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E’ nata una nuova informazione

Sta andando in onda (o sta finendo) raiperunanotte.it. Per chi si fosse perso la notizia, si tratta di un programma “televisivo”, mandato in streaming su internet e trasmesso da alcune televisioni satellitari (tra cui Current tv) e da alcune radio (ad esempio quelle del Popolare Network) pensato e condotto da Michele Santoro e che ha visto la partecipazione di numerosi esponenti del giornalismo italiano; obiettivo (dichiarato) quello di aggirare l’illegittima sospensione (voluta dal Governo Berlusconi) dei “talk show politici” durante il periodo elettorale.

Nuova non solo perché è auto-finanziata (50.000 persone hanno versato 2,50€ a testa affinché la trasmissione andasse in onda), non solo perché ha visto una convergenza tra televisione ed internet che in Italia è tutt’ora un sogno, ma soprattutto per la penetrazione ed i risultati che ha ottenuto: 120.000 visitatori unici contemporanei (per la parte web) sono qualcosa di inimmaginabile per un’iniziativa di questo genere. La trasmissione è diventata il tema della serata, e questo nonostante il bavaglio imposto dal governo ai mass media.

Mi chiedo, ora, e voglio chiederlo a tutti coloro che qualche mese fa sostennero che non vi era “alcuna emergenza democratica” nel settore dell’informazione: ora che sono stati sospesi i talk show di approfondimento (quindi quelli che dovrebbero idealmente consentire la formazione di un’opinione ponderata agli elettori che se la formano con la sola televisione, cioè il 70% dell’elettorato italiano), continua a non esserci alcuna emergenza democratica? Ora che la Tg1 e Tg5 sono stati multati (nonstante l’inezia economica della multa), non c’è un’emergenza democratica? Ora che (Il Sole 24 Ore, certo non un giornale di sinistra) si evidenzia come l’informazione dei canali privati italiani sia fortemente sbilanciata a favore del governo e della maggioranza, non c’è un’emergenza democratica? Ora che per fare una trasmissione che parli di ciò che accade in Italia (pensare che a me Santoro non piace nemmeno) si debba andarsi a rifugiare su internet (per quel che durerà, e queste parole saranno profetiche), non c’è ancora un’emergenza democratica?

In ogni caso, per concludere, questa sera ho sentito dire ad un personaggio del calibro di Gad Lerner una cosa rivoluzionaria, per ciò che la televisione italiana è (diventata): basta con i talk-show/pollaio; che si facciano trasmissioni al servizio dei cittadini e della verità: un servizio d’approfondimento/inchiesta (come molti giornalisti in Italia sanno fare), imparziale, coerente. Poi 1 minuto a testa per rispondere alle domande, niente repliche, niente interruzioni (altrimenti, semplicemente, fuori dallo studio). Un faccia a faccia vero, che non lascia spazio a manipolazioni e menzogne.

Chiedo troppo? Forse. Oggi però ho visto realizzarsi un sogno; concedetemelo, per stavolta.

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In memoria dei blog

Giornali metropolitani Ogni tanto può capitare di non saper cosa scrivere su un blog. In quei casi, non avendo solitamente vincoli di sorta, si passa agilmente dall’altra parte dell’ostacolo e si prosegue la propria giornata come nulla fosse accaduto. Mi rendo conto però che per un “professionista” della stampa questo possa rappresentare un grosso problema: dopotutto scrivere è il suo lavoro ed allora ci si inventa un po’, si fruga qua e la, e prima o poi qualcosa da scrivere si trova.
Voglio credere che al buon Geminello Alvi, ieri mattina, sia capitato così e che non abbia invece pensato coscentemente a tutto l’ammasso di fandonie che è riuscito ad infilare nella paginetta che ha consegnato alla sua testata. Il contrario sarebbe davvero oltraggioso per la sua reputazione professionale (messa comunque a dura prova dall’articolo di cui sopra).

Non darò ad Alvi il piacere di essere riportato per intero (anche se le fandonie sono talmente numerose che potremmo quasi fare un’analisi parola-per-parola dell’articolo) e mi limiterò a citare le parti più interessanti, conscio che i miei lettori interessati ad approfondire l’argomento ed a sentire “l’altra campana” non esiterranno ad “allocare” il tempo necessario per leggere l’originale.

E invece internet, e in particolare quegli orrori che si chiamano blog, sono tutto l’opposto. Un nervosismo di insulti svogliati, sfoghi di invidia o meschinità di cui si è felici: luoghi precari insomma, dove la coscienza e l’essere desti sono sospesi.

Alvi scuserà la mia impertinenza di scrittore rigorosamente non professionista, ma durante le (poche lo ammetto) lezioni di giornalismo prese a scuola, ho imparato che le affermazioni vanno accompagnate da riferimenti concreti (che su internet si incarnano facilmente in link), citazioni, note a margine. In mancaza di questi, le frasi accusatorie (soprattutto generiche come quella riportata, presente all’inizio dell’articolo) diventano semplicemente “insinuazioni gratuite”.

A me invece paiono luoghi di frustrazione e sciatteria, nei quali bisognerebbe io credo vergognarsi di scrivere, e certo non inorgoglirsi di averli creati.

Curioso come, cambiando alcune parole qua e la, questa considerazione sia altrettanto valida per alcune testate giornalistiche… Ad Alvi, in questo frangente, vorrei ricordare che proprio i blog stanno consentendo, in questi drammatici giorni a Gaza, dove il territorio del conflitto è interdetto alla stampa, ai giornalisti di tutte le nazionalità di tenersi (e tenerci) aggiornati su ciò che accade nella striscia… Dovrebbero forse vergognarsi, queste persone, di ciò che scrivono, o di aver aperto un blog?

Invece c’è tutto un culturame e persino il senso comune a elogiarli, a vedere in essi una forma superiore di informazione e democrazia. Ma quelli che valgono qualcosa sono pochi siti a pagamento nei quali si limitano o si cooptano i partecipanti. Gli altri, la maggioranza, invece amplificano solo dei luoghi comuni e non erudiscono in alcun modo.

Il mondo dei blog, secondo Alvi, si limita a questo: un’enorme massa di inutili personaggi che riportano luoghi comuni (senza argomentazioni immagino?) e pochi siti a pagamento ai quali non va per altro neppure il merito della qualità, in quanto arrivano persino a cooptare i partecipanti? Posso suggerirle, Alvi, di chiedere ai suoi colleghi blogger de Il Giornale se sono contenti di essere così descritti?

Infatti chi abbia un qualunque mestiere e lo sappia davvero lo vede subito: sui blog si parla di tutto, ma sapendo ben poco, e informando ancor meno.

In questa frase, perdoni Alvi, mi sfugge qualcosa: il soggetto di “lo sappia davvero” qual’è? Sapere “un qualunque mestiere”? Non ho colto, sul serio…

E peggio ancora: si sente in questo mai firmarsi col suo vero nome di chi invia messaggi una caduta ulteriore. Sia chi sia, impiegato o signora snob, arrabbiati di destra o sinistra, studenti o professorini: tutti costoro scrivono al riparo dell’anonimato cose che mai si direbbero in faccia. Altra diseducazione.

Alvi ha decisamente ragione, in questo frangente e mi cospargo il capo di cenere. Non tutti gli articoli di questo blog risultano firmati. Troppo spesso ho omesso di segnare nome e cognome in fondo alle pagine, ma qualcosa da dire in mia discolpa ci sarebbe: il titolo stesso del blog riporta il mio nome e cognome, oltre ad essere persino presente una pagina di informazioni, tra cui spicca persino il mio indirizzo email (oltre al numero di cellulare ed un’altra certa quantità di informazioni inutili), che invece Alvi, in coda all’articolo (curiosamente) non ha lasciato…

L’impressione è che Alvi non abbia capito fino in fondo il mondo dei blog, o che si sia superficialmente fermato dopo aver letto pochi (pochissimi, diciamo… uno o due) delle migliaia di anonimi blog che ci sono in giro e ne abbia tratto drastiche ed inappellabili conclusioni. A lui invece il mondo dei blog lascia sicuramente una porta non aperta, ma spalancata: da molte parti leggo inviti a riconsiderare la propria posizione alla luce di una più attenta ed approfondita analisi di questo fenomeno che, Alvi mi consentirà, di libertà e democrazia è una bandiera…

Al giornaliste de Il Giornale va dato atto, in ogni caso, di aver toccato (seppur involontariamente, probabilmente) un tasto importante, ovvero la necessità (che ribadisco ancora una volta) di una presa di coscienza dei blogger di tutto il mondo, di una maggior comprensione del ruolo mediatico che le nostre parole hanno e quindi di una maggior serietà applicata nella ricerca, analisi e documentazione di quanto scriviamo. Servirà anche ad emancipare il “mezzo” dalla melma (questa si) di siti più o meno insulsi che nascono dalla sola volontà di “seguire la nuova moda”…

Il male maggiore, al solito, è la generalizzazione…

Domain sera torna Report su Rai3

EOS EyesHo ricevuto da poco la mail che annuncia la prima puntata del nuovo ciclo di Report, la trasmissione di inchiesta di Rai Tre che ha da sempre avuto la capacità di suscitare dibattito. La prima puntata, in onda domani sera dalle 21:30 su Rai Tre, parlerà di Alitalia e di AirOne e promette di essere molto interessante…

Il 1° dicembre 2006 il governo Prodi decide la cessione del controllo di Alitalia. L’azienda e’ in vendita ai privati e chi vuole deve comprarsi dal 30 al 49% di Alitalia. Il titolo vola in borsa e circolano i primi nomi : AF/Klm, Lufthansa e spunta anche l’ipotesi di una cordata italiana.
Cominciano le trattative e si arriva all’esclusiva con Air France. Jean Cyrill Spinetta tratta con l’azienda e coi sindacati. Intanto cade il governo Prodi e, in campagna elettorale, Silvio Berlusconi dice che quella ad Air France e’ una svendita e propone una cordata italiana.
Il 2 aprile Spinetta abbandona il tavolo di trattativa con i sindacati. Dice che le condizioni poste sono inaccettabili. Silvio Berlusconi vince le elezioni e diventa Presidente del Consiglio. Il nuovo governo incarica Banca Intesa di fare un piano, e vengono varati alcuni decreti per andare in deroga alle leggi.
A Luglio nasce il ”Progetto Fenice”, ovvero la nuova partnership con Airone.
A fine Agosto Alitalia e’ commissariata. La nuova cordata si chiama Cai.
Si salva Alitalia, ma soprattutto Air One.
Chi sono i soci, gli amministratori, i valutatori. Una cronologia dei fatti dal prestito ponte fino ad oggi, per capire se per l’interesse nazionale era l’unico affare possibile. Abbiamo intervistato tutti i protagonisti che hanno accettato di parlare con noi. Fra questi il Commissario Fantozzi, che alla domanda ”e’ stato approvato un emendamento che garantisce anche a Lei la manleva” la risposta e’ stata ”no, io non ho nessuna manleva”. Ma leggendo l’emendamento approvato il 2 ottobre al Senato, ci e’ sembrato di capire che, qualora la legge venisse approvata anche alla Camera martedi’ prossimo, una serie di reati non sarebbero configurabili oltre che per Alitalia, anche per tutti gli altri casi di bancarotta. Il Sostituto Procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Cascini ha dichiarato che se questa norma verra’ approvata non saranno perseguibili anche le bancarotte commesse dagli amministratori di altre societa’ per le quali vi e’ stata la dichiarazione di insolvenza non seguita dal fallimento. Come per i crac Cirio e Parmalat. Il risultato e’ la abrogazione dei reati fallimentari commessi da Tanzi e da Cragnotti e dai loro correi. L’anticipazione di questa parte dell’inchiesta di Report da parte de La Repubblica ha suscitato la reazione del Governo. Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha detto: ”O va via questo emendamento o va via il ministro” e ne ha assicurato la cancellazione.

Ignoranza ed allarmismo

How to Take Lightning Shots

Non troppo tempo fà avevo scritto un post di fuoco contro un articolo del Corriere Online che (s)parlava di virus ed antivirus. Purtroppo, oggi, è ancora il Corriere a destare scalpore, con un video allarmistico sui fulmini che colpiscono gli aerei.

Pare non conoscano neppure l’elementare principio della “gabbia di faraday“, che viene solitamente insegnato alle medie, e nonostante citino “parole tranquillizzanti degli esperti”, calcano l’accento su “fortunatamente tutti salvi” (ma almeno fidarsi degli esperti? Si eviterebbero figuracce come queste…)

Abbiate pazienza, ma almeno le basi… :/

Libertà nei media italiani

Secondo l’annuale statistica di Reporters sans frontiéres, la libertà nei mass media italiani è in “vertiginosa crescita” negli ultimi anni: dopo il 40o posto dello scorso anno ed il 42o di due anni fa, quest’anno ci piazziamo al trentacinquesimo posto (tra Bosnia e Macedonia). Ecco il commento dell’autore sul risultato della nostra Stampa nazionale:

Italy (35th) has also stopped its fall, even if journalists continue to be under threat from mafia groups that prevent them from working in complete safety.

Il problema sarebbe quindi la mafia. Non dubito che rappresenti un problema serio per la libertà dei nostri mass media, ma a mio avviso c’è un problema altrettanto grosso che riguarda l’indipendenza delle testate giornalistiche, poche delle quali possono permettersi ad oggi di essere realmente libere.

Tornando però alla statistica, un paio di dati su cui riflettere:

  • il 48o posto degli Stati Uniti, tra Nicaragua e Togo
  • i primi 14 stati della classifica sono europei