Uno dei grandi problemi italiani è il debito pubblico. Si tratta di un problema ormai annoso, che oltre a gettare letteralmente “dalla finestra” oltre 70 miliardi di euro ogni anno (l’equivalente di 3 finanziarie di quelle belle spesse), impedisce di essere concreti ed efficaci anche nelle misure economiche volte a combattere crisi congiunturali (che non è il caso dell’Italia, ma sorvoleremo).
Il problema è che la lotta al debito pubblico necessita di risorse economiche ed in Italia queste sono le prime a mancare, proprio a causa dell’eccessivo debito che le assorbe: per uscire da questo circolo vizioso è necessario uno sforzo importante, esattamente come quello che ci vide alcuni anni fa riuscire a rientrare nei parametri di Maastricht (che prevederebbero un lento ma graduale avvicinamento a quota 60%, non a quota 115% come per l’Italia); ogni euro di debito recuperato con questo sforzo, equivarrà ad un doppio risparmio, perché ridurrà gli interessi passivi sul debito.
Il crescere dell’economia verde, sotto la spinta della minaccia del riscaldamento globale, offre una importante possibilità per ridurre il debito pubblico: un aumento delle accise sul carburante (e magari una revisione di quelle già presenti) disincentiverebbe da un lato l’uso di combustibili inquinanti, dall’altro garantirebbe allo stato un gettito aggiuntivo che potrebbe essere usato per la riduzione del debito. Si tratterebbe, certo, di un’operazione scomoda ed esposta alla demagogia dell’opposizione, ma se ben comunicata (dando numeri, e stime dei tempi e dei risparmi, ad esempio!) potrebbe funzionare.
Facciamo due calcoli:
- Basandoci sui (pochi) dati a nostra disposizione (sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico pare siano pubblicati, ma io non sono stato capace di trovarli) possiamo stimare che il consumo mensile di carburante in Italia, in un “annus horribilis” come il 2009, si attesti sulle 6.391.000 tonnellate.
- Per semplicità di calcolo (e mancanza di dati precisi), per il momento faremo i calcoli come se tutto il carburante consumato fosse benzina: per il diesel avremmo un peso specifico maggiore (0,850 kg/l contro 0,750 kg/l della benzina) ed accise inferiori (0,423 €/litro).
- 6.391.000 tonnellate mensili fanno 76.692.000 tonnellate annuali, ovvero 76.692.000.000 kg annui.
- 76.692.000.000 kg di benzina, dividendo per 0,750 kg/l (peso specifico della benzina), sono 102.256.000.000 litri.
- Considerando che per ogni litro di benzina le accise ammontano a 0,564 euro, il gettito per lo Stato è di 57.672.384.000 euro annui.
- Lo stesso calcolo, considerando che si tratti solamente di carburante diesel, darebbe come risultato 38.165.548.234,896, cifra comunque non indifferente.
- A queste cifre, per altro va aggiunta l’iva, che viene ricalcolata assoggettandole anche le accise stesse (pratica ampiamente contestata ma tutt’ora in vigore).
Se anche andassimo ad aggiungere 0,1 euro per litro (ho parlato di sforzo importante, non di “scherzo”), sia sul diesel che sulla benzina, ripetendo gli stessi calcoli grezzi di cui sopra otterremmo un gettito aggiuntivo (IVA esclusa) di circa 10 miliardi di euro ogni anno (ai quali se ne aggiungerebbero un altro paio di extra IVA), che equivalendo allo 0.6% del PIL (sulla base del quale si calcola il debito in percentuale, mica per altro), ci consentirebbe di ridurre leggermente ma costantemente il nostro immane debito pubblico.
Se poi, oltre ai 10 centesimi in più al litro, si “girassero” anche una parte delle altre accise “una tantum” già presenti (e questo rende ovviamente il calcolo pura fantasia, dato che questo “giro” dovrebbe prevedere una copertura finanziaria dei buchi che genererebbe nel resto del bilancio statale ora coperti dalle accise stesse), come ad esempio quelle inserite per i terremoti di Irpinia, Friuli e Belice (insieme 184 lire al litro), oltre che quella per il finanziamento della guerra in Libano del 1983 (205 lire al litro), ecco che “magicamente” spunterebbero altri 23 miliardi di euro anni, che innalzerebbero la portata dell’operazione a quasi 2 punti percentuale di PIL ogni anno, riconducendo il debito sotto il 100% in meno di 5 anni.
Calcoli a parte, il debito pubblico italiano è una palla al piede enorme, che non ha speranze di risolversi “magicamente” ma necessita di un intervento pesante e duraturo, che darà frutti concreti solo sul medio-lungo termine (politicamente parlando). Prima si comincia, prima si otterranno risultati.