Sono stato diverse volte accusato di avercela con Google, per via di dichiarazioni che appaiono su questo blog o fatte parlando del pericolo che le grandi piattaforme di servizi online (come Google) rappresentano per la privacy degli utenti (link alla presentazione in questione). Ho sempre cercato di essere chiaro su questo punto, dicendo chiaramente che il caso di Google è solamente il più eclatante e che non va demonizzato, ma evidentemente sono riuscito a far passare il messaggio poco e male. In qualche modo spero che questa segnalazione serva a chiarire che personalmente non ho assolutamente nulla contro Google (anzi, dico chiaro e tondo che utilizzo con soddisfazione alcuni loro servizi).
Sta rimbalzando sulla rete la notizia che Google perderebbe l’equivalente di 110 milioni di dollari l’anno per via dell’uso del pulsante “Mi sento fortunato” visibile nella homepage di ricerca del servizio, nonostante questa funzionalità venga utilizzata da pochissimi utenti (anche perchè, aggiungo io, molti utilizzano i campi di ricerca integrati nei browser o gli shortcut di ricerca, o gli strumenti inclusi in numerosi siti).
La funzionalità del pulsante in questione infatti, è quella di portare immediatamente l’utente al primo risultato della ricerca, senza visualizzare la pagina dei risultati della ricerca, sulla quale Google conta per far pubblicità alle aziende che profumatamente la pagano per vedere esposti i propri messaggi pubblicitari.
Particolarmente interessanti sono le motivazioni che Google da sui motivi per i quali, a fronte della perdita che quello strumento provocherebbe, hanno deciso di mantenerlo in homepage: Marissa Mayer, responsabile dei “prodotti di ricerca” di Google, ha dichiarato che il pulsante serve anche a ricordare a Google che la società è composta da persone con propri interessi ed inclinazioni, e che la società non deve quindi essere esclusivamente volta alla generazione di profitto (che comunque a Google non manca, visto che il suo utile annuo).
Inoltre, l’azienda di Mountain View è stata molto attiva negli ultimi anni sul mercato del lavoro, portandosi in casa alcune delle persone tecnicamente più valide che io conosca (ed offrendo loro stipendi assolutamente interessanti) che mi hanno in seguito parlato molto bene dello spirito che si vive in azienda.
I miei complimenti a Google. Non credo ci sia altro da dire…