Il campo nomadi della Bovisasca è da mesi “sotto sgombero” (più o meno quotidianamente). Questa mattina la polizia ha circondato il campo, “convinto” gli ultimi occupanti ad abbandonare le proprie “abitazioni” e raso al suolo ciò che restava del campo.
Niente di sconcertante, ci mancherebbe altro: il campo nomadi lì non è previsto (probabilmente darà anche fastidio alla “popolazione indigena”) e pertanto viene “rimosso”. Tutto limpido, pulito, legale. Eppure, il problema continua a riproporsi, tale e quale, ad intervalli di tempo regolari: ora Opera, ora la Bovisasca, domani chissà.
Gli sgomberi non hanno mai risolto il “problema” dei nomadi, siamo seri. Vengono allontanati, si rifugiano in qualche luogo isolato, ricostruiscono il campo che sarà poi raso al suolo tra qualche settimana, in un circolo vizioso dal quale non sembra esserci via d’uscita. Tutto questo perché non si dà una valida alternativa a questa gente: non si individua un posto dove sia loro concesso stabilirsi (men che meno trovargli casa, naturalmente). Repressione, repressione, repressione, sempre e solo repressione e mai nessun risultato.
E nonostante la “linea dura” vada ormai avanti da anni, in Comune non sembrano ancora aver capito che stanno solo sprecando risorse (che potrebbero essere impegnate nell’integrazione di questa gente, per esempio) lottando contro i mulini a vento.
Non è diverso da quello che capita con le droghe leggere: repressione, repressione, criminalizzazione senza alcuna valida alternativa, senza informazione, senza atteggiamento costruttivo.
E c’è chi ci crede ancora…