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In Italia c’è un’emergenza Giustizia

glamismac via Flickr

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In Italia c’è un’emergenza Giustizia. Assolutamente vero, quasi lampante oserei dire. Purtroppo per il nostro Presidente del Consiglio però, l’emergenza non sono le “toghe rosse” (mi si faccia il piacere!), l’emergenza non riguarda i processi che da anni sta tentando di bloccare facendo danni a destra ed a manca (ma se è innocente, perché non farsi processare? I costi giudiziari vengono poi rimborsati, solitamente, dal condannato…).

L’emergenza giustizia in Italia è proprio il contrario di quanto Silvio Berlusconi vorrebbe far passare: il problema in Italia è l’uguaglianza di tutti davanti alla legge, e questo non solo in riferimento alla persona di Silvio Berlusconi, ma anche in molti altri frangenti dove si usano due pesi e due misure (mi riferisco ad esempio alle sentenze di condanna per i fatti di Genova).

Il problema giustizia in Italia è la giustizia sociale: agli imprenditori amici del Cavaliere è stata donata la parte buona di Alitalia (che comunque riescono a far andare male -.-), mentre la crisi sta lasciando a casa 46.000 lavoratori a tempo indeterminato (ovviamente sui contratti a progetto ed a tempo determinato che non vengono rinnovati, oltre a tutti gli extracomunitari in nero lasciati a casa, non ci sono dati certi) e le famiglie faticano sempre di più a tirare la fine del mese.

Il problema giustizia in Italia sono i 1000 morti l’anno sul lavoro (la Guerra Bianca), dei quali nessuno sa nulla e che tra “prescrizione”, “errore umano” e “fatalità” non vedono quasi mai condanne degne di questo nome, soprattutto se a lasciarci le penne sono cittadini extracomunitari clandestini, che vengono “ritrovati” in qualche campo a chilometri di distanza…

Il problema giustizia in Italia sono le morti in mano alla Polizia, che cominciano con Carlo Giuliani, passano per Federico Aldrovandi, arrivando a Stefano Cucchi tramite migliaia di altri carcerati e/o fermati pestati da “componenti deviate” delle forze dell’ordine, di cui queste però non riescono a liberarsi. Anche in questo caso, le sentenze sono quasi ridicole (per Aldrovandi, ai quattro poliziotti riconosciuti colpevoli sono stati dati 3 anni e 6 mesi, per aver lanciato una bottiglia molotov contro la porta di un carcere durante gli scontri del G8 a Genova, Marina Cugnaschi si è presa 16 anni di reclusione) ed è solo grazie alla testimonianza di un clandestino che (forse) riusciremo ad avere un po’ di verità su quanto accaduto (ed insabbiato) a Stefano Cucchi.

L’emergenza Giustizia, in Italia, c’è eccome; e sarebbe ora che il Governo (e l’opposizione) pensasse(ro) a risolverla seriamente, anziché tentare di tirare fuori Berlusconi dai suoi processi…

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Io ho paura…

rogimmi via Flickr

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Non so voi, la questione sta un po’ passando in sordina, ma io ho davvero paura di ciò che potrebbe succedere se realmente la Consulta dovesse sancire l’illegittimità del Lodo Alfano, il prossimo 6 ottobre…
Ho paura perché Berlusconi diventerebbe un animale in gabbia, un uomo braccato, con i giorni contati… e visti i poteri che ha, e il poco rispetto per la legge che ha dimostrato, ho davvero paura di ciò che potrebbe fare per preservare la sua immunità. Ricordate con che rabbia e che ferocia cercò di bloccare l’elezione del Governo Prodi, un paio d’anni fa?
Cosa impedirebbe, realisticamente, a Berlusconi di attaccare con tutta la violenza che può esprimere gli organi della magistratura, per poi passare alle vie dei fatti (leggere: colpo di stato)?

In giro c’è persino che comincia a volteggiare intorno alla futura carcassa: Formigoni (che notoriamente non ha un ottimo rapporto con l’attuale presidente del consiglio) comincia già a farsi avanti come candidato alle prossime primarie del Partito del Popolo delle Libertà, un atteggiamento che certo non contribuirà a calmare i bollenti spiriti dell’attuale premier…

Ho paura soprattutto perché non è Silvio Berlusconi in se, il problema della politica italiana… tolto lui, gli italiani non continuerebbero comunque ad essere dei creduloni razzisti? Ok, avremmo qualche problema mediatico in meno, avremmo una coalizione alla ricerca di un nuovo “sovrano”, ma non credo proprio che i problemi magicamente si risolverebbero…ce li troveremmo solo sparsi su molte più teste…

Se non ci fossero gli alleati…

Ambrosiana Pictures via Flickr

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“Ad andar con lo zoppo si impara a zoppicare” dice un vecchio (saggio) proverbio. E pensandoci, non stupisce più di tanto la reazione della Lega Nord alla notizia della condanna di Mills: Berlusconi negli ultimi anni ha fatto da tiranno delle destre, attirando su di se da un lato svariati milioni di elettori, dall’altro le represse incazzature di chi si è trovato ad ingoiare un rospo dopo l’altro, nell’intento di salvare la poltrona a palazzo Chigi.

Prendiamo l’esempio della Lega: il Federalismo Fiscale è una presa per il culo, e lo sanno benissimo; il referendum al quale sono contrari si farà, proprio in concomitanza con i ballottaggi delle comunali, alle quali naturalmente il loro elettorato non deve mancare (la Lega è forte soprattutto nelle piccole realtà locali); su Malpensa hanno ingoiato non un rospo ma un’intera colonia e tacciono; c’è poi la questione delle ronde (che ha rischiato di non rientrare nel Pacchetto Sicurezza) e altri accadimenti analoghi che certo non fanno si che Maroni e Bossi (“Su questo non possiamo seguirlo“) trovino particolarmente simpatica la compagnia di “Silvio Cesare”.

Ora che è Berlusconi ad essere in difficoltà (e stavolta sembra più lenta e tediosa la manovra di insabbiamento della vicenda), gli sarà probabilmente inutile tendere la mano verso gli alleati alla ricerca di una difesa a spada tratta, e anche Fini (“il Parlamento non c’entra niente con il processo di Milano“), nel pieno di una rinascita democratico-comunista, vedrebbe di buon occhio la decisione di Berlusconi di non presentarsi alla Camera (ma al Senato, dove gode di appoggi meno esitanti) per rivendicare la sua presunta estraneità al caso Mills e per attaccare (n’altra volta?) l’intero ordine dei magistrati.

C’è infine la questione Quirinale: il Presidente Napolitano lancia da un po’ di tempo moniti più o meno espliciti alla maggioranza ed al suo leader, dapprima “rigirati” poi banalmente ignorati dal premier. Sapendo che Napolitano presiede inoltre il Consiglio Superiore della Magistratura, un affondo deciso sul magistrati potrebbe portare a nuove “rogne” proprio a ridosso delle elezioni…

Arringa rinviata al dopo elezioni dunque? Considerando che entro l’autunno la Consulta dovrà esprimersi sulla (dubbia) costituzionalità del lodo Alfano, è indubbio che la questione avrà un seguito…

Qualche parola sul caso ThePirateBay.org

Jolly Roger Avevo questo post in “hold” da parecchi giorni, alla ricerca non solo di scrivere il post in sé, ma anche molto più semplicemente per raccogliere un po’ le mie idee e sensazioni a riguardo, elaborarle, renderle un discorso coerente e organico. Il dibattito lanciato da Andrea Monti al Moca, questa sera, è servito proprio a questo scopo, per quel che mi riguarda, e ancora seduto sulla mia seggiola in plastica, in platea, mi accingo a lanciare qualche opinione su questo argomento, già ampiamente trattato negli ultimi giorni all’interno della blogopalla.

Cominciamo con un breve riepilogo su quanto accaduto e sui risvolti che le azioni intraprese dalla magistratura hanno (e avranno) sugli utenti: ThePirateBay.org è uno dei maggiori (probabilmente il più famoso, quantomeno il più “ampio”) centro di aggregazione ed indicizzazione dei tracker di Bittorrent (il famoso protocollo di download peer-to-peer) al mondo, con sede in Svezia.
Nonostante si trovasse fuori dalla giurisdizione italiana, con un banale escamotage (la possibilità che il reato di “pirateria” fosse stato “iniziato” sul suolo italiano), il 10 agosto 2008 viene ordinato il blocco degli accessi al sito in questione da parte del Procuratore di Bergamo Mancusi, che ha così dato seguito ad una denuncia giunta (pare) da parte delle major discografiche e dell’intrattenimento italiane.
Molti provider italiani (tutti quelli a cui fino ad oggi è poi effettivamente giunta l’ordinanza) hanno rapidamente provveduto a impedire l’accesso a ThePirateBay.org, effettuando una redirezione dei risultati delle query DNS ad un diverso indirizzo IP (l’identificativo numerico univoco del server all’interno della rete internet) appositamente preparato.

E’ importante in questo frangente sottolineare come non si tratti del primo caso di questo genere, ne tantomeno giunga inaspettato: la cosa era nell’aria da tempo (ThePirateBay stessa aveva denunciato più volte minacce da parte di alcune lobby, anche italiane) e la procedura utilizzata è già stata ampiamente collaudata: i siti di scommesse online non associati all’AAMS (magari perché non residenti sull’italico suolo) sono ad esempio stati bloccati con la stessa soluzione tecnologica.

Venendo al dunque, dove sbaglia (secondo il mio modesto parere, naturalmente) la magistratura:

  • innanzi tutto colpisce il mezzo, non il reato. Il protocollo peer-to-peer di Bittorrent può essere utilizzato per fini assolutamente leciti e anzi, tra i protocolli di file sharing, è indubbiamente quello che maggiormente viene utilizzato per scopi assolutamente legali, quale il download più rapido delle immagini delle distribuzioni GNU/Linux (che si avvantaggiano così della velocità legata al download simultaneo dagli utenti che hanno già terminato il download e mettono a disposizione quanto scaricato a favore degli altri). Bloccare il tracker (e quindi il cuore pulsante dell’architettura protocollare di Bittorrent) è un po’ come impedire l’uso del coltello nelle cucine di tutti gli italiani perché qualche malintenzionato utilizza questo strumento per commettere omicidi e rapine. E’ concettualmente sbagliato.
  • L’incompetenza tecnologica che trapela dall’ordinanza, è da far cadere le braccia. A differenza di quanto infatti accade nella maggior parte dei casi, il reindirizzamento del DNS non è stato fatto, in questo caso, verso una pagina statica sotto il controllo dell’autorità giudiziaria, ma verso un server sotto il controllo delle major discografiche stesse, alle quali vengono così consegnati su un piatto d’argento i dati personali e privati di tutti gli utenti (ancora una volta, legittimi o meno) di ThePirateBay.org.
    Senza voler andare a pensare al complotto (ovvero che questa soluzione sia stata volontariamente suggerita dalle major per poter “sgraffignare” dati degli utenti e così poterli identificare ed eventualmente denunciare con maggior precisione), non si può che restare basiti di fronte a tanta ignoranza da un lato, e incuria delle conseguenze di una propria ordinanza dall’altro: cosa penseremmo di un provvedimento che bloccasse la circolazione dei mezzi pesanti, magari in seguito ad un grave incidente stradale? Non criticheremmo forse la necessità di questi ultimi per la vita industriale del nostro paese, magari per la sopravvivenza stessa dei cittadini? Il fatto che la tecnologia informatica spesso resti “celata” (e così deve essere, agevolare in modo trasperente, esattamente come succede con l’abs o il controllo della trazione della nostra auto) impedisce di rendersi conto delle conseguenze che la sua eliminazione avrebbe; per questo motivo mi piacerebbe che magistrati e politici consultassero esperti in informatica prima di dar seguito ad azioni che riguardano un campo sul quale denotano una tanto palese (e giustificabile, naturalmente) ignoranza.
  • Infine, il terzo errore della magistratura è quello di perseverare nel percorrere una strada che si è rivelata palesemente infruttuosa: la redirezione degli indirizzi IP è una delle modalità più semplicemente aggirabili (basta cambiare server DNS, magari facendo uso di dns stranieri come OpenDns) e proprio l’esperienza legata alla collaudata pratica è dimostrazione che gli utenti che hanno interesse a raggiungere un certo sito lo faranno indipendentemente dall’indirizzo ip proposto dal server DNS del proprio provider. Tecnologicamente parlando esistono metodi molto più efficaci (e dal mio punto di vista raccapriccianti) per costringere il traffico su un certo sito web, si tratterebbe solo di voler affrontare le cose con (ancora una volta) cognizione di causa.
    Per fare un’altro paragone, spero chiarificatore, è come se si impedisse l’accesso alla Milano – Bergamo chiudendo il casello di Milano Est e non quello di Agrate.

Queste cose erano già state più o meno diffusamente indicate da coloro che hanno partecipato alla discussione sul tema, negli ultimi dieci giorni. Proprio su questa discussione, invece, voglio puntare il dito (consentitemi l’eufemismo). Sono stati spesi fiumi di parole, tutte più o meno di parere convergente, ma con quale effetto pratico? Assolutamente nessuno, neppure la generazione di un movimento di promozione di una qualche forma di iniziativa fisica.
Si tratta, a mio avviso, di un segnale che ridimensiona fortemente il ruolo della blogosfera nel panorama dei media italiani, che la relega ancora una volta al ruolo di “comparsa chiacchierante ed autoreferenziale” (dopo alcuni segnali invece constrastanti raccolti negli ultimi mesi).
Sarebbe forse ora che i rappresentanti storici della blogopalla raccogliessero il già ampiamente ripetuto invito a fare mente locale ed agire di concerto per far fare al mondo dei blog quel salto di qualità che fino ad oggi è evidentemente mancato

Stop intercettazioni: ma perchè!

Tape and Light, 2nd Effort Sulle intenzioni che spingono Berlusconi all’approvazione dello stop alle intercettazioni, nutrivo pochi dubbi. Sui motivi che spingono il resto del parlamento a sostenere ed appoggiare questa iniziativa, pure. Quando però mi sono trovato a leggere un appello del Presidente Napolitano, al quale non posso non riconoscere una posizione super partes, che chiedendo che si trattasse di un’iniziativa bi-partisan, affermava che “il problema è reale”, ho cominciato a nutrire dubbi sulla mia comprensione del fenomeno.
Ci ho riflettuto, ci ho ripensato, ho provato a cambiare punto di vista, ma continuo a non capire. Non capisco essenzialmente le motivazioni che spingano ad una scelta simile!

  • Si è parlato di “necessità di garantire il rispetto della privacy”. E qui ci sono due considerazioni da fare: in primis, la privacy dei cittadini è già tutelata da apposite leggi, che consentono la violazione della stessa proprio nel solo caso di “indagini giudiziarie”; se questo meccanismo protettivo non funziona, è da modificare la legge a tutela, non “eliminare la fonte del problema”! E’ come se dicessimo che visto che nella sanità lombarda sembrano esserci problemi di controlli, chiudiamo gli ospedali!
    Secondariamente, come sottolineato non troppo tempo fà dal prof. Rodotà (che in materia di privacy è dal sottoscritto considerato persona degna di indubbio valore), questa attenzione “selettiva” per la propria privacy da parte dei cittadini (sempre che ne abbiano) appare quantomeno sospetta. Quando si firmano contratti allucinanti con banche e finanziarie, nessuno dice nulla, quando si parla di intercettazioni telefoniche invece, guarda un po’ secondo i politici sono “tutti molto sensibili”. Non so’ voi, ma io non ho mai avuto problemi legati alle intercettazioni (sarà che cerco sempre di comportarmi onestamente?), mentre continuo ad essere importunato da call center che prendono i miei dati da “non so dove”…
  • Si è poi parlato del problema legato ai costi, che rappresenterebbero quasi un terzo dell’intera spesa della Giustizia. Dovrei far notare forse che gli esponenti delle forze dell’ordine e della magistratura non pagano i caselli autostradali, quando sono in servizio? Esattamente come “Autostrade per l’Italia”, anche Tim, Telecom, Vodafone e compagnia cantante sono “concessionari” dello Stato Italiano, e come tali devono sottostare ad un contratto stipulato con il cortello dalla parte della lama (è lo Stato a decidere, e ci mancherebbe altro). Quindi le intercettazioni si pagano perché lo Stato vuole pagarle. Perché lo Stato non acquista le apparecchiature ma le noleggia. Perché lo Stato decide di dare un rimborso ad aziende private che già si arricchiscono grazie alla concessione ottenuta e in più guadagnano anche nel fornire un servizio al concessore…
    Se il problema sono i costi, si intervenga sui contratti di concessione, non si limitino le intercettazioni.
  • Si è detto che alcuni magistrati hanno “esagerato” nell’usare questo strumento. Onestamente fatico ad immaginare i magistrati che intercettano cittadini per il gusto di sentire le loro conversazioni (anche perché penso che l’interesse medio delle stesse rasenti lo storico interesse di Fantozzi per La corazzata Potëmkin). Trovo più plausibile pensare che se in Italia si fanno un certo numero di intercettazioni telefoniche, è forse perché si delinque in egual misura. Si delinquesse meno (e qui proprio la classe politica avrebbe da fare una profonda analisi di coscienza), ci sarebbero meno intercettazioni.

Le intercettazioni servono alla magistratura. Su questo si, non c’è alcun dubbio. Senza le intercettazioni, numerosissimi reati e scandali che oggi fanno parte della nostra recente storia legale non sarebbero mai emersi. Non sapremmo di Fazio, non sapremmo dei furbetti del quartierino, non sapremmo di calciopoli e di vallettopoli, non sapremmo degli scandali politici legati ai servizi segreti. Non starò a fare il lungo elenco che ho avuto modo di ascoltare nell’ultimo “Passaparola” di Marco Travaglio (che invito tutti a sentire, perché ne vale la pena indipendentemente dalla simpatia che si possa provare per il giornalista), spero che il concetto sia passato ugualmente.

Limitare le intercettazioni ai soli reati indicati dal Presidente del Consiglio equivale a mettere un bastone tra le ruote alla Giustizia Italiana: siamo giunti alla prima legge vergogna del “nuovo corso”? E magari verrà approvata “bi-partisan”?

Presidente Napolitano, non capisco…

Il fatto non è più previsto come reato

The businessman “Ecco cosa mancava! Le leggi vergogna!”: questo avrà pensanto oggi Romano Prodi. La notizia (bomba) è arrivata questa mattina: Berlusconi viene assolto nel troncone restante del processo SME (dopo aver già ottenuto lo stesso risultato nel processo principale, per “insufficienza di prove”) grazie ad una legge che lui stesso ha fatto, la depenalizzazione del falso in bilancio, per un reato commesso in un periodo in cui il falso in bilancio era reato (anche se vista la rapidità con cui si muove la magistratura ai giorni nostri, sarebbero comunque parzialmente caduti in prescrizione).

Quando l’ho letto, questa mattina, mi sono sentito riempire della (solita) voglia di spaccare tutto e allo stesso tempo di non poter fare niente. Il Governo Prodi è stato criticato per tutto, dalle tasse alle missioni militari all’estero, ma cose del genere non le ha mai fatte: in compenso (e questa è forse la colpa più grande) non ha trovato il tempo ne il modo di cancellare quelle leggi, che definire “vergogna” è poco. E non dimentichiamo il conflitto di interessi, l’ordinamento giudiziario (Cirami, legittimo sospetto, trasferimento di processi dice nulla?), i condoni… e il bello è che gli italiani sono pronti a votare nuovamente questo … !

Per cercare di riportare nei binari del principio che “la legge è uguale per tutti”, la magistratura aveva richiesto, non molto tempo fà, l’intervento della Corte di Giustizia Europea, affermando che la legge sul falso in bilancio varata da Berlusconi ed i suoi scagnozzi (ai quali ovviamente sono state fornite poltrone in gran quantità, ed agevolazioni di altro genere) fosse in contrasto con le direttive europee. La Corte di Giustizia preferì però non pronunciarsi in proposito, decidendo di non “mettere becco” nelle legislazioni nazionali e lasciare ai giudici la scelta se seguire le normative europee (molto più drastiche in materia) o quelle italiane modificate dal cavaliere. Naturalmente è stata presa la scelta più corretta, e Berlusconi ed i suoi scagnozzi (quelli coinvolti nella vicenda hanno nomi come Cesare Previti, Attilio Pacifico, Filippo Verde e Renato Squillante) non pagheranno nemmeno in questo caso. Hanno invece pagato (e caro) le migliaia di risparmiatori che si trovano sul lastrico a causa loro.

La legge, in Italia, è uguale per tutti. Ma per alcuni, è un po’ più uguale.

Dov’è finita la democrazia?

blù Mastella, Berlusconi e Cuffaro: tre notizie di politica, tre che riguardano politici inguaiati con la magistratura (chi più, chi meno, naturalmente). E il bello è la loro reazione: qualcuno urla e strepita che i giudici si sono sbagliati e quello che ha fatto lui è politica, non concussione (dicesi concussione…)  e minaccia di far saltare il governo nel caso in cui non si dichiari apertamente schierato con l’indagato stesso, un’altro che è pronto a fornire l’elenco delle amanti in Rai per provare che lui ha solo portato avanti una prassi comune (quella delle raccomandazioni, ndr) tra l’acquisto di un senatore e l’altro, il terzo che decide di non dimettersi dalla presidenza della regione Sicilia, in quanto è si stato condannato in primo grado a cinque anni di reclusione e all’interdizione a vita dai pubblici uffici, ma non gli è stato dato l’aggravante di favoreggiamento per la mafia nel suo insieme, in quanto ha favorito semplicemente alcuni dei massimi esponenti dell’organizzazione, mica tutti i picciotti (mi chiedo a questo punto cosa si debba fare per avere quell’aggravante: Provenzano almeno ce l’ha?).

Sono cose che mettono addosso uno sconforto incredibile, che finisce con il farmi pensare che tutti i politici siano alla fin fine immanicati in questo genere di faccende, incapaci di provare anche un minimo pudore di fronte ai propri elettori, evidentemente ritenendosi assolutamente coerente con il proprio ruolo di politico (il che potrebbe anche essere vero, se qualcuno coglie l’ironia).

Passato lo sconforto però, mi viene da chiedere una cosa: ma questa gente l’abbiamo votata noi o no? Rifiutandomi di parlare di brogli (in questa occasione), perché la situazione si protrae da troppi anni ormai, deduco di si. Non è allora forse responsabilità nostra, il fatto che questa “casta” (ecco, alla fine l’ho detto anche io, uff) resti dov’è?
Come giustamente sottolinea Marcello Saponaro sul suo blog, gli elettori siciliani non sapevano di Cuffaro quando l’hanno votato? In Campania i cittadini non sono ormai consapevoli del marciume della loro politica? Perché continuano, continuiamo a votare in questo modo, sostenendo queste persone e approvandone, di fatto, il comportamento?
La risposta è banale: “perché non ci sono alternative”. Ma da quanti anni è che ci rispondiamo allo stesso modo? Non è forse giunta l’ora di tentare di dare una soluzione costruttiva al problema, di mettersi in gioco e di fornirla, questa alternativa? Quantomeno di fare pressioni sui partiti perché si liberino volontariamente di questa gentaglia?

Terremoto Udeur

Clemente Mastella Ho aspettato a lungo, prima di cominciare a scrivere su questa pagina bianca virtuale. Non perché non avessi nulla da dire (quando mai, eh? :P) ma per due diverse ragioni molto chiare, vista la gravità della faccenda: da un lato il fatto che ad essere coinvolto nella notizia è il ministro della giustizia Clemente Mastella, che numerose volte si è rivelato irritabile (non è necessariamente un difetto, ma un dato di fatto) e richiede quindi massima cautela e di ponderazione nelle parole, dall’altro perché il rapido susseguirsi degli eventi mi ha spinto ad attendere un calmarsi delle acque (almeno parziale), un delinearsi della situazione (che è molto variata nelle ultime ore) per cercare di fare prima di tutto chiarezza, e solo in seguito mente locale su quanto accaduto.

Cerchiamo in primo luogo di riassumere i fatti accaduti (oggi), in modo da delineare un quadro della situazione: la giornata si è aperta con la notizia del provvedimento di custodia cautelare nei confronti di Sandra Lonardo Mastella, presidente del Consiglio regionale della Campania (carica dalla quale non ha rassegnato dimissioni e che continuerà quindi a ricoprire dal suo domicilio) nonché moglie del Guardasigilli e leader dell’Udeur Clemente Mastella. A seguito della notizia (voci di corridoio fanno supporre che in realtà fosse già stata resa nota alla famiglia Mastella nella tarda serata di martedi), il ministro della giustizia si presenta in aula alla Camera dei Deputati e pronuncia un intervento di fuoco (del quale è disponibile una breve registrazione) nei confronti della magistratura, al quale il parlamento risponde con un corale e scrosciante applauso, proveniente indistintamente dai banchi della maggioranza e dell’opposizione: Mastella parla di “tiro al bersaglio”», di “ostinata caccia all’uomo”, condotta da “frange estremiste che si nascondono tra le toghe”, ed infine rassegna le sue dimissioni dall’incarico di Guardasigilli (per “senso dello Stato”), le quali sono respinte dal premier Romano Prodi dopo un breve incontro a Palazzo Chigi con il leader dell’Udeur il quale, al termine dell’incontro stesso, ringrazia per la fiducia accordatagli ma non fa sapere se ritirerà le dimissioni o meno (da Palazzo Chigi, in serata, una nota fa sapere che la decisione verrà presa da Mastella “alla fine di questa breve riflessione”). Nelle ore immediatamente successive, si viene a sapere che gli indagati sono decisamente più numerosi di quelli che erano inizialmente trapelati, e coinvolgono una ventina di esponenti dell’Udeur campano; tra questi, sono presenti anche il consuocero di Mastella, Carlo Camilleri (colpito ieri sera da un malore e per questo piantonato dagli agenti in ospedale, dove è ricoverato) e, si apprende in serata, lo stesso Clemente Mastella, al quale sono contestati sette diversi reati, che vanno dal concorso esterno in associazione a delinquere, al concorso in abuso d’ufficio, al concorso in concussione, al concorso in falso.
L’origine delle 23 istanze di custiodia cautelare, emesse dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere e che portano al terremoto che decapita letteralmente la sezione campana dell’Udeur, è un presunto atto di concussione nei confronti di Bassolino, il quale sarebbe stato costretto a designare a capo dell’Asi di Benevento un prescelto di Mastella.

Ora, riassunti i fatti (spero di non aver riportaro scorrettezze, le mie fonti sono semplicemente le testate giornalistiche online, non avendo altre fonti “fidate” sottomano), qualche considerazione.
Se la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha deciso di emettere quegli ordini di custodia cautaleare, potendo immaginare il terremoto politico che queste avrebbero provocato, possiamo supporre ragionevolmente che abbiano qualcosa di concreto in mano su cui basare non solo le ordinanze, ma anche la resistenza nel difficile periodo che oggi ha inizio. Mastella in aula ha parlato di una specie di congiura ordita contro di lui (la moglie dice “perchè sono cattolici”), ma è onestamente difficile credere che un’intera procura abbia potuto escogitare e falsificare atti pubblici senza che nessuno ne denunciasse l’operato (poi tutto è possibile, ma…).
Oltretutto non è la prima volta che Mastella si trova nell’occhio del ciclone a causa di parentele e/o amicizie discutibili, o direttamente indagato come accadde con De Magistris, prima che il caso gli fosse sottratto per provvedimento dello stesso Mastella. Questo naturalmente non implica la colpevolezza del (ex?) ministro, ma solleva una serie di dubbi ai quali è difficile rimanere sordi e sui quali è bene che la magistratura (nel cui operato e generale integrità è fondamentale che si creda) faccia luce. Gli attacchi rivolti da Mastella alla magistratura, durante il suo discorso in aula sono di una gravità assoluta: mi auguro sinceramente che siano dovuti ad una situazione di profondo stress del ministro e che lui stesso possa provvedere quanto prima (quando rientrerà dalla sua “breve riflessione”) a chiarire e mitigare.

Un’ultimo punto sul quale vorrei dire due parole, è quella delle intercettazioni ai parlamentari, citate ancora oggi dal ministro alla Camera. Posso condividere che le intercettazioni (di qualsiasi cittadino si stia parlando) non debbano essere rese pubbliche fino a quando sono sottoposte al segreto istruttorio; è cosa sacrosanta. Il diritto alla privacy deve valere per tutti e deve valere soprattutto su questioni delicate (e sulle quali è difficile richiamare il diritto all’oblio) come quelle legate ad indagini della magistratura non ancora giunte a sentenza definitiva. Ci si renderà conto d’altra parte che l’informazione, chiave di volta dell’epoca in cui viviamo, difficilmente si combina come vorremmo con la privacy, sotto questo profilo: è altrettanto sacrosanto infatti che i cittadini vengano informati dell’inserimento nel registro degli indagati di quei politici sui quali sarebbero, presto o tardi, chiamati ad esprimere un voto. A mio modesto parere, avviandosi alla carriera politica, si rinuncia di fatto a parte della propria privacy (ma questo è un altro discorso).
Quello che però non posso assolutamente condividere, è l’interdizione all’intercettazione dei politici in quanto tali. Un provvedimento del genere infatti violerebbe banalmente un diritto costituzionale italiano e uno dei diritti fondamentali dell’uomo: l’uguaglianza di fronte alla legge.

Prodi ha le palle

Prodi Si può dire di tutto di Prodi, salvo che non ha le palle. Si può dire che ha fatto una politica di destra, che non ha saputo incollare a sé la propria maggioranza, che è “attaccato alla poltrona” (e a che scopo?), ma con il discorso di ieri sul futuro del Governo, ha davvero messo in mostra gli attributi; pianificare con tanto ottimismo i prossimi passi dell’esecutivo, includendo anche “la riforma della pubblica amministrazione” e “della magistratura” sono obiettivi che normalmente vengono spalmati su 5 anni, non su 3, ed è importante che Prodi li abbia ben chiari in mente, perché dopo 2 anni di sofferenze è venuto il momento di raccogliere i frutti (e non lasciare che a raccoglierli siano altri!).

Dopo aver ascoltato il discorso, ammetterò, mi è tornata un po’ della fiducia che negli ultimi tempi era andata scemando, a fronte di una serie di provvedimenti piuttosto discutibili (vedi la legge espulsioni) o alcune manovre interne alla maggioranza (da Dini alla Binetti, da Mastella alle uscite del Partito Democratico, alla campagna acquisti dell’ex primo ministro, più o meno efficace, più o meno palese, più o meno sotto inchiesta).
E’ necessario ricordare (e lo dico prima di tutto a me stesso) che un Governo nasce per durare 5 anni, e quindi è su questo periodo che ne va valutato l’operato: non ha nessun senso abbaiare alla luna reclamando la realizzazione completa del programma in meno della metà del tempo (anche se quando si comincia qualcosa, poi andrebbe portata avanti…).

Questa mattina, ascoltando Radio Popolare, mi sono trovato di fronte ad una considerazione (presentata da un ascoltatore) alla quale non avevo pensato: Prodi viene dalla Democrazia Cristiana, fautrice e promotrice della politica dei “due tempi”: prima soffrire, poi vedere i risultati. Mi chiedo: c’erano alternative a questa politica? Con la situazione in cui versa(va) l’Italia 2 anni fà, era possibile uscirne in tempi accettabili senza una politica di questo tipo?