Di Partito Democratico e del risultato delle primarie di ieri, ne stanno parlando un po’ tutti, e per questo mi sarei volentieri astenuto dal commentare ulteriormente (ho ben poco di nuovo ed originale da aggiungere, temo, anche perchè non sono andato a votare), ma visto che avevo gettato il sasso e non sono solito nascondere la mano, qualche considerazione va’ fatta, alla luce di quanto accaduto negli ultimi mesi, e “del risultato”.
Il primo argomento da toccare, è certamente quello dell’affluenza alle urne. Se la vittoria di Veltroni sembrava piuttosto scontata già alla vigilia, un’affluenza di (stima) 3,3 milioni di persone è decisamente qualcosa che andava al di là delle più rosee aspettative, triplicando di fatto il numero di persone attese alle urne. I motivi che hanno portato a questo risultato sono diversi, ma ne voglio citare uno in particolare che mi sembra particolarmente importante: la voglia di cambiare, di partecipare. Indipendentemente che si voglia cambiare anche l’attuale governo, sono convinto che molti degli elettori che ieri si sono recati alle urne delle primarie del Partito Democratico siano stati guidati da una forte volontà di cambiamento, d’innovazione. Sicuramente la costituzione di un nuovo partito, nel quale si vedono facce nuove (ancora poche, ma cominciano ad esserci) e che si pone proprio il rinnovamento della politica e del rapporto con gli elettori come valore importante, è una buona occasione per dimostrare voglia di partecipare. Per questo motivo non c’è alcuna contraddizione nel fatto che molti degli elettori delle primarie di ieri abbiano anche partecipato al V-Day di Beppe Grillo…
Per una volta, tra l’altro, mi trovo a dissentire da quello che afferma Marco Travaglio, che questa mattina scriveva di una differenza di 1 milione di persone tra le primarie che hanno dato a Prodi la leadership dell’attuale maggioranza di governo e le primarie di ieri: alle primarie di due anni fà infatti, si presentarono al voto anche tutti coloro che, militanti o meno, erano interessati a votare l’attuale governo, che invece non venivano interessati dal voto interno al nuovo Partito Democratico.
Piuttosto ci sarebbe da interrogarsi sul valore assoluto dell’interesse degli italiani nella politica: se infatti possiamo dare per assodato che il nuovo Partito Democratico vada ad aggregare almeno un 15% dei 40.000.000 di elettori italiani, ci si chiede che scarso interesse possano avere per la politica i restanti 3 milioni di elettori che questo nuovo partito dovrebbe attrarre a se… La gente chiede di cambiare, di rinnovare, ma non è disposta a muoversi in prima persona, nemmeno quando si tratta di andare ad infilare una scheda in un’urna… Mi auguro per Veltroni e per il Partito Democratico che si tratti di disaffezione alla politica, e non di “fuge” in altre aree politiche (verso sinistra ad esempio, come capita al sottoscritto)…
Il secondo argomento è relativo al risultato ottenuto da Walter Veltroni. Con questo (annunciato) plebiscito infatti, Veltroni ha reso molto più facile la vita al neonato partito: infatti oltre ad essere una faccia relativamente “nuova” del panorama politico, oltre ad aver (da quel poco che so’) fatto un discreto lavoro come sindaco di Roma, questo largo consenso potrebbe consentirgli di tenere “incollate” tra loro, sotto il suo “controllo”, le diverse aree del partito, guidandole in un processo di avvicinamento che porti al tanto agognato meticciato politico di quest’area del centro sinistra.
Per di più, in un’ottica biecamente utilitaristica, sono contento della scelta di Veltroni, perchè è sufficientemente a sinistra da farmi sperare che riesca a tenere a bada la parte più cristiano-integralista che la Margherita ha portato all’interno del Partito Democratico, assumendo una posizione moderata, al centro del nuovo partito, e non cedendo alle provocazioni che la destra lancia, cercando di costringerlo a schierarsi con l’area di estrema sinistra o con il centro, volte essenzialmente a metterlo in difficoltà all’interno del partito in questa fase cosi delicata.
D’altra parte, non mi dispiaceva neppure la candidatura di Enrico Letta, ed il suo 10% ne fa comunque una voce importante all’interno del partito, il che è un ulteriore segnale positivo sulle posizioni che il nuovo partito assumerà.
I dubbi che mi rimangono, alla luce di quanto accaduto negli ultimi tempi, sono essenzialmente 3:
– L’ingresso o meno nel PSE: ricordiamoci infatti che all’ultima assemblea dei Democratici di Sinistra, quando questo partito si sciolse (perdendo il “correntone” di Mussi) per dar vita al nuovo partito, era presente anche Martin Schulz, uno dei più importanti esponenti del Partito Socialista Europeo, che era la collocazione più naturale per i Democratici di Sinistra, ma non vedeve la Margherita tra i suoi aderenti, la quale al contrario, proprio durante il suo ultimo congresso, aveva fatto dichiarare di non essere intenzionata a consentire che il nuovo Partito Democratico rientrasse in quest’area politica.
– La posizione riguardo alla laicità della politica (dico, ricerca…): mettere insieme l’area della sinistra progressista con l’onorevole Binetti, che fa un vanto del portare il cilicio e da dei malati agli omossessuali, non è e non sarà mai facile. Quello del rapporto con la Chiesa, con l’etica scientifica, con la ricerca ed i patti sociali saranno gli argomenti più spinosi sui quali dovrà presto confrontarsi il neocostituito partito. Sarà una prova senza appello, e auguro sinceramente a Veltroni di poter passare indenne questa fase. A me stesso invece, auguro che in quella che si preannuncia una dura lotta, la spuntino le aree progressiste…
– Le conseguenze per l’attuale governo di questo plebiscito a Veltroni: Prodi ieri sembrava piuttosto teso, e lo capisco. Veltroni si è comportato con molto tatto, ed in “campagnia elettorale” ha detto più di una volta che è sua intenzione sostenere questo governo. Ma fino a quando gli verrà consentito, dal suo neoacquisito elettorato, di non far pressioni su Prodi? E se e quando capiterà, quali saranno le conseguenze di questo gesto?