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L’Europa vuole estendere il copyright

Sta rapidamente facendo il giro della blogsfera il simpatico video della musica realizzata solamente utilizzando i suoni (o parte di essi) dei sistemi operativi Windows XP e 98.

L’idea è molto carina, ma fornisce il destro per parlare di tutt’altro argomento, ossia di copyright: i suoni sui quali infatti il nostro simpatico compositore basa la sua realizzazione, sono naturalmente soggetti a copyright (come tutte le altre opere dell’ingegno umano d’altra parte) e l’espressione della fantasia su materiale prodotto da terzi può essere impedito tramite l’imposizione di restrizioni in materia di sfruttamento del copyright (pensiamo banalmente alla clausola “no derivs” delle licenze Creative Commons).

Il compromesso che è da sempre stato immaginato per tutelare da un lato l’opera dell’ingegno umano e dall’altra consentire derivati creativi delle opere (che entrano quindi a far parte del patrimonio culturale di un popolo), è stato quello di dare una scadenza al copyright: in Europa, questa scadenza è attualmente fissata a 50 anni, negli Stati Uniti, dopo forti pressioni da parte delle major discografiche e cinematografiche (tra cui notoriamente la Disney che stava vedendo sfumare il copyright sul personaggio di Topolino), si aggira intorno al secolo se non ricordo male.

Recentemente però assistiamo anche in Europa a pressioni a favore dell’allungamento del periodo di copertura da diritto d’autore su un’opera, al punto che pochi giorni fa il “Commissario Europeo per il mercato interno” Charlie McCreevy ha proposto di estenderlo a 95 anni. Le motivazioni che spingono a questa proposta, sono naturalmente sempre le stesse:

  1. tutela dell’artista “in pensione” le cui rendite di opere composte da giovane non sono garantite:
    “I am talking about the thousands of anonymous session musicians who contributed to sound recordings in the late 50s and 60s. They will no longer get airplay royalties from their recordings. But these royalties are often their sole pension.”
  2. a differenza del compositore (i cui diritti d’autore sono tutelati per tutta la vita, più 70 anni), l’esecutore (il cantante) della musica può contare su una tutela molto inferiore, pur essendo poi la parte più visibile della coppia.

Il primo punto, pare piuttosto debole: un artista che compone un singolo brano di successo all’età di 20 anni, ne incasserà i diritti sino all’età di 70, non oltre, e pertanto la pensione non è garantita. Grazie: vogliamo anche darli un sussidio di disoccupazione? Il copyright ha l’obiettivo di incentivare la creatività, non di arricchire qualche fortunato, quindi se qualcuno pensa di campare di rendita tutta la vita grazie ai proventi dei diritti di un singolo pezzo di successo, ha sbagliato continente. Un’artista degno di questo nome continuerà a comporre e sperimentare, e quindi a produrre ed a incassare; nel momento in cui l’età non gli consentirà più di comporre, potrà godere dei diritti d’autore per altri 50 anni, il che probabilmente lascerà anche un discreto gruzzoletto alla diretta discendenza. Il problema serio, piuttosto, è legato alla spartizione dei diritti, visto che la logica di distribuzione attuata in Italia dalla SIAE prevede l’arricchimento di pochi eletti e la mungitura di tutti gli altri…

Il secondo punto è decisamente più condivisibile: non è corretta una simile disparità. Solo che non condivido la soluzione: non è più corretto ridurre il periodo di copertura da copyright anche di coloro che scrivono testi e musica delle canzoni, e riportarli a livelli di pudica decenza?

Per altro, una analoga proposta, proposta al governo inglese, fu bocciata lo scorso anno dopo ampio dibattito. Sconfitte in Inghilterra, le lobbies tentano ora la via Europea. Le grandi multinazionali della musica (quelle che poi i soldi li incassano per davvero), ringraziano: della cultura, infondo, “chi se ne frega”.

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Microsoft e antitrust: ancora guai

Ormai si avvicina (febbraio 2008) il fatidico momento della seconda votazione per OpenXML, lo standard proposto all’ISO da Microsoft e spinto (ormai lo sappiamo) in modo non sempre “eticamente ineccepibile” da parte del colosso di Redmond, e l’attenzione comincia a tornare alta; da una parte e dall’altra si contano le intenzioni di voto, cominciano ad uscire notizie e studi di vario genere, natura e costo: ad esempio, Punto Informatico questa mattina riporta uno studio (discutibile a mio parere) della Burton Group che denuncerebbe il maggior “costo operativo” di ODF se paragonato a OOXML, pur terminando dicendo che probabilmente si imporrà un terzo standard (quale, non è dato sapere).

Vada come vada la votazione all’ISO (dove in ogni caso sarebbe approvato uno standard che non è quello che poi è realmente implementato in MS Office 2007), il vento sul fronte europeo non sembra soffiare favorevolmente a Microsoft: arrivando infatti a conclusione l’inchiesta sull’integrazione in Windows di Windows Media Player, che ha portato a Microsoft il dono di una multa di parecchi milioni di euro, l’antitrust comunitaria (che a differenza di altre, lavora sul serio e con attenzione) è già al lavoro per vagliare l’integrazione di Internet Explorer nel sistema operativo di Redmond (la quale causò di fatto il fallimento del progetto Netscape Navigator) a seguito dell’istanza presentata in dicembre da Opera Software (produttrice dell’omonimo browser).
Altra inchiesta in partenza, sempre sul fronte antitrust riguarda l’interoperabilità: Microsoft sarebbe accusata infatti di aver nascosto ai propri competitor informazioni vitali per la progettazione di applicazioni che si integrino con il loro sistema operativo, da Office al framework .NET.

Proprio in questa indagine sarebbe coinvolto il nuovo standard OpenXML, già adottato da Office 2007 (come dicevo, in una versione differente da quella proposta a standard ISO), per il quale la commissione antitrust vorrebbe verificare che sia “sufficentemente interoperabile con i prodotti dei competitor dell’azienda”. Ora come faccia ad essere interoperabile un prodotto del quale non si hanno le specifiche (.doc non c’entra, quello è dono divino) e le cui specifiche sono sbagliate e diverse da quelle poi realmente applicate non è dato sapere.

Chissà che tra le mani della commissione antitrust non finisca anche qualche considerazione sulla ripartizione dei voti delle recenti votazioni in ISO… sarebbe magari la volta buona che si fa luce su questa brutta faccenda…

Microsoft rispetterà le decisioni Ue . Corriere della Sera

[Fonte: Microsoft rispetterà le decisioni Ue . Corriere della Sera]

BRUXELLES – Dopo anni di tensioni, liti e polemiche l’Ue sembra aver convinto Microsoft ad accettare definitivamente le decisioni di Bruxelles. Microsoft prenderà tutte le misure necessarie per rispettare gli obblighi indicati nella decisione dell’antitrust europeo del 2004, ha reso noto la Commissione europea, riguardante i sistemi operativi dei server di gruppo. Bruxelles ha spiegato che in questo modo Microsoft metterà a disposizione anche le informazioni sull’interoperatività ai costruttori di software «open source».

Microsoft – si legge in una nota – ha finalmente dato il suo accordo per fare tre cambiamenti, nel rispetto della decisione della Commissione. Innanzi tutto, i costruttori di software open source avranno accesso alle informazioni. In secondo luogo, il prezzo per queste informazioni sarà ridotto a 10.000 euro da pagare, una sola volta. In terzo luogo, le royalties per una licenza mondiale che includa il brevetto saranno ridotte da 5,95% a 0,4%, ossia meno del 7% originariamente richiesto. Nell’accordo con gli altri operatori, Microsoft garantirà la completezza e l’accuratezza delle informazioni fornite.

Che si siano stancati di pagare “a muzzo” qualche milione di euro al giorno? Oppure li hanno fulminati sulla via di Damasco? Diffido… diffodo molto…

Mi chiedo se capiranno mai…

La notizia riportata questa mattina da Punto Informatico non è certo una di quelle che destano scalpore, per coloro che seguono con un minimo di continuità le vicende legate al software in ambito europeo. La Commissione Europea si è piu volte pronunciata in materia di concorrenza nei confronti di Microsoft, e questo non è che l’ultimo (in ordine temporale, non in assoluto) step di un lungo cammino che è cominciato nell’ormai lontano 2004.

Stavolta a Microsoft viene contestato il non aver rispettato le indicazioni già date dalla Comunità Europea, secondo le quali i protocolli che Microsoft sottopone (negli USA) a brevetto e per l’uso dei quali richiede il pagamento di una licenza, non sono sufficientemente innovativi da poter prevedere questo genere di retribuzione.

La risposta di Microsoft, già allora, fu la presentazione di una documentazione di 1500 pagine. Questo mi ricorda da vicino la richiesta di standardizzazione del formato OpenXML (Open per modo di dire), della modesta dimensione di 6000 pagine (come riportatoci da Leon Shiman, consulente del governo del Massachusetts, nell’ambito dell’incontro “Milano chiama Boston“. Sembra diventare un’abitudine standard da parte di Microsoft, quella di proporre una voluminosa documentazione all’ultimo minuto. Anche io, nel mio piccolo, mi sono imbattuto in questo atteggiamento del “braccio politico” di Redmond. Ora la mia domanda è: perchè? Pensano forse che nessuno si prenda la briga di leggere il malloppo, e tralasci, avvallando? Forse non si sono resi conto che i tempi sono cambiati…

Colgo inoltre l’occasione di questo post, per esporre un ulteriore considerazione. Ho acquistato il numero di Marzo della rivista “PcWorld” in quanto vi ci trovo il primo articolo da me scritto a nome di OpenLabs (il tema è quello di Drupal-5.0) nell’ambito di una collaborazione tra l’Associazione e la rivista, e ci ho trovato la solita campagna pubblicitaria “Get the Facts” (che ormai da tempo ci assilla) in cui Microsoft annuncia come la Borsa di Londra abbia scelto Windows 2003 Server per i propri sistemi. Niente da ridire sulla scelta, comprendo perfettamente le ragioni esposte dal responsabile nell’articolo riportato dalla pubblicità, ma mi chiedo quanto Microsoft abbia taciuto del reale rapporto di cui lo stralcio viene riportato. Novell ha infatti mostrato come la pubblicità citata sia di fatto ingannevole. Perchè non interviene qualcuno? Non chiedo che Microsoft non faccia pubblicità ai propri prodotti, ci mancherebbe altro. Ma quantomeno bisogna essere leali.

D’altra parte, il fatto che la Commissione stessa annunci che è di fatto la prima volta che si trova di fronte ad un’azienda che non rispetta le decisioni dell’AntiTrust europeo, la dice lunga in merito.