Due settimane fà veniva dichiarata la morte cerebrale di Nicola Tommasoli, ragazzo veronese ucciso dall’inutile violenza di un gruppo di esponenti dell’estrema destra, “ragazzi di buona famiglia”. Naturalmente l’episodio è già stato dimenticato dai media “main stream”, perché le notizie sono fatte così, sono da bruciare, la riflessione è assolutamente inutile.
Ho invece voluto riprendere l’argomento, a due settimane di distanza, per chiedermi in che modo quanto accaduto a Verona possa contribuire a comprendere meglio la situazione di Verona e dell’Italia intera; la conclusione a cui sono giunto è che Verona sia un esempio molto importante in quanto rappresenta un laboratorio sociale messo in piedi dalla destra, all’interno del quale sono state sperimentate le tecniche politiche che poi vengono riproposte a livello nazionale.
Tosi ha vinto le elezioni a Verona facendo pesantemente leva sulla campagna per la sicurezza, sfruttando il clima di “paura del diverso” che da molti anni ormai imperversa nella nostra popolazione. Ora lo stesso tema della sicurezza ha consentito a Berlusconi ed Alemanno di vincere le rispettive campagne elettorali (nazionali e capitoline).
Le aggressioni fasciste (e nazifasciste) che quasi quotidianamente colpiscono i cittadini di Verona sono vissute passivamente dalla stragrande maggioranza della popolazione, così come poi accade a livello nazionale con questioni analoghe (che anzi, vengono auspicate ed applaudite da una certa fetta dei nostri connazionali).
Le condanne dei politici di destra a quanto accaduto a Verona sono state piuttosto flebili, volte essenzialmente a scaricare la responsabilità su una “cultura criminale innata”, anziché sulle responsabilità che un clima di paura e odio per il diverso hanno saputo scatenare.
Verona si rivela una sorta di avamposto della politica della destra, e quanto accade oggi nella città veneta non aiuta certo a veder chiarori all’orizzonte…