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Riflessione sul Natale

Pacco dono

Heliøs via Flickr

Eccoci dunque giunti al periodo delle riflessioni di fine anno. Una in particolare mi tormenta da anni e vorrei condividere con voi una riflessione sul Natale.
Storicamente il Natale, naturalmente, é da collocarsi nella sfera religiosa cattolica: una festa religiosa in un’Europa che si vorrebbe laica e che invece non festeggia il Ramadam con lo stesso fervore con cui promuove la festività cristiana per antonomasia. Poco importa, matureremo anche sotto questo profilo, tutto sommato abbastanza “nuovo” da permetterci di chiudere ancora un occhio di fronte a questo peccato di gioventù sul fronte del rispetto delle tradizioni e credenze di tutti i suoi 800.000.000 di abitanti.

L’altro aspetto chiave del Natale è invece quello consumistico: da anni ormai assistiamo ad una sempre maggiore spinta “spendacciona”, incentivata non solo (ovviamente) dalla televisione commerciale, ma anche (e forse, soprattutto) da un circolo vizioso  instauratosi nelle tradizioni e convenzioni sociali.
Attenzione: lungi da me voler rinnegare il piacere di scambiarsi doni il 25 dicembre, non è quello che voglio dire. Purtroppo però lo scambio dei doni avviene sempre più per l’effetto di una tradizione ipocrita che non per il vero piacere di donare qualcosa a qualcuno che amiamo: quest’ultimo gesto infatti prescinde dalla data della festa in sé, mentre assistiamo sempre più spesso a doni (insulsi o meno poco importa visto che, e condivido pienamente, “è il gesto che conta”) fatti a persone che magari per i restanti 360 giorni dell’anno non suscitano in noi alcun interesse (e lo stesso discorso vale per il semplice e tradizionale messaggio d’auguri inviato in modo automatico ai 500 contatti della rubrica telefonica, o email).
Sempre più spesso poi il parametro principe con cui valutiamo l’importanza del regalo che intendiamo fare è quello del “prezzo”: più il regalo è costoso più ci sentiamo a posto con la coscienza (aspetto questo particolarmente gradito, ed incentivato, dagli esercizi commerciali).

Per quanto mi riguarda, quest’anno ho deciso di dare una sterzata a questo modo di fare, pur cercando di rimanere “accettabile” sotto il punto di vista della tradizione: questa scelta ha portato ad un notevole dispendio di tempo (ed a qualche compromesso). Per una serie di persone (quelle che reputo davvero importanti) ho passato svariati giorni nel tentare di comporre il regalo, rimuginando sul valore simbolico del regalo stesso ed ignorando completamente il parametro del prezzo. Purtroppo gli impegni lavorativi (e non) dei giorni immediatamente precedenti il Natale mi hanno impedito di trovare una soluzione accettabile per tutti loro e così, per qualcuno, si è dovuto ripiegare su un regalo meno elaborato, così come si è finiti con il trovare un “pensierino” per tutti coloro a cui non avrei, stando alle prime valutazioni, fatto alcunché.
Un aspetto “scomodo” di questo approccio personale alla festa del 25 dicembre è quello della presa di coscienza, da parte di chi riceve il regalo, del valore che vi ho attribuito: valutati sotto l’aspetto economico, alcuni dei doni sono piuttosto “banali”. Non si considererebbe infatti la fatica ed il tempo spesi per pensarli, cercarli, comporli; non si terrebbe conto dei molteplici parametri presi in considerazione per scegliere il singolo componente (che vanno dall’impatto ambientale al colore o alla collocazione politica e sociale di un certo oggetto in un certo contesto). Come trasmettere d’altra parte tutto questo in un contesto “frivolo” come lo scambio dei doni della sera della vigilia?

In ogni caso mi sento piuttosto soddisfatto di questo primo passo, più per il fatto di averlo intrapreso realmente che per il risultato concreto ottenuto. Il prossimo vorrei fosse un tentativo di svincolare l’idea del dono dalla tradizione natalizia: durante il prossimo anno vorrei trovare il modo di regalare qualcosa alle persone che sento più vicine, a prescindere che questo dono si concretizzi materialmente o meno. Si tratta probabilmente più di un “buon proposito” poi disatteso che non di un qualcosa di più solido, ma d’altra parte come sintetizzare il Natale diversamente? 😉

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Gli indicatori che ci avvelenano la vita

kids go shopping Ieri sera seguivo in televisione Report (per una volta, non ho dovuto guardarmi la versione registrata). Una puntata mirabile ed illuminante, che parlava di energia, di fonti rinnovabili, di azione dal basso, di alternative reali e concrete, che aspettano solo di essere messe in pratica. Soprattutto, parlava dell’impatto sull’economia delle (poche ma reali) iniziative già in atto.

In particolare, veniva messo alla berlina l’indicatore principe del nostro modello economico, il PIL: quel “Prodotto Interno Lordo” che parifica merci e beni, valorizzando al massimo il consumo senza curarsi di quanto questo consumo faccia poi in realtà il bene del Paese e dei cittadini. Un indicatore che ha efficacemente descritto la nostra crescita economica per molti anni ma della cui imprecisione intrinseca ci stiamo sempre più pesantemente rendendo conto oggi che ci rendiamo conto di essere a bordo di un treno lanciato a folle velocità verso un vuoto che non avevamo visto, abbagliati dalla luce del possesso.

Poco dopo, andando a spulciare il feed reader prima di andare a farmi coccolare dai racconti in dialetto di Camilleri, mi sono imbattuto in un bel post di Luca Conti sull’apertura dell’edizione delle 20:00 del Tg1, che a latere del (giusto e condiviso) elogio alla principale testata della televisione nazionale, mi ricordava come l’auditel sia l’indicatore del successo di una trasmissione televisiva, tentando di estrapolare e quantificare il gradimento della stessa a partire da un ristretto (ristrettissimo?) campione di telespettatori. A che genere di televisione ci abbia portato l'(ab)uso dell’auditel ce l’abbiamo davanti agli occhi tutti quanti: una televisione che fatte salve poche eccezioni, si rivela quotidianamente sciatta, volgare, senza inventiva.

Purtroppo, ci dice bene la matematica che andando ad derivare (e quindi a studiare l’andamento di una data funzione in un arco di valori) si perde sempre qualcosa, allo stesso modo gli indicatori rappresentano la realtà con un punto di vista parziale, e questo andrebbe tenuto in forte considerazione ogni qual volta andiamo ad operare con essi.

Cosa mi resta del Natale?

Babbo Natale arrampicatore 11 E’ una domanda che mi sono fatto diverse volte in questi ultimi giorni, per evidenti motivi temporali.
Il natale è una festa religiosa, e non potendomi io definire un credente, questo aspetto dovrò brutalmente ignorarlo: non sono in grado di esprimere un’opinione, quindi meglio che stia zitto.

Il natale però è anche una festa “pagana”, un’occasione (una volta l’anno) per tornare a stare insieme, scambiarsi doni e calore, affetto, soprattutto nei confronti dei più piccoli, per i quali il natale è la giornata più attesa dell’anno.

O almeno, cosi era per me: giornate intere a pensare a cosa avrei ricevuto per regalo, giornate a preparare la letterina, cercando di non essere troppo egoista (senza che nessuno mi dicesse nulla, una volta scrissi nella letterina che non volevo nulla, che portasse i miei doni ai bambini che ne avevano più bisogno), pensando a chi ci sarebbe stato per cena in famiglia, il piacere di rivedere i cugini (geograficamente lontani) e poterci giocare.

Purtroppo oggi non è più cosi, il commercio si è rubato ogni aspetto del natale, a cominciare dal suo personaggio emblematico, Babbo Natale: la sua immagine è abusata (lo si trova ovunque) e costantemente associata al bisogno di acquistare, di comprare,
di spendere. Ma è giusto che sia cosi? Pensare che il vestito di Babbo Natale, prima che (anche) la Coca Cola decidesse diversamente, era verde…
La televisione e la posta (elettronica e non), i giornali e la radio, sono un costante assalto pubblicitario, che spinge a questa incontrollata frenesia dell’acquisto: sabato corso ero al nuovo centro commerciale Auchan di Cinisello Balsamo, per acquistare
(approfittando di un lauto sconto) un nuovo paio di gomme per la macchina (ormai affiorava la tela). C’era talmente tanta gente che, dopo aver represso gli istinti omicidi che mi assalgono in queste occasioni, non riuscivo ad uscire dal centro
commerciale con le gomme in mano. E non è che l’Auchan sia esattamente un posto piccolo…

Anche il pranzo o la cena di natale ormai sono più legati all’aspetto mangereccio che non al piacere di stare insieme, nella maggior parte dei casi. Si tratta di un’altra perdita di valori molto significativa, forse portata dalla svalutazione dello “stare insieme” stesso, frutto dell’avvento sconsiderato (per molti) dell’era della “comunicazione”: anche se non si sta vicini, si è sempre e comunque “in collegamento”, reperibili, visibili, ascoltabili, e questo porta a rapidamente proprio a questo risultato (per coloro che non analizzano la situazione comprendendo ciò che nello stare insieme è insostituibile, il calore umano).

Infine, anche le decorazioni natalizie (parte integrante e fondamentale dell’aria di “festa” che dovrebbe accompagnare il natale, se avessimo il tempo per sentirla) vengono ormai appese ed accese sin dai primi di dicembre, un po’ ovunque, in una sfavillante gara allo “sfarzo elettrico” che rapidamente stanca ed assuefa, rendendo quasi invisibili le decorazioni stesse. Anche il “culto dell’albero” va perdendosi, per mancanza di tempo, di voglia, di pazienza…

A voi cosa rimane del Natale?

Il consumismo a fine anno

The Gift Natale comicia ad avvicinarsi, o almeno questo è quello che ritengono numerosi giornalisti che, in mancanza di altro da raccontare, cominciano a fare servizi su servizi sui regali natalizi, facendo previsioni (spesso discutibili) su quali saranno gli “oggetti del desiderio” delle festività 2007. In ogni caso manca poco più di un mese, quindi di fatto, alle feste si comincia a pensarci, grazie anche alle numerose luminarie che cominciamo ad intravvedere un po’ ovunque.

Come tutti gli anni, durante questo periodo si scatena il dibattito sul consumismo (che poi verrà brutalmente messo a tacere da tutti dopo il 6 di gennaio): i regali di natale e il cenone di capodanno muovono una quantità di denaro impressionante, coinvolgendo settori di mercato a cui spesso non pensiamo (alle lavanderie, ci avete mai pensato?).

La sempre maggiore sensibilizzazione agli aspetti del risparmio energetico e del consumo equo e solidale poi, stanno ormai da alcuni anni entrando a far parte dei criteri di scelta dei consumatori italiani (e, soprattutto, non). Scherzando su questo aspetto, il sito LaRicarica.net consente di scaricare il “certificato di esenzione dall’obbligo di far regali a natale” siglato, niente pòpò di meno che da Babbo Natale. Al di là del fine umorismo che si cela dietro questo documento, se trovaste il tempo di leggerne il contenuto vi rendereste conto che si tratta in realtà di un importante documento di sensibilizzazione, che comunica messaggi importanti su questo argomento, consentendo di sfruttare la simpatica provocazione per dargli diffusione.

Un’altro importante evento inoltre, sempre legato al tema del consumismo, si terrà  il 24 novembre: il “Buy Nothing Day“, il giorno del non acquisto, al quale sarebbe bello partecipare, anche dall’Italia…