Eccoci ancora una volta al consueto appuntamento con il tè. Questa mattina facevo il calcolo dei tè che ho già presentato in questa “rubrica” (forse dovrei dire scrivere categoria) oltre 10 tè e che la mia personale collezione domestica sta per volgere al termine (ne ho ancora meno di 5 o 6, realmente meritevoli di essere qui presentati), dopodichè dovrete attendere il prossimo passaggio da un negozio di tè (sempre che a qualcuno importi qualcosa :P).
Il tè di questa sera, per entrare in argomento, è ancora una volta un tè particolare. Si tratta infatti di una qualità di tè, detta Oolong, che si trova a metà tra i tè verdi e quelli neri (nell’accezione europea del termine). Questo tè infatti subisce una fase di ossidazione più breve rispetto ai tè neri, e quindi riscaldato (come succede con i tè verdi) in modo da bloccarla. A seconda del metodo di lavorazione prescelto (cinese o taiwanese rispettivamente) il processo di ossidazione si arresta al 12-15% oppure al 60-70%.
Questo genere di lavorazione è caratteristico della tradizione cinese ed è oggi soprattutto presente nelle provincie del Fujian e di Taiwan, il cui prodotto gode di fama internazionale e viene spesso e volentieri servito nei ristoranti cinesi delle nostre città affiancato a cibi tradizionali di queste regioni, o utilizzato nella tradizionale cerimonia del tè cinese, il “Gong Fu Cha”.
Il nome “oolong” significa “dragone nero” in cinese; diverse leggende cercano di spiegare l’etimologia di questo nome. La più interessante e caratteristica tra queste racconta che un contadino fu una volta spaventato da un dragone nero mentre raccoglieva il suo tè verde, e quando tornò, dopo oltre una settimana, questo si era parzialmente ossidato acquistando il caratteristico e molto apprezzato sapore fruttato, che richiama in maniera anche piuttosto pronunciata il sapore delle castagne cotte.
Come ci si può aspettare, in ogni caso, esistono diverse qualità di Oolong, a seconda della regione di produzione e di alcune lievi differenze nel processo di lavorazione (non ultima la durata della fase di ossidazione). La varietà in mio possesso, si chiama “Tiě Guān Yīn” e proviene dalla regione di Fujian. Si tratta di una varietà piuttosto pregiata, le cui foglie vengono ancora oggi arrotolate manualmente, e che io ho brutalmente rovinato con l’aggiunta di una punta di zucchero (poco, davvero!). Il nome di questa varietà di tè deriva dalla leggenda della sua storia, che vede la sua prima coltivazione nel giardino del tempio della dea della misericordia, “Guān Yīn”, dove si trovava una effige in ferro della dea. Lamentandosi del pietoso stato di conservazione del tempio, ma non avendo il denaro sufficiente a consentirne la restaurazione, un contadino andava quotidianamente a pulire e riordinare il tempio della dea, compiendo nel frattempo delle offerte con le poche risorse che aveva.
Per ringraziarlo, una volta apparsagli in sogno, la dea gli disse che avrebbe trovato, vicino alla statua di ferro che la rappresentava, una fonte di fortuna che avrebbe dovuto dividere con i suoi cari. Sulla statua della dea, cresceva allora una piccola piantina di tè, che piantata e replicata tra gli amici ed i cari del buon uomo, dette origine al Tiě Guān Yīn.
Nonostante il suo principio di lavorazione sia più simile a quello dei tè rossi (detti neri in Europa) che a quelli verdi, il sapore di questa varietà di tè rimane più simile a quella di questi ultimi, essendo meno forte e intenso dei tè neri, ma non presentando il classico retrogusto erbaceo dei tè verdi. Il colore è di un giallo chiaro, quasi dorato, mentre il profumo è particolarmente fruttato e gradevole.