo: volete aprire gli occhi? La legge elettorale dovrà essere l’ultimo provvedimento di questo governo, e dovrà essere fatta anche tramite il dialogo con l’opposizione, come tradizione dei valori di Sinistra ai quali questo Governo di centro vuole allacciarsi. Solo in questo modo sarà possibile far durare questo governo per tutti e 5 gli anni della legislatura (altrimenti qualcuno al centro comincerà a vedere la convenienza di far cadere il Governo) e poi andare a votare, con un programma attuato (si spera), con dei dati oggettivi, con i quali poter vincere le prossime elezioni, a questo punto si con una legge elettorale degna di questo nome.

Libri

Ebbene si, l’ho fatto ancora. Ci sono ricaduto, ho acquistato (non uno ma) due (!) libri.

Immagine di Segmenti e bastoncini

Il primo (tento pateticamente di discolparmi, di giustificare questa mia debolezza) me l’ha consigliato il mio professore di Fondamenti di Automatica, il prof. Leva: si tratta di “Segmenti e bastoncini“, ed è un libro sull’educazione scolastica, che approfondisce i pro e i contro della riforma universitaria (perlomeno affrontando il discorso dal punto di vista dell’autore, il prof. Lucio Russo, ordinario all’università di Roma Tor Vergata). Si tratta sicuramente di un argomento sul quale ho fatto poco approfondimento, e sono sicuro che, indipendentemente dalla condivisione o meno delle idee di Russo, questo libro mi aiuterà a farmi un’idea della questione, che mi riguarda, ahi me, da molto vicino.Immagine di Shock economy

Il secondo libro acquistato, invece, è meno giustificabile, è stato un vero e proprio impulso (no, {Corrado|Danilo}, non imp(s) ). Si tratta di “Shock Economy“, di Naomi Klein. Avevo già letto, alcuni anni fà e con molto interesse “No Logo”, e sono sicuro che questo suo nuovo libro varrà i 20 euro che mi è costato questa mattina. Tra l’altro, colgo l’occasione per far presente che l’autrice sarà alla Feltrinelli di Corso Buenos Aires questo lunedi, a partire dalle ore 18:00, per presentare il libro. Inutile dire che, impegni permettendo, sarò presente all’evento.

Nel frattempo, al di la delle apparenze, le mie letture continuano. Sto leggendo “Un altro giro di giostra”, l’ultimo libro di Tiziano Terzani. Si tratta di un libro molto bello, mi sta piacendo davvero molto, ma scorre molto poco, richiede continue pause di riflessione sui messaggi che l’autore lascia trasparire dalle sue parole. Cosi, dopo quasi un mese di lettura (l’ho preso in mano il 23 di settembre), sono arrivato appena a metà del libro, ma per la prima volta, mi trovo a “doverlo leggere” con una matita in mano, per sottolineare i passaggi più belli. E nel frattempo, i libri in “coda di lettura” sono diventati 35…