Oltre ai problemi legati alla privacy (di cui si è parlato in lungo ed in largo negli ultimi giorni, anche grazie alla risonanza data alla questione “Policy Facebook” e sulla cui questione quindi non spenderò ulteriori parole), il mondo delle web-applications nasconde alcuni ulteriori rischi, di cui siamo forse ancora meno coscenti di quanto non lo siamo in tema di protezione dei nostri dati personali.
Lo spunto me lo dà un post di Nicola Losito sulla fine di Ma.gnolia.com, la piattaforma di Social Bookmarking (analoga a delicious.com): dove sono i nostri dati, e come vengono salvaguardati? Finché riesiedono sul nostro pc, i nostri files, email, bookmarks e tag sono sotto il nostro diretto controllo e soprattutto sotto la nostra diretta responsabilità: spetta evidentemente a noi l’onere di mantenerne una copia di backup, in modo da poterli recuperare in caso di guasti o inavvertite cancellazioni.
Nel momento in cui, però, i nostri dati vanno in remoto, l’onere del backup a chi spetta? E’ vero che i grossi provider di web-applications (Google su tutti) hanno sistemi di storage in grado di gestire senza problemi di alcun genere eventuali guasti ai sistemi, ma ogni volta che sottoscriviamo un servizio online verifichiamo le strutture informatiche che lo sostengono (o ce ne viene in qualche caso data la possibilità)? Non è forse per di più capitato che Google “perdesse” le email di alcuni suoi utenti?
E’ poi vero che possiamo mantenere una copia di backup dei dati che carichiamo online in locale? Una parte significativa dei contenuti che carichiamo online è rappresentata dall’interazione di questi con le piattaforme su cui vengono caricate o gli altri servizi online che vi fanno riferimento; cerco di spiegarmi: qual’è il valore del mio elenco dei miei bookmarks su Delicious.com? In se per se, poco o nulla (ne ho per altro una copia in locale, visto che vengono sistematicamente backuppati e sincronizzati), ma i tag che vi ho assegnato, l’interazione della piattaforma di delicious.com con altre web-application, siano queste Facebook, Friendfeed o altre, queste si che sono informazioni di valore, difficili anche da sottoporre a backup. Lo stesso discorso vale per le foto caricate su Flickr: mantenerne una copia di backup in locale mi permetterà di recuperare le foto, magari i tag (se ho avuto l’accortezza di esportare questi dati da applicativi “avanzati” come F-Spot), ma la geolocalizzazione? I commenti? La parte “sociale” di Flickr?
Tutto questo è ovviamente parte integrante del valore della web-application di turno (e spesso il motivo principale per cui ne facciamo uso) ed è comprensibile che vi sia una certa ritrosia a consentirne l’esportazione (e quindi il backup).
Ancora una volta ci si rende conto di quanto la vera merce di scambio online siano i dati e non direttamente il vil denaro, di quanto non abbiamo ancora maturato una reale percezione della cosa e di quanto (quindi) ci esponiamo al caso e/o alla serietà delle entità con cui ci troviamo a dialogare, spesso a noi sconosciute…
un amen per le tue conclusioni!
Oggi mi sento teorico e dico che il problema è “la proprietà dei mezzi di produzione”, che in questo momento significa: “la proprietà di quel che ti fa usare i servizi”.
Questo una volta era sopratutto la connessione, ora sono certi servizi.
Perché “era la connessione” perché il fornitore era unico, poi è venuta la concorrenza ed il problema si è ridotto. Prima erano ‘i server’ ma poi, scoppiata la bolla di Internet, ed essendoci molte webfarm semivuote, anche questo problema si è ridotto. E’ stato un problema la fine di altavista, ma è comparso Google… ora il problema sui tag…
Giacomo, tu metti l’accento (giustamente) sulla proprietà dei dati,io suggerisco di guardare il dato del monopolio (od oligopolio): se ci fosse un sistema dns-like cooperativo per cui ognuno gestisce parte dei tag (non ognuno i suoi, solo ognuno quelli di un dominio), ecco che avremmo, di un botto, risolto sia il problema del backup (sistemi ridondati) che quello della rivendita (ognuno ha solo parte).
Ovviamente non se ne farà nulla (non è nemmeno detto che sia possibile) ma tanto per non limitarci a lamentarci, ho tentato di intravvedere una soluzione.
Giovanni