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Delirio mistico?

Confessions

palmasco via Flickr

Le parole del Cardinal Tarcisio Bertone (che è comunque il Segretario di Stato Vaticano, non l’ultimo pischello della parrocchia) dell’altro ieri, quando aveva collegato pedofilia ed omosessualità, hanno dato adito a diverse riflessioni; dire che le parole del Cardinale sono da condannare, sarebbe superfluo: lo hanno già detto in molti, le motivazioni le hanno già spiegate in lungo ed in largo, eviterò di dilungarmi, limitandomi a convenire.

Trovo invece più interessante quanto accaduto oggi: la risposta della Santa Sede (che ora si trova anche in una posizione diplomaticamente delicata, visto che la Francia si è apertamente schierata contro le parole del Segretario di Stato Vaticano, definendo in una nota pubblica l’accostamento come “inaccettabile”) che giunge tramite bocca del Portavoce Vaticano, padre Federico Lombardi, aggravano se possibile la situazione:

Bertone si riferiva alla problematica degli abusi all’interno della Chiesa e non nella popolazione mondiale. Le autorità ecclesiastiche non ritengono di loro competenza fare affermazioni generali di carattere specificamente psicologico o medico, per le quali rimandano naturalmente agli studi degli specialisti e alle ricerche in corso sulla materia

Gli elementi di rilievo in questa frase sono almeno 3 (va quantomeno riconosciuta loro una certa propensione alla sinteticità, riuscendo a condensare tante castronerie in soli 351 caratteri):

  1. Si torna a collegare, limitatamente però alla sola Chiesa, omosessualità e pedofilia: come se nell’atto della molestia sessuale da parte di un prete nei confronti di un minore, il problema stia nel sesso del minore e non nell’atto in sè. A quanto pare, il messaggio non è passato.
  2. Riprendendo per altro il punto precedente, si deduce anche che secondo la Chiesa, è più grave l’omosessualità che non la pedofilia. Purtroppo in questo frangente la Chiesa sembra aver completamente perso il contatto con la realtà: sono sinceramente convinto che le autorità vaticane si trovino in questo momento in una difficoltà notevole nel solo tentare di comprendere di che cosa mezzo mondo li stia accusando. Non è certo da oggi che la Chiesa predica il sesso come puro atto del concepimento, rinnegando il ruolo che l’amore vi ha (vedere non solo alla voce “omosessualità”, ma anche alla voce “divorzi” e “aborto”). Paradossalmente, poiché da una relazione tra un prete ed un minore di sesso femminile potrebbe nascere una nuova vita, questo atto sembra probabilmente loro meno grave (dottrinalmente parlando) rispetto ad una relazione omosessuale di un prete con un altro adulto uomo consenziente.
  3. Infine, proprio la spiegazione di padre Lombardi ci indica come la Chiesa ritenga ancora plausibile la tesi che vorrebbe l’omosessualità come una malattia (psicologica, nell’esempio in questione) e si rimetta quindi, sotto questo aspetto, “agli studi degli specialisti”.
    Vorrei segnalare a padre Lombardi (se mai avrò l’onore di averlo tra i lettori di queste poche parole), come “gli studi degli specialisti” abbiano già da parecchio tempo definito che “gay si nasce e non si diviene“. In particolare, mi riferisco ad uno studio condotto dal professor Balthazar presso l’università belga ULG, il quale dimostra come proprio l’omosessualità affondi le sue radici nella biologia e non nella psicologia degli individui (che pertanto, vale forse la pena sottolinearlo, non possono essere “guariti” più di quanto non si possa convincere qualcuno a non amare “il verde”, o “la pizza”).

Non sono credente (ed in certi frangenti, non dubitate, mi dispiace) ed è inutile sottolineare come questi episodi non aiutino l’avvicinarsi di “coloro che usano criticamente il cervello” alla Santa Apostolica Romana Chiesa Cattolica (l’ordine degli aggettivi non sarà quello, ma il concetto si). Ciò però che più mi spaventa è che dal distacco dalla realtà da parte di un organo influente (moralmente e politicamente) come la Chiesa, non possiamo che aspettarci molti, moltissimi guai…

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Gay Pride

Abbracciamoci, aspettando Bologna!Oggi a Bologna si è tenuto il Gay Pride nazionale 2008. Tra le polemiche legate al ritiro del patrocinio del ministero per le pari opportunità condotto dal ministro Mara Carfagna ed a quelle che costantemente attorniano il mondo dell’attivismo omosessuale, c’è un aspetto sul quale vorrei spendere qualche parola, di cui vorrei esaminare insieme a voi i due diversi punti di vista, dando per scontata (concedetemelo) la mia assoluta non avversione nei confronti del movimento stesso.

L’aspetto che vorrei toccare è quello, sempre molto delicato, dell’esibizionismo legato alla manifestazione in oggetto: tralasciando per una volta l’inutile precisazione che non si deve fare di tutt’erba un fascio (aspetto che possiamo ormai dare per scontato ed assodato), guardando le foto proposte da Repubblica.it viene spontaneo domandarsi a chi giovino alcune manifestazioni pubbliche.

Vedere infatti persone spesso vestite succintamente in atti di puro esibizionismo, non giovano all’immagine degli omosessuali soprattutto nei confronti di quelle persone che ancora si trovano a doversi confrontare con i pregiudizi tipici di questo fenomeno (finendo per altro con il fare di ogni erba un fascio, come prima si accennava, vanificando in poche ore sforzi importanti durati magari anni). A volte mi dico che il movimento omosessuale avrebbe prima di ogni altra cosa bisogno di normalità, forse addirittura di passare “inosservato” nello scorrere quotidiano della vita, segno di completa integrazione, accettazione, di mancanza di diffidenza: se è giusto e corretto chiedere integrazione ed uguaglianza, come questo si concilia con il differenziarsi ad ogni costo una volta l’anno? Che cosa penseremmo se i precari della Vodafone o della Pubblica Amministrazione organizzassero una manifestazione per le vie del centro di Milano, urlando e cantando in “desabillé”?

D’altro canto, una manifestazione come quella del Gay Pride ha una doppia valenza: da un lato si tratta di una festa (e come tale, si festeggia, non si tiene “il muso”), dall’altro serve a richiamare l’attenzione su un aspetto della nostra società che spesso viene dimenticato, relegato nel rumore di fondo, perso sotto plichi di carte. Gli omosessuali attendono ancora oggi, dopo anni e con un colpevole ritardo rispetto agli altri paesi europei, il riconoscimento (ed il rispetto) di molti diritti fondamentali dell’uomo, quali la non discriminazione, il diritto di amare (non dimentichiamolo). Diritti che se neppure la pur benevola visione sospinta dal recente Governo Prodi ha saputo sancire definitivamente (la componente cattolico-cristiana della maggioranza ha strategicamente colpito ed affondato ogni tentativo di legiferare in questo senso, arrivando a manifestazioni di dubbio gusto come il Family Day), è inutile pensare che avranno una anche minima attenzione positiva da parte dell’attuale Governo in carica: per altri cinque anni almeno, i diritti delle coppie omosessuali saranno stracciati e calpestati come quotidianamente accade da molti anni, in una società che ancora fatica (e parecchio) ad accettare le differenze che la caratterizzano, rendendola tra l’altro più ricca e vivace.