Si può dire di tutto di Prodi, salvo che non ha le palle. Si può dire che ha fatto una politica di destra, che non ha saputo incollare a sé la propria maggioranza, che è “attaccato alla poltrona” (e a che scopo?), ma con il discorso di ieri sul futuro del Governo, ha davvero messo in mostra gli attributi; pianificare con tanto ottimismo i prossimi passi dell’esecutivo, includendo anche “la riforma della pubblica amministrazione” e “della magistratura” sono obiettivi che normalmente vengono spalmati su 5 anni, non su 3, ed è importante che Prodi li abbia ben chiari in mente, perché dopo 2 anni di sofferenze è venuto il momento di raccogliere i frutti (e non lasciare che a raccoglierli siano altri!).
Dopo aver ascoltato il discorso, ammetterò, mi è tornata un po’ della fiducia che negli ultimi tempi era andata scemando, a fronte di una serie di provvedimenti piuttosto discutibili (vedi la legge espulsioni) o alcune manovre interne alla maggioranza (da Dini alla Binetti, da Mastella alle uscite del Partito Democratico, alla campagna acquisti dell’ex primo ministro, più o meno efficace, più o meno palese, più o meno sotto inchiesta).
E’ necessario ricordare (e lo dico prima di tutto a me stesso) che un Governo nasce per durare 5 anni, e quindi è su questo periodo che ne va valutato l’operato: non ha nessun senso abbaiare alla luna reclamando la realizzazione completa del programma in meno della metà del tempo (anche se quando si comincia qualcosa, poi andrebbe portata avanti…).
Questa mattina, ascoltando Radio Popolare, mi sono trovato di fronte ad una considerazione (presentata da un ascoltatore) alla quale non avevo pensato: Prodi viene dalla Democrazia Cristiana, fautrice e promotrice della politica dei “due tempi”: prima soffrire, poi vedere i risultati. Mi chiedo: c’erano alternative a questa politica? Con la situazione in cui versa(va) l’Italia 2 anni fà, era possibile uscirne in tempi accettabili senza una politica di questo tipo?