
Per i miei standard, questo libro è stato acquistato e letto piuttosto in fretta: complice il volume piuttosto ridotto (125 pagine) è stato “selezionato per la lettura” e terminato in meno di 2 mesi (di cui 10 giorni netti per la lettura).
Catalogare questo libro è forse la parte più complessa dello scrivere questa recensione: per semplificare potremmo dire che è un libro di denuncia, perché cerca di portare all’attenzione del grande pubblico alcuni comportamenti ed anomalie del “colosso IKEA” che pur non essendo nuove di per sé, sembrano non essere state recepite e raccolte dalla clientela del gigante svedese, che continua a ritenerla un’impresa “verde, trasparente ed etica”. Tutto questo senza necessariamente dover dire “male” di IKEA in sé (anzi, onestamente l’azienda di Ingvar Kamprad ne esce piuttosto bene), ma dividendo la propaganda commerciale che ogni azienda fà (e quindi anche quella in oggetto) e la verità dei fatti, che gli autori del libro (membri di una ONG belga, “Oxfam-Magasins du monde“) sono andati a controllare sul campo (ove possibile) o hanno commissionato ad altre organizzazioni presenti sui territori. E’ così che scopriamo che nonostante IKEA chieda ai suoi fornitori il rispetto di un codice etico e procedurale (IWAY), questo è troppo largamente dimenticato, soprattutto in certi frangenti, quando “gli occhi del cliente” non sono puntati loro contro; oppure che IKEA è un’azienda tutt’altro che trasparente, al punto da impedire ai suoi dipendenti di rilasciare dichiarazioni alla stampa, o al punto da non sapere (probabilmente nemmeno in IKEA) quale sia l’assetto societario del colosso scandinavo, che nonostante questo muove un giro d’affari che supera i 15 miliardi di euro (nel 2005); o ancora che il principale concorrente di IKEA, Habitat, è in realtà una sua controllata.
Questo libro propone prima di tutto una profonda riflessione sulla nostra società, che prenda in considerazione anche quegli aspetti che forse ci passano meno sotto gli occhi (condizioni di lavoro nel terzo mondo, conseguenze dei prezzi stracciati, omologazione culturale), che valuti le conseguenze, sull’ambiente e sulla società, dei nostri acquisti e dei modelli di comportamento che adottiamo (siete mai usciti a mani vuote dall’IKEA?).
Un libro indubbiamente interessante, che non vi farà passare (non temete) la voglia di andare a mangiare polpette svedesi tra mobili smontabili e ornamenti gialli e blu, ma che vi farà riflettere sul modello culturale e sociale che IKEA propone, forse facendovi consumare in modo più responsabile.
Commento su Anobii.com:
Questo veloce pamphlet propone un’analisi piuttosto ampia sia di IKEA in quanto azienda, sia (soprattutto) del modello sociale, economico e culturale che ci propone, delle conseguenze che questo modello ha sul mondo e sull’ambiente. Un libro che non attacca futilmente IKEA (che anzi, esce piuttosto bene da questa indagine), ma ne mette in risalto alcuni aspetti (a volte comprensibili, altre meno) che potremmo contribuire attivamente a cambiare.