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Rifondazione: due parole veloci

Della scrittura - quando le lettere non sono più solo d'amore Trovo finalmente un attimo di tempo (guardate l’orario) in un periodo d’inferno per postare quattro righe. L’occasione, indubbiamente, è quella dell’appena concluso congresso di Rifondazione Comunista, che con la sua posizione di “storico partito della Sinistra italiana” ha catalizzato molte attenzioni.
Il risultato purtroppo è disarmante tanto quanto importante era l’attenzione dedicata all’evento, deludente quasi quanto lo fù la sconfitta alle ultime elezioni. Se qualcuno sperava, si era illuso, credeva che la batosta presa ad aprile avrebbe cambiato le cose, svegliato gli attivisti, ridato vita e vigore, risollevato una Sinistra in piena crisi d’identità, si sbagliava. Abbiamo toccato il fondo, ed ora stiamo attivamente scavandoci la fossa.

Dal congresso esce l’immagine di una Sinistra ancor più frammentata rispetto alle ultime tornate elettorali, per di più scottata e spaventata dal progetto della Sinistra Arcobaleno (che con tutti i suoi limiti, a me piaceva) e sebbene Ferrero (nuovo segretario di un partito spezzato in due) esprimesse oggi la volontà di contattare e stringere rapporti con gli altri partiti della sinistra, i dubbi sul futuro del movimento politico a breve-medio termine sono davvero tanti. Le nuvole nere che si prospettavano all’orizzonte di qualche tempo fà, sono ormai sulle nostre teste e una fitta grandine sta mietendo le prime vittime: uno su tutti Nichi Vendola che se ieri sera uno dei “grandi candidati” della nuova Sinistra, oggi è uno sconfitto alla guida di una corrente maggioritaria di un partito di profonda minoranza, incapace di (ri)trovare quelle sinergie indispensabili per ricostruire (o almeno per iniziare a farlo) un movimento che di Sinistra non abbia soltanto il nome.

Sarà una battaglia lunga e dura; la si dovrà cominciare dal conteggio di morti, feriti e sopravvissuti alla bell’e meglio, soprattutto lottando contro questa stanchezza, demoralizzazione e delusione che oggi pervade (quantomeno) il sottoscritto.

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20 ottobre

Bandiera rossaPurtroppo sabato impegni di famiglia mi hanno tenuto lontano da Roma, ma alla manifestazione “pro Programma di Governo”, ci sarei andato volentieri, per diversi motivi.

Primo tra tutti, il fatto che non si trattava di una manifestazione “contro il Governo”, che è secondo me un segno di maturità non indifferente. In seguito, perchè si manifestava per chiedere l’applicazione di qualcosa che era stato promesso dal Governo, e per il quale questo Governo ha preso i voti che gli hanno consentito di governare. E’ vero che non c’è l’obbligo di mandato, ma snaturare completamente quelli che sono stati i punti principali della campagna elettorale non può certo far bene in un’ottica di nuove elezioni… (ovviamente va ricordato che siamo alla conclusione del secondo anno di governo, e ne rimangono ancora 3 per portare a termine il programma…)

La manifestazione si è svolta in un clima invidiabile, nonostante gli oltre 700.000 manifestanti, da quel poco che ho potuto desumere dalla diretta di Radio Popolare (mentre attraversavo la pianura padana per il lungo), con uno spirito costruttivo e pacifico che smentisce (come al solito) le paure allarmistiche con le quali la destra prepara il popolo italico alle manifestazioni indette dai “comunisti”.

Mi ha inoltre fatto molto piacere il fatto che sia stato chiesto ai ministri di non partecipare alla manifestazione. Questo ha consentito di far incentrare l’attenzione sui manifestanti, sugli obiettivi della manifestazione, anzichè su sterili dibattiti sui partecipanti e sulla imminente crisi di governo legata agli interventi detti da tizio o caio durante il corteo. E’ una trovata interessante, sicuramente da ripetere, anche per riaccendere quella capacità comunicativa che la sinistra (ma in realtà tutto il centro-sinistra) ha perso da parecchi anni.

Il succo della manifestazione, in ogni caso, è stato quello della “sinistra unita”. Unita nei fatti prima ancora che con le parole: non hanno infatti adderito ufficialmente alla manifestazione ne i Verdi ne la Sinistra Democratica, ma erano di contro presenti moltissimi manifestanti riconducibili a questi schieramenti. Durante il corteo, diversi politici di spicco di quella che viene ormai difinita la “Cosa Rossa” si sono espressi in favore della formazione di una realtà unitaria a sinistra del Partito Democratico (che io auspicavo già parecchio tempo addietro). La questione è stata ripresa anche nei giorni successivi (ieri e stamattina) con la dichiarazione rilasciata dai portavoce di Rifondazione Comunista che non vogliono pensare ad una fusione, ma ad una “rete di partiti”. Rete o partito, quello che importa, secondo me, è un’agire unitario, compatto, discusso e costruito a partire dal popolo, dai cittadini, dal riallacciarsi di quei legami che la Politici ha perso da anni.  Si auspica un primo passo partecipato: e se questo passo fosse proprio la manifestazione del 20 ottobre?

“La lotta continua…”