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E se fosse?

Idee chiare Troppe volte mi sono trovato a scrivere male dei miei coetanei su queste pagine. Troppe volte mi sono lasciato demoralizzare da atteggiamenti infantili, dall’osservazione di alcuni “giovani esemplari di razza umana” e dalla generalizzazione (sempre sbagliata) delle loro azioni. Questo venerdì mi sono persino trovato a discutere del problema culturale a Pisa, durante il convegno “Occasione perduta”.

Eppure la riforma Gelmini sembra aver ottenuto almeno un effetto positivo: svegliare la latente “next generation”. In effetti in questi giorni si sente di manifestazioni (anche piuttosto vigorose), occupazioni, contrasto sociale.
Pare tornare ad emergere quella quota parte di giovani che qualche valore (e forse un minimo di cultura) ce l’hanno, ma che sono rimasti nascosti per anni, lasciando campo aperto ai telespettatori di “Amici”, ai candidati del “Grande Fratello”, alle aspiranti veline ed ai “futuri calciatori” che tanto (mi) hanno demoralizzato.

Mi auguro che non si tratti solo di una “nuova moda”, ma che effettivamente la nuova generazione (l’unica sulla quale si può fare oggettivo affidamento per riformare la sinistra la politica italiana) cominci a farsi carico delle proprie responsabilità.

Non sarà certo un nuovo sessantotto (non siamo in grado, oggettivamente…), ma è già un inizio…

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Discutendo di scuola ed istruzione…

Blackboard No, non sono un insegnante. Eppure di scuole pubbliche italiane ne ho girate diverse (soprattutto in relazione all’avvicinamento o all’utilizzo di Linux nella didattica), ho parlato con i professori, mi sono fatto delle idee. Faccio persino da consulente per alcuni istituti, il che mi consente di sentire le diverse campane.

Proprio pochi giorni fà, a ridosso della votazione della nuova “riforma” della scuola voluta dal ministro Gelmini, mi sono trovato ad una riunione nella quale erano coinvolti alcuni insegnanti, dei responsabili del bilancio scolastico, un paio di presidi. Discutendo a ruota libera, in attesa che arrivasse l’immancabile ritardatario, siamo finiti a parlare di bilancio, di soldi, di investimenti prioritari. La situazione che emerge, ogni volta che si affrontano questi argomenti in una scuola, è da latte alle ginocchia: si deve scegliere se riparare i muri o pagare per la manutezione delle aule informatizzate, con professori (già sottopagati) a cui vengono costantemente richiesti straordinari, sforzi, impegno, rischi (si, si assumono anche dei rischi, alle volte). Strutture in alcuni casi davvero fatiscenti (mi trovavo in un’aula con un impianto elettrico che definire “marcio” era fargli un complimento), ma soprattutto senza alcuna prospettiva per quel che riguarda il futuro.

Per di più, con la riforma Gelmini, si taglia ulteriormente: 8 miliardi in meno, 90.000 professori in 3 anni, meno ore per i professori. A questo si aggiunge l’accorpamento degli istituti con meno di 500 alunni, per mano del decreto Sanità: significa circa 4000 scuole in meno, soprattutto elementari e medie, proprio quelle che maggiormente avrebbero bisogno di essere diffuse sul territorio, consentendo un più agevole accesso ai più piccoli, spesso non in grado di sobbarcarsi chilometri e chilometri (immaginate cosa succede nelle vallate montane) per raggiungere l’agglomerato urbano più vicino.

Sono queste le condizioni in cui mandiamo a formarsi i nostri giovani, questa la terra in cui facciamo crescere il futuro della nostra società. I primi risultati li vediamo già: i giovani che in questi ultimi anni affrontano l’università ed il mondo del lavoro sono sempre più ignoranti, sempre meno preparati, sempre meno “appassionati”. Puntano a fare i calciatori o le veline, non hanno gli strumenti per capire ed interagire con i cambiamenti che il nostro mondo stà attraversando.

In tutto questo si potrebbe vedere della mala fede: una società ignorante è una società più facilmente controllabile ed influenzabile, grazie al sempre maggior potere dell’informazione canalizzata. Possibile che la situazione sia già così disperata che nessuno se ne rende conto?

De cavaliereschi precariati

dscf1271.jpg In un’Italia dove i comici sono chiamati a fare i politici, i politici si allenano a fare i comici: così, dopo i “bambaccioni” di Padoa Schioppa, ecco i “precari” di Berlusconi.

[ Fonte: «Con quel sorriso sposi un milionario» ]
la battuta pronunciata durante la trasmissione “Tg2 Punto di Vista”. Una ragazza chiede all’ex premier come può un giovane mettere su famiglia e affrontare un mutuo con la precarietà nel mondo del lavoro, e Berlusconi risponde così: «Da padre il consiglio che le do è quello di ricercarsi il figlio di Berlusconi o di qualcun’altro che non avesse di questi problemi. Con il sorriso che ha potrebbe anche permetterselo»

Purtroppo visto che i comunisti non hanno senso dell’umorismo, hanno preso sul serio l’innocente battuta del Cavaliere, che in realtà ci stava provando, sotto sotto, con l’ascoltatrice precaria (e certamente comunista) che gli ha posto la domanda trabocchetto, su mandato di Bertinotti (si riconosce dallo stile).

Purtroppo, finito lo scherzo, resta la dura realtà: la serietà con cui l’ultrasettantenne Berlusconi ed il suo partito intendono affrontare la questione del lavoro precario è talmente seria che non ne parlano nemmeno in televisione e preferiscono invece fare battutine squallide sulle ragazze presenti in studio. D’altra parte come possiamo aspettarci che un anziano come Berlusconi possa comprendere i problemi dei giovani (e non)?

Una generazione annoiata

Passa Il TrenoPrendo spunto dall’ultima notizia sui “nuovi giovani”, per affrontare il tema del rapporto tra i giovani, il divertimento ed il valore della vita (propria ed altrui). La notizia, shoccante già di per sé, è che sui binari delle linee ferroviarie britanniche si sta diffondendo un folle passatempo: ragazzini (spesso e volentieri minorenni) si sdraiano sulle rotaie, per il lungo, ed attendono il passaggio del treno filmando il tutto con il videofonino (inutile dire che la “nuova forma di divertimento” conta numerosi morti).

Di fronte a notizie del genere, a me personalmente non possono che cadere le braccia. La stupidità dimostrata da questi ragazzini rasenta il livello della “selezione naturale”, è roba da Premio Darwin. E’ mai possibile che i “nuovi giovani” non abbiano nulla da fare che tentare il suicidio sui binari ferroviari? O di darsi alle corse clandestine per le vie del centro delle grandi città? O di imbottirsi di stupefacenti assordandosi contemporaneamente all’interno di fumose discoteche (locali per altro di dubbio gusto)? Non c’è davvero più nulla che stimoli la curiosità di questi giovani animali, assuefatti da una televisione che ne cattura la stragrande maggioranza del tempo libero (quello non passato su binari, auto o barelle di vario genere), e ne manipola l’intelletto, sbriciolando quell’ultimo barlume di ragione che popola quei crani vuoti?

E la colpa è solo di questa televisione malata, volta al business a costo di danneggiare irrimediabilmente i telespettatori (e non vale solo per i più giovani, si legga in proposito anche solo il primo capitolo di L’assalto alla ragione, di Al Gore, che trovate in libreria), o ne dobbiamo devolvere una parte sostanziale ad una scuola che non è più in grado di dare un senso alla vita dei nostri ragazzi, se non quello di vivere come comparse in un mondo lanciato a tutta forza verso il nulla, cercando di strappandoli con i denti, come cani affamati, i propri 5 minuti di celebrità, a costo di lasciare la pelle per questo?
Non sono forse da sentire i genitori di questi ragazzi (e magari anche tanti altri autori di atti meno appariscenti), per chiedere loro dove erano, mentre la loro giovane prole non trovava di meglio da fare che ammazzarsi?

Come speriamo di far andare avanti il mondo, se “Il Grande Fratello 8” ed “Amici” sono il massimo che riusciamo ad offrire ai nostri ragazzi, con calciatori ignoranti e veline come modelli di successo?

Mi sento sempre più sconfortato…

Giovani e barricate

Mano Sasso SabbiaQualche giorno fa (abbiate pazienza, la mia “posting queue” si è drammaticamente allungata durante questi ultimi giorni), Flavia Marzano ha postato un interessante atto d’accusa verso “i giovani”. Il motivo che spinge Flavia a scrivere è il solito giovanotto “con il mondo ai piedi”, abituato alla pappa pronta appena strilla abbastanza da farsi udire.

Comprendo perfettamente, ed in larga parte approvo quello che Flavia dice: non sarebbe certo la prima volta che attacco una certa schiera di miei coetanei. Questo non è naturalmente un attacco nei suoi confronti, ci mancherebbe altro, ma una riflessione che mi era venuta spontanea leggendo il suo post.

Di giovani con la testa sulle spalle, di quelli che stanno sulle barricate e combattono per i propri valori, ne conosco diversi, ed è fondamentale evitare accuratamente di fare di tutt’erba un fascio.
Non ho ovviamente termini di paragone con quello che accadeva negli anni ’70, ma ho difficoltà a credere che tutti i giovani fossero (volontariamente) coinvolti nelle manifestazioni e penso che parte di quelli che sulle barricate ci sono saliti, l’abbia fatto anche perché era ” la moda”…

Purtroppo il mondo và cosi: un 10% della popolazione si fa carico di urlare anche per il restante 90% che preferisce invece starsene in poltrona, davanti alla televisione con una birra da discount, a lamentarsi che il mondo va a rotoli…

Il problema dei giovani nel nostro mondo, purtroppo, è lungo e complesso da affrontare, soprattutto a causa di perverse logiche di mercato (e sociali) che ci vorrebbero tutti inutilmente laureati, colmi di esperienza e possibilmente a paga zero (e in nero)…

Paradossi del mondo del lavoro

Il lavoro_BN_4A volte ci si trova a dover far fronte a situazioni davvero paradossali. Siamo ormai tutti a conoscenza dei problemi di lavoro che ci sono in Italia. Problemi che non coinvolgono solamente i giovani, ma che li riguardano in modo particolare.

Mi sono sempre considerato piuttosto fortunato da questo punto di vista. Anche se questo ha portato a sacrificare più che abbondantemente l’impegno universitario, ho avuto la fortuna di trovare sempre lavoro al primo colpo, con lavori meno stimolanti dal punto di vista intellettuale ma utili alla comprensione di cosa significhi “farsi un culo quadro per due soldi” (come lavorare da McDonald’s), e con lavori molto più interessanti, stimolanti e gratificanti, come quello che svolgo al momento.
Questo già mi colloca una spanna sopra i miei coetanei nella scala della fortuna lavorativa: non saprei elencare più di una decina di miei coetanei che abbiano la fortuna di fare un lavoro che gli piace, attinente con i loro interessi, ben retribuito, flessibile all’inverosimile, in regola ed a tempo indeterminato, come invece capita a me.

Ma a quanto pare non era sufficiente. Di ritorno dall’End Summer Camp, sono stato contattato da un’azienda del campo dell’Entertainment, che su indicazione di un mio conoscente (che non mi sarei mai aspettato portasse tanta stima del sottoscritto) mi ha proposto un impiego da responsabile tecnico. Il mio ruolo avrebbe dovuto essere quello di tramite tecnico tra il consiglio d’amministrazione della società e gli sviluppatori, per tradurre le richieste del primo in qualcosa di comprensibile ai secondi.

La proposta era allettante, anche se non abbiamo avuto tempo di entrare nei dettagli economici. Per la cronaca, ho rifiutato l’offerta, perchè serviva un impegno a tempo pieno che in questo momento non rientra tra le mie possibilità/volontà. Ma la considerazione è un’altra: che cosa porta me a ricevere offerte di questo calibro, e gli altri miei coetanei a lavorare nei call-center? E’ davvero solo fortuna?